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di Giuseppe Amato

 

Il Sole 24 Ore, 30 luglio 2018

 

Cassazione - Sezione VI penale - Sentenza 1 giugno 2018 n. 24742. In tema di concorso di persone nel reato, la circostanza che il contributo causale del concorrente morale possa manifestarsi attraverso forme differenziate e atipiche della condotta criminosa (istigazione o determinazione all'esecuzione del delitto, agevolazione alla sua preparazione o consumazione, rafforzamento del proposito criminoso di altro concorrente, mera adesione o autorizzazione o approvazione per rimuovere ogni ostacolo alla realizzazione di esso) non esime il giudice di merito dall'obbligo di motivare sulla prova dell'esistenza di una reale partecipazione nella fase ideativa o preparatoria del reato e di precisare sotto quale forma essa si sia manifestata, in rapporto di causalità efficiente con le attività poste in essere dagli altri concorrenti, non potendosi confondere l'atipicità della condotta criminosa concorsuale, pur prevista dall'articolo 110 del codice penale, con l'indifferenza probatoria circa le forme concrete del suo manifestarsi nella realtà. Lo hanno detto i giudici penali della Cassazione con la sentenza n. 24742del 1 giugno 2018.

L'orientamento riprende quello delle sezioni Unite, 30 ottobre 2003, Andreotti, quando la Corte, definendo "pigro" e fondato su una errata interpretazione dei criteri normativi applicabili in tema di concorso di persone il ragionamento della Corte di appello, ha annullato con rinvio la sentenza che aveva ravvisata la responsabilità concorsuale degli imputati ricorrenti rispetto a quantitativi di sostanza stupefacente, rinvenuti nella disponibilità di altri coimputati, e ciò lo aveva fatto senza spiegare convincentemente le ragioni del ravvisato coinvolgimento concorsuale.

L'affermazione della Corte, che richiama l'importanza di spiegare le modalità del singolo contributo concorsuale, è di particolare rilievo ove si consideri la difficoltà probatoria che, di volta in volta, può esistere nei casi in cui deve dimostrarsi se si verte in ipotesi di mera connivenza non punibile ovvero se la presenza accertata sul luogo del reato può assurgere o no a vero e proprio contributo concorsuale.

Sotto il primo profilo, come è noto, vi è la connivenza non punibile ove l'agente mantenga un comportamento meramente passivo, mentre si ha concorso nel reato, penalmente rilevante, ogni qualvolta l'agente partecipa in qualsiasi modo alla realizzazione dell'illecito e, quindi, anche quando con la propria presenza agevola o rafforza il proposito criminoso altrui (tra le tante, sezione V, 24 giugno 2008, Venuto).

Sotto l'altro profilo, è affermazione costante quella secondo cui la sola presenza fisica di un soggetto allo svolgimento dei fatti non assume univoca rilevanza, allorquando si mantenga in termini di mera passività o connivenza, risolvendosi, invece, in forma di cooperazione delit­tuosa allorquando la medesima si attui in modo da realizzare un rafforzamento del proposito dell'autore materiale del reato e da agevolare la sua opera, sempre che il concorrente morale si sia rappresentato l'evento del reato ed abbia partecipato ad esso esprimendo una volontà criminosa uguale a quella dell'autore materia­le (tra le altre, sezione V, 5 ottobre 2007, Congiu e altro).

Più in generale, in tema di concorso di persone, la giurisprudenza è univoca nel ritenere che l'attività costitutiva del concorso può essere rappresentata da qualsiasi comportamento esteriore che fornisca un apprezzabile contributo - in tutte o alcune delle fasi di ideazione, organizzazione ed esecuzione - alla realizzazione collettiva, anche soltanto mediante il rafforzamento dell'altrui proposito criminoso o l'agevolazione dell'opera dei concorrenti.

Da ciò consegue che, mentre rimane estranea alla figura del concorso l'attività diretta a favorire gli autori del reato posta in essere dopo che questo fu commesso, la preventiva promessa o prospettazione di tale aiuto, che abbia rafforzato l'altrui proposito criminoso, integra già a pieno titolo una condotta rilevante ai sensi dell'articolo 110 del codice penale, cosicché il concorrente che abbia svolto il compito assegnatogli risponde non solo del reato o dei reati alla cui commissione abbia materialmente partecipato, ma anche di quelli eseguiti dai complici nell'ambito dell'unitario programma criminoso nel quale le singole condotte dei concorrenti risultino, con giudizio di prognosi postuma, integrate in funzione del medesimo obiettivo perseguito in diversa misura dai correi (cfr., di recente, Sezione I, 27 aprile 2017, Proc. gen. App. Torino e altri in proc. Spagnolo e altri).

È poi altresì pacifico che la volontà di concorrere non presuppone necessariamente un previo accordo o, comunque, la reciproca consapevolezza del concorso altrui, essendo sufficiente che la coscienza del contributo fornito all'altrui condotta esista unilateralmente, con la conseguenza che essa può indifferentemente manifestarsi o come previo concerto o come intesa istantanea ovvero come semplice adesione all'opera di un altro che rimane ignaro; mentre il contributo acquista rilevanza non solo quando abbia efficacia causale, ponendosi come condizione dell'evento illecito, ma anche quando assuma la forma di un contributo agevolatore e di rafforzamento del proposito criminoso già esistente nei concorrenti, in modo da aumentare la possibilità di commissione del reato (sezione II, 15 febbraio 2107, Squillante).