sito

storico

Archivio storico

                   5permille

   

di Mario Di Vito

Il Manifesto, 20 dicembre 2023

Accordo sull’emendamento dell’azionista Costa. Le opposizioni: “Una legge bavaglio”. L’eroe di giornata, per il governo, è il deputato leghista Stefano Candiani. È stato lui infatti, ieri pomeriggio, a trovare la formula magica che ha convinto Enrico Costa (Azione) a cedere alle modifiche al suo emendamento sulla pubblicazione delle ordinanze di custodia cautelare. La vicenda ha tolto il sonno alla destra per qualche giorno, e solo in extremis si è evitato l’imbarazzo di una spaccatura sulla giustizia nell’aula della Camera.

Inizialmente, infatti, l’emendamento proposto da Costa aveva ricevuto il parere contrario da parte del governo, ma Forza Italia si era espressa a favore e aveva definito la proposta dell’azionista (che in fondo è il recepimento di una norma europea che giaceva in parlamento da due anni) come “una questione di civilità”. Da qui la minaccia di Costa di chiedere lo scrutinio a voto segreto, con la seria prospettiva di mandare sotto il governo sulla giustizia. Per la verità, però, un’ancora di salvezza la destra l’aveva trovata già lunedì sera, quando il M5s si era riunito e aveva deciso di votare no all’emendamento Costa. Certo, poi nel segreto dell’urna non sarebbero state da escludere diserzioni dalle parti di Lega e Fratelli d’Italia, ma di fatto l’assalto era finito su un binario morto, a parte l’eventuale bizzarria della comunione d’intenti tra pentastellati e governo.

Così, dopo ore di serrata trattativa, nel tardo pomeriggio di ieri sono arrivati prima l’accordo e poi il voto. Candiani ha proposto di cambiare appena poche parole: dove Costa proponeva “il divieto di pubblicazione dell’ordinanza di custodia cautelare finché non siano concluse le indagini preliminari ovvero fino al termine dell’udienza preliminare” adesso si parla di “divieto di pubblicazione integrale o per estratto del testo dell’ordinanza di custodia cautelare”. Inoltre, agli articoli della Costituzione interessati dall’emendamento di Costa (il 24 e il 27), Candiani ha fatto aggiungere il 21, quello sulla libertà di espressione. Già, perché la pubblicazione delle ordinanze di custodia cautelare è un tema che riguarda anche l’informazione, e nello specifico la cronaca giudiziaria, e già si parla di nuova legge bavaglio.

Su questo punto ha insistito soprattutto il M5s - “Si affaticano tanto per nascondere i possibili reati dei potenti, perché sono quelli che interessano all’opinione pubblica” -, mentre da parte di Pd e Avs il “no” all’emendamento Costa è stato giustificato con l’evidenza del fatto che si sta dando al governo una delega troppo ampia su una materia estremamente delicata. Ad ogni modo, il voto ha spazzato via ogni perplessità: l’emendamento Costa, modificato da Candiani, con il parere divenuto positivo del governo, è passato con 160 voti favorevoli e 70 contrari. “Un risultato positivo e che ci soddisfa, un buon traguardo per ribadire ancora una volta l’importanza, per Forza Italia e per il governo, del garantismo e della presunzione di innocenza, cardini chiave sui quali si fonda la nostra Costituzione”.

Esulta alla fine del match parlamentare la sottosegretaria Matilde Siracusano, che in precedenza aveva dato il parere favorevole a nome del governo. Costa, primo firmatario dell’emendamento, ha commentato il buon esito delle trattative con la destra parlando del merito del provvedimento. “L’obiettivo è di rimuovere una stortura del nostro ordinamento - ha detto ai cronisti -. Sono state limitate le conferenze stampa delle procure, ma poi sono pubblicabili le ordinanze cautelari e così siamo d’accapo. E se l’ordinanza poi viene annullata dal riesame o dalla Cassazione? Intanto si è pubblicato tutto quanto contenuto nell’ordinanza…”.

Già nel 2021, l’allora maggioranza che sosteneva Mario Draghi aveva rischiato la sbandata su un emendamento di Costa: in discussione c’era la possibilità da parte di pm e polizia giudiziaria di fare conferenze stampa. Anche in quella circostanza, dopo giorni di febbrili trattative - con il deputato che insieme alla destra teneva in scacco Pd e M5s -, alla fine venne trovato un compromesso: ok alle conferenze stampa ma solo “con atto motivato e per ragioni di interesse pubblico”. Parti invertite, stessi protagonisti, stesso risultato finale.