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di Simone Marani*

altalex.com, 12 ottobre 2023

L’obbligo per l’impugnante di depositare la dichiarazione o elezione di domicilio, ai fini della notifica del decreto di citazione a giudizio, si applica solo all’imputato libero (Cass. n. 38442/2023). L’obbligo di depositare, assieme all’impugnazione, la dichiarazione o elezione di domicilio della parte privata, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio, non opera nel caso in cui l’imputato impugnante sia detenuto. Questo è quanto emerge dalla sentenza 20 settembre 2023, n. 38442 della Seconda Sezione Penale della Corte di Cassazione.

Il caso vedeva la Corte d’Appello dichiarare inammissibile l’appello proposto da un detenuto in quanto in assenza della dichiarazione o elezione di domicilio prevista dall’art. 581, comma 1-ter, c.p.p. Con ricorso per Cassazione l’imputato evidenzia l’errata applicazione della norma in oggetto, posto che nella fattispecie l’elezione di domicilio sarebbe stata del tutto superflua, stante la necessità della notifica personale al detenuto, ex art. 156 c.p.p.

Posto che l’art. 581, comma 1-ter, c.p.p., dispone che con l’atto di impugnazione delle parti private e dei difensori è depositata, a pena di inammissibilità, la dichiarazione o elezione di domicilio, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio, ci si interroga se detta disposizione trovi applicazione anche nel caso in cui l’imputato sia detenuto e detta condizione emerga nell’atto di impugnazione.

Secondo gli ermellini, l’interpretazione logica e sistematica della norma porta a circoscriverne la portata nei soli casi di detenuto libero, posto che solo in tali ipotesi ha senso la dichiarazione o elezione di domicilio che è funzionale ad evitare che, per notificare il decreto di citazione a giudizio, si rallenti la celebrazione del giudizio di impugnazione.

Da un lato, l’art. 161, comma 1, c.p.p., stabilisce che il giudice, il pubblico ministero o al polizia giudiziaria, nel primo atto compiuto con l’intervento della persona sottoposta alle indagini o dell’imputato non detenuto o internato, li invita a dichiarare uno dei luoghi indicati dall’art. 157, comma 1, o un indirizzo di posta elettronica certificata o altro servizio elettronico di recapito certificato qualificato, ovvero a eleggere domicilio per le notificazioni dell’avviso di fissazione dell’udienza preliminare e degli atti di citazione a giudizio, escludendo dall’ambito di applicazione dell’invito a dichiarare o eleggere domicilio l’imputato detenuto; dall’altro lato, l’art. 156, comma 1, c.p.p., dispone che le notificazioni all’imputato detenuto, anche successive alla prima, sono sempre eseguite nel luogo di detenzione mediante consegna di copia alla persona. Ciò premesso, laddove il soggetto risulti detenuto per il reato per cui si procede, deve trovare applicazione la norma generale che prevede la notifica personale all’imputato (Cass. pen., Sez. II, 28 maggio 2023, n. 33355).

In tal senso si sono espresse anche le Sezioni Unite, con la sentenza del 27 febbraio 2020, n. 12778, anche nel caso di detenuto per altra causa, pur in presenza di una dichiarazione o elezione di domicilio; si privilegia la consegna della notificazione alla persona in quanto, essendo certa la reperibilità del detenuto, la notificazione è agevole. Inoltre, la notifica a mani proprie si spiega con la necessità di portare personalmente a conoscenza del detenuto gli atti processuali, al fine di consentirgli di esercitare la facoltà di una consapevole difesa, tanto più necessaria stante il grave status derivante dalla detenzione.

L’applicazione dell’art. 581, comma 1-ter, c.p.p., all’imputato detenuto violerebbe altresì l’art. 3 Cost. e l’art. 6 CEDU, che impone il pieno rispetto del diritto di accesso effettivo alla giustizia per le decisioni relative al merito di qualsiasi accusa penale anche nel giudizio di appello e che richiede che i giudici, nell’applicare le relative norme procedurali, evitino un eccessivo formalismo che pregiudicherebbe l’equità del procedimento.

Si ribadisce, quindi, il principio di diritto secondo il quale la nuova disposizione dell’art. 581, comma 1-ter, c.p.p., introdotta dall’art. 33, comma 1, lett. d), del D.lgs. n. 150 del 2023, in vigore per le impugnazioni proposte avverse sentenze pronunciate in data successiva a quella dell’entrata in vigore, che richiede, a pena d’inammissibilità, il deposito, unitamente all’atto di impugnazione, della dichiarazione o elezione di domicilio della parte privata, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio, non opera anche nel caso in cui l’imputato impugnante sia detenuto.

*Avvocato