sito

storico

Archivio storico

                   5permille

   

di Giusi Fasano

Corriere della Sera, 10 ottobre 2022

Ieri era la giornata nazionale per ricordare le vittime degli incidenti sul lavoro. L’opera di sensibilizzazione di Andrea Lanari e degli altri testimonial della sicurezza in un paese dove abbiamo un ferito al minuto.

Andrea Lanari dice che quel giorno stava centrando una lamiera in uno stampo. La pressa “si abbassò di colpo e mi tranciò le mani”, racconta. Era il 4 giugno 2012. Le sue mani sono finite nel conteggio spaventoso degli infortuni sul lavoro di quell’anno. Un numero fra centinaia di migliaia di altri. Un numero della statistica nera che valeva allora e vale ancora oggi: a parte i morti (l’anno scorso 1221) nel nostro Paese abbiamo un ferito ogni minuto quando va bene, negli annus horribilis siamo arrivati a un ferito ogni 50 secondi. A volte cose di poco conto, più spesso invalidità gravi e permanenti.

Ieri era la giornata nazionale per ricordare le vittime degli incidenti sul lavoro. Sempre troppe e per un giorno - almeno uno - non soltanto cifre di questa o quella statistica ma anche storie, facce, vite. L’Anmil (Associazione nazionale dei lavoratori mutilati e invalidi del lavoro) ha organizzato ovunque incontri, riflessioni, testimonianze. E Andrea era uno di quei testimoni, sul palco allestito nello stabilimento Claber di Fiume Veneto, vicino Pordenone. Dopo l’incidente lui decise che raccontare di sé, mostrare le sue nuove mani dall’anima d’acciaio, doveva diventare una missione. Perché tutti capissero, ascoltandolo, che la sicurezza sul lavoro vale molto più dei soldi e del tempo risparmiati per evitarla.

Le sue giornate, oggi, sono dedicate al mestiere di “testimonial formatore per la salute e la sicurezza sul lavoro”, una figura professionale voluta dall’Anmil e già in azione soltanto nelle Marche, nel Lazio e in Abruzzo (sono operativi circa 300 persone). Andrea, marchigiano di Castelfidardo, arriva sul palco di un evento, davanti agli studenti di una scuola, o di fronte ai lavoratori di un’azienda, e comincia a parlare del suo 4 giugno 2012. La sicurezza che mancava, zero formazione, la pressa, le mani, il sangue, la corsa in ospedale, il risveglio dopo la doppia amputazione... A volte si ferma. Pausa. Ricaccia indietro le lacrime arrivate sull’orlo degli occhi e riprende. Con pazienza, con dolcezza, con la voce che trema. Nel silenzio della sala le sue parole prendono forma ed è un po’ come tornare lì assieme a lui in quel giorno di giugno. “Ogni volta per me è traumatico, ma credo nel valore della testimonianza”, è la sua conclusione. Anche noi. Ci vorrebbero migliaia di Andrea a ricordare a tutti l’importanza del lavoro sicuro.