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di Manuela D’Alessandro

agi.it, 31 gennaio 2024

Il Garante dei detenuti di Milano, Francesco Maisto, spiega come avvenne il cambiamento e con quali difficoltà. In Italia non si sono mai visti detenuti con le catene ai piedi mentre fino al 1992 era una scena usuale quella di reclusi che venivano accompagnati dal carcere alle aule di tribunale in fila legati a una catena. Lo spiega Francesco Maisto, garante dei detenuti del Comune di Milano ed ex presidente del Tribunale di Bologna.

“Il cambiamento arriva durante Tangentopoli, quando suscitarono un grande clamore le immagini del politico e giornalista Ezio Carra, trascinato per il Palazzo di Giustizia di Milano con gli schiavettoni. Dieci anni prima in molti si indignarono per l’immagine di Ezio Tortora mostrato in manette dopo l’arresto. Decisiva fu la legge 492 del 1992 arrivata nel momento in cui cambiò il regolamento e il compito di accompagnare i detenuti passò dai carabinieri agli agenti della polizia penitenziaria”.

La norma introdusse “il principio generale che, salvo particolari circostanze come la pericolosità del soggetto o il pericolo di fuga, non fosse ammesso l’uso delle manette nella traduzione del recluso”. La svolta, afferma Maisto, “fu graduale” e a questo proposito ricorda un episodio che lo vide protagonista quando guidava la Sorveglianza a Bologna: “Il tribunale che presiedevo stava in una strada molto stretta dove non ci potevano passare i mezzi della polizia penitenziaria. Così i detenuti venivano esposti al pubblico ludibrio in manette e alla vista dei bambini dell’asilo che stava in quella strada. Su questo ebbi un duro scontro con l’allora sindaco Sergio Cofferati. Finì che gli uffici vennero spostati in un’altra sede”.

Anche nelle carceri, precisa Maisto, “è vietato tenere in manette i detenuti”. Nell’agosto dello scorso anno, la direttrice del carcere di Vigevano firmò una circolare in cui lo ricordava a proposito di episodi “di uso improprio dei mezzi di coercizione fisica”.

Una catena a mo’ di guinzaglio come quella a cui è stata legata Ilaria Salis non si è mai vista in Italia ma “c’erano i fili che collegavano schiavettone a schiavettone i detenuti che, così messi in fila, arrivavano nelle aule di giustizia”. Esiste tuttavia un articolo del regolamento penitenziario che prevede la possibilità di “traduzioni collettive” anche attraverso un “cavo principale di acciaio suddiviso in tratte”. Quando i detenuti entrano in aula le manette vengono in ogni caso sempre tolte.