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di Alessandro Parrotta*

Il Dubbio, 28 giugno 2023

Con la proposta di legge n. 950 del marzo 2023, a prima firma del deputato Antoniozzi (FdI), è stato avanzato alla Camera un disegno di modifica degli articoli 88 e 89 del codice penale in materia di non imputabilità o semi- imputabilità per vizio totale o parziale di mente. Si tratta di una proposta che, a ben guardare, riprende tra le righe la dicotomia tra una concezione dell’infermità mentale così come intesa dalla nosografia psichiatrica classica, gelosamente attaccata al carattere necessariamente organicistico della malattia mentale (intesa come la sola malattia psichiatrica) e un’altra concezione, della cosiddetta “anti- psichiatria”, che invece non esclude la possibilità di riconoscere la non imputabilità anche nelle ipotesi di gravi disturbi della personalità, sebbene non qualificabili come malattia psichiatrica. La proposta di legge, dunque, a mo’ di “giusto mezzo”, tenta di individuare una terza via, propugnando una modifica del testo normativo (i ricordati articoli 88 e 89 c. p.).

Superando, in qualche modo, la distinzione tra patologia psichiatrica diagnosticata (così come individuata nel “Dsm”) e disturbi di personalità, si concentra sul carattere psicotico del disturbo mentale lato sensu, inteso - come si legge nella proposta - come “qualsiasi condizione, oltre alle psicosi classiche, che presenti un’alterazione evidente del test di realtà in senso psicotico”. Da qui, dunque, l’auspicato tentativo di contemperare i due contrapposti interessi in gioco: da un lato, dare voce e rilievo alle persone offese o vittime dei reati che - per via forse di applicazioni eccessivamente di favore da parte della giurisprudenza - si sono viste negare la domanda di giustizia a seguito del riconoscimento di infermità totali o parziali di mente, che conducevano a declaratorie di non imputabilità o semi- imputabilità; dall’altro, il rispetto del principio cardine per cui solo in presenza di piena o parziale capacità di intendere e volere si possa essere imputabili o semi imputabili.

Il rischio paventato dai fautori della proposta, per il vero già deriva giurisprudenziale per certi versi, è che si addivenga all’impropria equazione per cui disturbi di personalità determinino, quantomeno, lo scemare della capacità d’intendere o di volere, imponendo il riconoscimento di una semi infermità e dunque la diminuzione di pena. Ritenuto, quindi, di dover scongiurare tale rischio, si propone di riempire il concetto di “infermità” impiegato dal Codice, limitandolo ai soli casi di disturbi “gravi”, senza ricondurre a quel concetto una qualsiasi manifestazione di condizioni psicopatologiche che non presentino alterazioni dell’esame di realtà e sintomatologie psicotiche. Non si escludono, dunque, a priori nella categoria anche i disturbi di personalità ma solo se questi hanno condotto - al momento del fatto - a manifestazioni psicotiche.

Al di là delle valutazioni di competenza della miglior scienza medico- psichiatrica, parrebbe che il ripristino di tassatività ricercato con l’introduzione della cosiddetta discriminante psicotica possa - in ausilio tanto al magistrato giudicante quanto ai periti chiamati ad esprimersi - trovare favorevole accoglimento. Non mancano alcune riserve, sicuramente superabili all’esito di un eventuale prosieguo dell’iter di approvazione parlamentare, di carattere formale e testuale che potrebbero condurre a esiti infausti: ci si riferisce, in particolare, al non meglio definito - anche nella sua utilità - concetto di “evidenza” dello stato di grave alterazione ovvero alla mancata soppressione del riferimento all’”infermità” nel testo di cui all’articolo 89 del codice penale.

*Avvocato, Direttore Ispeg