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di Giovanni M. Jacobazzi

Il Dubbio, 29 agosto 2023

Intervista al magistrato che dirige il Gabinetto del guardasigilli Nordio. “I dati parlano chiaro, il posto fisso non attrae più: col primo concorso che abbiamo bandito per il personale giustizia, abbiamo trovato solo 256 funzionari su 540 posti. Abbiamo già avviato, col Veneto, intese in modo da attingere alle graduatorie delle Regioni”.

“Non sempre la possibilità di ottenere un contratto di lavoro a tempo indeterminato con lo Stato è una strada appetibile. Bisogna prenderne atto e agire affinché la scelta per i lavoratori sia compatibile con le esigenze di vita delle famiglie”, afferma Alberto Rizzo, già presidente del Tribunale di Vicenza e dallo scorso ottobre capo di gabinetto del guardasigilli Carlo Nordio.

Presidente Rizzo, anche il settore giustizia risente dunque dei grandi cambiamenti che hanno interessato il mondo del lavoro in questi anni?

Certamente. Il sistema dell’offerta e della richiesta di lavoro ormai non è più quello a cui eravamo abituati in passato. Mi riferisco in particolar modo all’appeal che esercitava fra i giovani il cosiddetto posto fisso.

Le nuove generazioni, secondo gli analisti, vogliono muoversi, andare all’estero, cambiare spesso mansioni e incarichi. Da un recente studio della Funzione pubblica è emerso che il profilo tipo del dipendente pubblico è quello di una donna, over 35-40 anni, del Meridione, e che accetta l’incarico se rimane nelle zone di origine...

Sono tutti aspetti che ci impongono una riflessione ulteriore. Mi spiego. Noi abbiamo ormai da anni un problema molto forte di scopertura negli uffici. Ci sono contesti territoriali che soffrono poi storicamente di carenza di personale amministrativo. Penso a Venezia, dove manca oltre il 40 per cento del personale previsto dalla pianta organica. I motivi sono noti: al Nord il costo della vita è molto alto e affittare anche un piccolo appartamento è difficile se non impossibile, senza considerare le spese da sostenere se si volesse raggiungere ogni tanto la propria famiglia.

Può indicarci qualche dato?

Guardi, siano partiti per assumere complessivamente circa 6.000 amministrativi nell’anno 2023. A marzo sui primi 540 posti messi a disposizione per le sedi giudiziarie territoriali ne sono stati coperti meno della metà, 256 per essere precisi. Una risposta quanto mai modesta, che ci ha spinto a individuare delle soluzioni alternative.

Quali?

Insieme ad alcuni Enti locali, abbiamo cominciato dalla Regione Veneto e da settembre sigleremo accordi con altre Regioni, abbiamo individuato la possibilità di far scorrere le graduatorie dei concorsi che erano stati fatti a livello regionale per poter attingere da lì alcune delle figure necessarie e iniziare a colmare le scoperture di personale negli uffici giudiziari. Si tratta di una soluzione innovativa che ha il doppio vantaggio di velocizzare le assunzioni e insieme attingere a una utenza vicina ai posti da coprire.

Avete “regionalizzato” il concorso?

No. Servivano risposte immediate vista la situazione di emergenza cronica che abbiamo trovato appena insediati a via Arenula. Non è ovviamente l’unico progetto a cui stiamo lavorando per risolvere il problema della carenza di personale ma è la strada più veloce per iniziare a dare le risposte che gli uffici giudiziari attendono da anni.

E quali riscontri avete avuto da chi era nella graduatoria regionale?

In Veneto, la prima regione che abbiamo coinvolto, la risposta è stata estremamente positiva. Il 30 giugno abbiamo siglato l’accordo con la Regione e il prossimo 12 settembre 69 persone, che vi hanno aderito, prenderanno servizio nei Tribunali del distretto. Voglio comunque anticipare che rivedremo le piante organiche degli uffici per renderle aderenti ai reali bisogni lavorativi.

Ci saranno allora novità?

Penso al Tribunale per le persone, i minorenni e le famiglie che partirà a ottobre 2024. Una novità importante che richiederà specializzazione in materie delicate con l’esigenza di particolari professionalità. Avvieremo una mappatura di queste sedi, trattandosi di un ufficio completamente nuovo, e provvederemo ad assegnazioni di magistrati ad hoc e quindi anche di personale amministrativo per garantire la massima efficienza di tali uffici.

Altri progetti?

L’efficientamento della macchina giudiziaria deve passare anche da una riorganizzazione delle attività degli uffici giudiziari, e per questo abbiamo istituito un Tavolo composto dai dirigenti degli uffici, vale a dire presidenti di Tribunale e procuratori, e dirigenti amministrativi. Stiamo riflettendo sulla ‘doppia dirigenza’ in modo da individuare un sistema che garantisca la migliore efficienza possibile. Il dirigente amministrativo ha competenza specifica nella gestione del personale, e se non c’è ‘sintonia’ con il capo dell’ufficio è inevitabile un rallentamento delle attività.

Sul fronte della digitalizzazione?

È sicuramente il settore in cui si stanno facendo più investimenti e nel quale magistrati, personale amministrativo e avvocati hanno compiuto i maggiori sforzi. Penso al Tribunale online, alla telematizzazione del processo penale e al progetto Polis, nato insieme a Poste Italiane con l’obiettivo di venire incontro alle esigenze di migliaia di cittadini che risiedono in località periferiche, molto distanti dalle sedi giudiziarie. Io non sono un nativo digitale, comprendo bene alcune difficoltà che si sono incontrate, ma non possiamo non guardare alla tecnologia come a un mezzo per rendere il nostro sistema giudiziario sempre più efficiente e all’altezza dei servizi a cui i cittadini hanno diritto.

La riapertura dei piccoli Tribunali?

Sono scelte politiche che non spettano al sottoscritto. Nella mia esperienza amministrativa ho sempre ritenuto che il decentramento dei servizi fosse un’opportunità da valutare e valorizzare, specie in determinati contesti territoriali. A Vicenza, ad esempio, ho istituito degli sportelli di prossimità per la volontaria giurisdizione, in gran parte decentrata, con ottimi risultati.

Qual è il suo obiettivo principale?

Per avere una giustizia che funzioni bisogna cambiare nei cittadini la percezione del sistema stesso, dando loro la consapevolezza che la giustizia italiana è davvero efficiente quando è in grado di garantire i diritti con risposte celeri. Bisogna ribaltare il cosiddetto “fammi causa!”, basato sulla convinzione che i tempi lunghi scoraggeranno qualsiasi iniziativa, nel “ti faccio causa!”: il cittadino che vuole vedere riconosciuti i propri diritti deve avere la certezza che le risposte arriveranno nei tempi giusti. Se questo modello di giustizia funziona allora anche le pendenze sono destinate a diminuire. È uno degli obiettivi che ci siamo dati e sul quale lavoriamo con grande serietà e impegno tutti i giorni a via Arenula.