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Agi, 10 giugno 2010

Gli stupri e la schiavitù sessuale di cui sono vittime i detenuti più giovani è concausa almeno nel 40% dei casi di suicidio in carcere. È la denuncia di Roberto Malini, co-presidente per l’Italia di EveryOne, associazione che si occupa di diritti umani. “Lo abbiamo riscontrato attraverso le nostre consulenze psicologiche - ha spiegato Malini nel corso di KlausCondicio, il programma condotto da Klaus Davi su YouTube - che tra l’altro attestano che lo stupro colpisce la popolazione giovanile carceraria. Oltre allo stupro anale, il giovane viene costretto a praticare la fellatio e altre forme di sesso coatto. Queste ricerche attestano anche la forte tendenza all’autolesionismo, visto che molti ragazzi si tagliano braccia, gambe e petto pur di sottrarsi a tali pratiche”. EveryOne, consulente dell’Alta Corte dei Diritti Umani dell’Onu, ha denunciato lo Stato italiano per le condizioni inumane in cui versano i detenuti nelle carceri e per la condizione di schiavitù sessuale dei più giovani.
“La denuncia ha sortito un primo effetto visto che - ha rivelato Malini nel corso dell’intervista a Klaus Davi - il Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite ha rivolto il 9 febbraio scorso all’Italia ben 92 ‘raccomandazionì: si va dalla denuncia della tratta di esseri umani ai ritardi di Roma nel recepire il Protocollo opzionale alla Convenzione contro la tortura, passando per il “Pacchetto sicurezza” e la situazione delle carceri. Purtroppo il 4 giugno l’Italia ha detto no alle raccomandazioni riguardanti la tortura, mentre ha accettato quelle rivolte al sovraffollamento e alle condizioni di detenzione; tuttavia si tratta di raccomandazioni generiche che difficilmente condurranno a provvedimenti concreti”.
“I casi di stupri e di schiavitù sessuale stimati nelle carceri italiane - spiega Malini - sono oltre tremila ogni anno, una cifra che corrisponde a ben il 40% di tutti gli stupri che vengono perpetrati in Italia anche grazie alla connivenza delle guardie carcerarie. I casi non vengono denunciati - continua - esiste una omertà che coinvolge tutti: guardie carcerarie e carcerati stessi, oltre che strutture mediche che non sono adibite al controllo dei sintomi come abrasioni anali o rettali. Non vengono fatte visite specifiche.
I direttori, le guardie e gli educatori tollerano questo stato di cose, ritenendolo parte della pena da scontare, perché per molti di loro la prigione deve essere un inferno. Vi sono anche guardiani ed educatori - continua Malini - che provano eccitazione di fronte allo spietato sadomasochismo. Oltre a questo, esiste una omertà culturale tipicamente italiana per la quale lo stupro di una donna viene considerato gravissimo e quello di un uomo passa sotto silenzio”.
“L’ultimo caso è avvenuto a San Vittore - denuncia Malini - un giovane rom di 19 anni, detenuto per un piccolo furto, è stato fin dall’inizio del soggiorno in carcere vittima di una serie di stupri, culminati con una violenza di gruppo. Per sottrarsi a questa situazione ha lottato con tutte le sue forze, fino a farsi una ventina di tagli sul corpo. Solo allora, completamente ricoperto di sangue, le guardie l’hanno spostato in un altro settore.
Siamo in grado di documentare oltre 100 casi di stupro avvenuti nelle carceri italiane, che colpiscono soprattutto i giovani detenuti stranieri, molti dei quali sentiti nel corso della nostra indagine. I nostri riscontri sono stati evidenti, con nomi e cognomi. Grazie alla nostra denuncia, l’Alto Commissariato dell’Onu ha fatto alcune raccomandazioni all’Italia sullo stato di degrado delle carceri”.

Cascini (Dap): contro stupri consentire a detenuti rapporti sessuali con famigliari

“Gli stupri in carcere avvengono. I rischi di rapporti sessuali non volontari tra detenuti sono reali, come è alto il rischio di diffusione di gravi malattie infettive come l’Aids”. Lo ha detto il giudice Francesco Cascini, direttore dell’ufficio ispettivo presso il dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, commentando a KlausCondicio, i dati diffusi dal Gruppo EveryOne sugli stupri in carcere Per Cascini distribuire preservativi nelle carceri “sarebbe sicuramente una cosa molto utile, prioritario però sarebbe assicurare i legami dei detenuti con i propri nuclei famigliari, consentendo loro di avere rapporti sessuali con i propri partner”, come avviene in altri Paesi.