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di Daniele Mastrogiacomo


La Repubblica, 10 giugno 2021

 

Ieri altri quattro candidati fermati, la scorsa settimana due: accuse dal riciclaggio all'incitazione all'ingerenza estera. Continua la brutale repressione dell'ex combattente sandinista. L'Amministrazione Biden lo ha definito ora "dittatore", ma per Washington il suo governo è utile per contenere la pressione migratoria.

Deciso a presentarsi per la quarta volta alle presidenziali del prossimo novembre, Daniel Ortega si libera dei potenziali avversari e li fa arrestare. Una settimana fa era accaduto con Cristiana Chamorro e Arturo Cruz, due candidati dell'opposizione. Sono stati accusati di riciclaggio di denaro. Ieri è toccato ad altri quattro esponenti del dissenso, anche loro candidati alla corsa per il rinnovo della carica di presidente del Nicaragua: il docente universitario Félix Maradiaga, l'ex viceministro dell'Industria, Juan Sebastián Chamorro García, nipote di Violeta Barrios Chamorro, l'unica ad aver scalzato l'ex guerrigliero durante una pausa della sua lunga permanenza al potere. E ancora la dirigente Violeta Granera e l'ex vicepresidente dell'Unione Industriali José Adán Aguerri. Lo scrivono il sito della BBC America Latina e l'edizione America del País.

I quattro sono stati fermati e poi trattenuti con l'accusa di "aver incitato all'ingerenza straniera negli affari interni". Un delitto grave, alla stregua di terrorismo, previsto nella nuova legge appena approvata dal Parlamento, chiamata di Difesa dei Diritti del Popolo, l'Indipendenza, la Sovranità e l'Autodeterminazione per la Pace. Granera è stato messo agli arresti a casa; gli altri tre sono stati trasferiti nella sede della Direzione Assistenza Giudiziaria (DAJ), a Managua, denunciato da tutte le ong come un centro di tortura. José Adán Aguerri è dirigente di Alianza Cívica, il gruppo di opposizione nato durante le proteste del 2018 quando decine di migliaia di giovani scesero in piazza chiedendo libertà e il cambio di un regime che dura ininterrottamente da 14 anni. Violeta Granera è una nota attivista nicaraguense e tra le voci più critiche nei confronti di Daniel Ortega.

L'ex guerrigliero del Fronte Sandinista di Liberazione non è nuovo a questi giri di vite. Assediato anche dalle mamme dei ragazzi scesi in piazza, molti uccisi e feriti altri chiusi per mesi in celle buie e sottoposti a torture, Daniel Ortega conserva il suo potere con il pugno di ferro. Dispone brutali repressioni nei confronti di ogni dissenso, chiude giornali d'autorità, spedisce in carcere i giornalisti fastidiosi, accetta dopo molte resistenze le visite della Commissione Diritti Umani della Organizzazione degli Stati Americani e dell'Onu, ma poi respinge, perché di parte, le loro conclusioni e condanne. Agisce sulla Giustizia, che controlla, e influenza il Parlamento nel quale il suo partito possiede la maggioranza. Condivide il potere con la moglie Rosario Murillo, anche lei ex guerrigliera, con cui ha combattuto il dittatore Anastacio Somoza. Ma il tempo e l'abitudine al comando li ha trasformati entrambi in qualcosa di peggiore del loro vecchio nemico. Gli Usa, a differenza di altri Stati nella regione, si sono sempre mostrati teneri nei loro confronti. Questione di interesse e di comodità: sono gli unici che garantiscono un freno al flusso di migranti. Solo ieri, davanti alla nuova stretta, l'Amministrazione Biden ha definito Ortega un "dittatore". Anche gli Stati Uniti sanno che di fronte a una sconfitta dell'ex guerrigliero i suoi misfatti finirebbero davanti ai Tribunali internazionali. Una prospettiva che atterrisce Daniel Ortega e che preoccupa la Casa Bianca.