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di Anna Lisa Antonucci

L’Osservatore Romano, 16 giugno 2023

Sette anni di raccomandazioni e sollecitazioni alle Istituzioni deputate non sembrano aver cambiato di molto lo stato delle carceri in Italia. Per questo, alla fine del suo mandato, il Garante nazionale per le persone private della libertà, Mauro Palma, ribadisce quello che rappresenta il problema dei problemi della reclusione in Italia: troppo carcere.

Nella sua ultima relazione al Parlamento, presentata oggi a Roma alla Camera, in cui si traccia un bilancio dall’istituzione della figura del Garante in Italia, si sottolinea come a fronte di un numero di reclusi che nella prima relazione del 2016 era di 54.600 persone, oggi si è arrivati a 57.000 detenuti. Tenendo conto poi delle persone in misura alternativa alla detenzione e di quelle messe alla prova si raggiunge un totale di 137.366 persone coinvolte nell’area penale, contro le 98.854 del 2016.

L’area del controllo penale, dunque, si è estesa mentre i reati di maggiore gravità sono andati diminuendo, come gli omicidi e i reati di mafia. Un effetto questo dovuto, secondo il Garante, ad un discorso pubblico sbilanciato sul versante populista e sul bisogno di sicurezza. Un mondo quello del carcere in cui è in costante aumento il numero delle persone condannate a pene molto brevi: ad oggi 1.551 persone sono in cella per scontare una pena - non un residuo di pena - inferiore a un anno, altre 2.785 una pena tra uno e due anni.

“Si tratta della marginalità sociale che abita il carcere” nota il Garante, di vite i cui problemi avrebbero dovuto trovare altre risposte, come l’istruzione, il sostegno abitativo, la possibilità di un reddito, “così da diminuire il rischio di commettere reati”. Una popolazione troppo numerosa, dunque, che vive in un mondo a parte, dove la mancanza di possibilità lavorative, di formazione e anche spesso di corsi di istruzione, connota il tempo della detenzione come un tempo sottratto alla vita o di semplice attesa.

“Non è tollerabile - evidenzia Palma - che ci siano ancora quasi 5.000 persone tra i detenuti che non hanno completato l’obbligo scolastico e che, anche limitandoci ai soli italiani, ci siano 845 persone analfabete e altre 577 che non hanno concluso la scuola elementare”.

Dunque il Garante, che in questi anni ha visitato oltre alle carceri, le Rems, le camere di sicurezza, le Rsa e i centri di accoglienza per migranti, descrive un sistema detentivo “caratterizzato da molte criticità irrisolte”. Un pianeta in cui, in sette anni, gli eventi critici sono cresciuti regolarmente, sintomo del malessere all’interno degli istituti di pena. Un mondo fatto in larga misura di strutture degradate, in cui le condizioni igienico sanitarie sono precarie, dove in molti casi sono assenti i locali per le attività trattamentali, dove gli spazi sono sempre insufficienti e il male di vivere è racchiuso in quel numero record di 85 suicidi dello scorso anno.

Un male che, nei primi mesi del 2023, ha già portato a 29 suicidi, con altri 12 decessi per cause da accertare, “alcuni dei quali attendibilmente classificabili in futuro come suicidi”, spiega il Garante. Un fenomeno “accompagnato da un numero in aumento di suicidi tra coloro che lavorano negli Istituti di detenzione a diretto contatto con la drammaticità e l’intrinseca violenza all’interno di essi”. Ed è in questi luoghi chiusi, conclude Palma, che lo sguardo del Garante deve continuare a entrare.