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di Narges Mohammadi

Corriere della Sera, 26 gennaio 2024

Questa è una lettera che l’attivista e premio Nobel per la pace, Narges Mohammadi, 51 anni, ha scritto dal carcere di Evin, a Teheran, per chiedere alle Nazioni Unite di inserire l’apartheid di genere nella lista dei crimini contro l’umanità “perché in tutto e per tutto simile all’apartheid razziale”. Fare uscire dalla prigione le sue parole non è mai semplice e comporta per l’attivista altre punizioni e mesi dietro le sbarre. Pubblichiamo per intero la sua lunga missiva mandata in esclusiva per l’Italia al Corriere della Sera.

Ad António Guterres, segretario generale dell’Onu, e agli onorevoli rappresentanti degli Stati membri delle Nazioni Unite, è venuto il momento di condannare ufficialmente l’apartheid di genere come crimine contro l’umanità. Per decenni, le donne iraniane si sono scontrate con varie forme di discriminazione in base al sesso e al genere, istigate dal governo della Repubblica islamica. Sistematicamente e deliberatamente, l’Iran ha imposto la sottomissione delle donne con tutti gli strumenti e i poteri dello Stato, in particolare tramite le leggi, al fine di perpetuare la negazione dei diritti umani delle donne.

Sotto tali circostanze, non sono solo le donne, bensì l’intera società iraniana porta il fardello delle conseguenze strazianti e irreparabili di discriminazioni diffuse e profondamente radicate. In una società dove metà della popolazione vede negati i suoi diritti naturali, ogni dibattito sulla democrazia, sui diritti umani, sulla libertà e uguaglianza appare irrilevante.

In Iran e in Afghanistan, entrambi i governi della Repubblica islamica e dei talebani hanno sfruttato con cinismo la sottomissione delle donne come mezzo per instaurare i loro programmi oppressivi ed esercitare controllo e repressione sull’intera società civile. Costoro si servono della religione per camuffare le mire dittatoriali e il loro governo totalitario. E tutto ciò accade mentre si compiono atrocità inenarrabili contro la popolazione femminile, sotto gli occhi di un mondo incredulo.

Le discriminazioni di genere, economiche e sociali contro i singoli individui, a causa del loro sesso o genere, vengono compiute direttamente attraverso mezzi fisici o legali allo scopo di relegare costoro a posizioni di inferiorità: questo si chiama apartheid di genere, che sfocia non soltanto in fragilità sociali ed economiche, ma porta anche a danni fisici, talvolta irreversibili e mortali.

Pertanto, siamo convinti che l’apartheid di genere debba essere riconosciuto come vero e proprio crimine contro l’umanità, in tutto e per tutto simile all’apartheid fondato sull’appartenenza razziale. Ci appelliamo con urgenza alla comunità internazionale, affinché si affronti tale questione e si intraprendano interventi decisivi per metter fine a questa discriminazione in Iran e Afghanistan. È indispensabile intraprendere misure per assicurare la vittoria della giustizia e dell’uguaglianza. Quindi, ci aspettiamo che le Nazioni Unite dichiarino l’apartheid di sesso e genere un crimine contro l’umanità in tutti i documenti legali internazionali. Noi affermiamo che questi governi - tra i quali la Repubblica islamica - hanno perpetrato questi crimini contro le donne a causa del loro sesso o genere, e i nostri argomenti poggiano sulla comprovata esistenza di politiche a scapito della popolazione femminile in ogni settore, politico, economico, sociale, culturale e scolastico, così come nelle loro leggi discriminatorie.

Le leggi del governo:

Questa è una panoramica delle leggi emanate a scapito delle donne per illustrare gli elementi della segregazione e sottomissione delle donne nella società iraniana.

1. Per ottenere un passaporto e viaggiare all’estero, la donna necessita del permesso del suo tutore legale, che corrisponde al padre per le figlie e al marito per le mogli.

2. Alle donne iraniane viene categoricamente vietato il diritto allo studio in certe facoltà universitarie, come l’ingegneria aerospaziale.

3. Deposizioni e testimonianze degli uomini nei tribunali iraniani vengono considerate pari a quelle di due donne.

4. Il prezzo di sangue (diyah) e l’eredità spettante alle donne corrisponde alla metà di quanto garantito agli uomini.

5. Da oltre quarant’anni vige il divieto di ingresso per le donne allo stadio, mentre le scarse deroghe elargite ultimamente non sono assolutamente allo stesso livello degli spettatori maschi. Inoltre, tali cambiamenti non sono validi in tutte le città.

6. In Iran, gli uomini possono contrarre matrimonio con quattro donne contemporaneamente. Il numero è notevolmente più elevato per i matrimoni provvisori, conosciuti con il termine di “Sigheh”. Al contempo, la punizione per una donna sposata che intrattenga una relazione adulterina con un altro uomo consiste nell’esecuzione capitale. In questo momento, mentre scrivo queste righe, una donna di nome Mitra in Iran è stata condannata a morte perché il marito l’ha denunciata per una relazione extraconiugale. Vale la pena sottolineare come l’uomo che ha intrattenuto questa relazione con Mitra è stato condannato alla fustigazione.

7. Gli uomini in Iran, grazie alla legge, possono divorziare agevolmente dalle consorti se queste diventano cieche in entrambi gli occhi. Dal canto loro, le donne non godono di pari diritto.

8. Varie forme di violenza di genere in Iran, abbinate all’inadeguatezza e all’inefficienza del sistema legale, costringono le donne in situazioni assai precarie. Ciò comprende le molestie in strada, la violenza coniugale, come pure violenza di genere sul posto di lavoro e nelle università.

9. Lo stupro coniugale non solo non è considerato un reato in Iran, ma gli uomini iraniani possono denunciare le mogli per “inadempienza” se rifiutano il rapporto sessuale. La legge in questione è a favore degli uomini e definisce le donne come “inadempienti”.

10. La cittadinanza in Iran viene riconosciuta esclusivamente attraverso i legami di sangue e la legge iraniana garantisce al padre ogni diritto come tutore legale. Una legge precedente sull’argomento è stata respinta, di fatto negando al bambino nato dal matrimonio di una donna iraniana con un uomo straniero il diritto ad ottenere documenti di identità come il certificato di nascita.

11. Negli ultimi 45 anni, il tasso di femminicidi, specie i cosiddetti delitti d’onore, è in crescita in tutto l’Iran. Secondo le organizzazioni dei diritti umani, dal marzo 2023 a oggi sono stati registrati in Iran oltre 52 casi di femminicidi, venti dei quali delitti d’onore. Di queste 52 donne, 11, ovvero il 21 percento, non avevano ancora compiuto i diciotto anni. La legge e i tribunali sotto questo aspetto si sono macchiati di inefficienza e di comportamento irresponsabile.

12. L’iscrizione a vari tipi di specializzazione medica e di assistente di odontoiatria per le donne in Iran è possibile solo con il consenso del marito.

13. Il mancato rispetto delle leggi sull’hijab per le donne è punito in Iran con 74 frustate, punizione che sarà inasprita con l’approvazione della legge sulla castità e sul velo.

14. Non è necessario ottenere l’autorizzazione al matrimonio per le ragazze minorenni in Iran se l’unione è stata approvata dal padre o dal nonno paterno. Le statistiche rivelano una preoccupante tendenza al rialzo nel numero delle spose bambine in Iran. Secondo il Centro statistico iraniano, durante i primi tre trimestri del 2022, oltre 20.000 matrimoni hanno coinvolto spose sotto i 15 anni di età, e 1085 sono state le nascite da madri di età inferiore ai 15 anni. Nella primavera del 2021, il numero di matrimoni di ragazze tra i 10 e i 14 anni ha fatto registrare un balzo del 32 percento, rispetto all’anno precedente. E queste cifre rappresentano esclusivamente le statistiche ufficiali.

15. La legge sulla giovinezza della popolazione, con il divieto esplicito di aborto su richiesta e criminalizzazione della pratica, oltre a un aumento delle sanzioni contro dottori, operatori e facilitatori dell’aborto, ha portato a un incremento negli aborti clandestini. Una situazione che mette in pericolo la vita delle donne per i metodi poco sicuri utilizzati e il timore di rivolgersi agli ospedali e alle cliniche. I metodi contraccettivi liberamente in vendita in passato sono stati limitati ed è stato avviato negli ospedali un sistema di registrazione delle gravidanze e di monitoraggio delle donne incinte.

16. Se un uomo causa la morte di una donna in Iran e la famiglia (gli eredi legali) chiedono un risarcimento secondo i principi della “qesas”, il responsabile è obbligato a pagare la metà del prezzo di sangue (diyah) di un uomo. Nel sistema legale iraniano, non esiste parità tra i cittadini, e il valore della vita di un uomo è considerato equivalente a quello di due donne.

17. La pena per la donna sposata che intrattiene relazioni adulterine con un altro uomo è la lapidazione, e benché la condanna non venga eseguita attualmente in Iran, le donne subiscono tuttora la minaccia della lapidazione. Secondo una nuova direttiva, i tribunali oggi hanno il potere di eseguire la condanna alla lapidazione.

18. L’età legale dell’obbligo religioso in Iran per le ragazze parte dai 9 anni, imponendo loro l’osservanza di pratiche come la preghiera, il digiuno e l’uso dell’hijab. Malgrado l’età legale per l’obbligo religioso sia fissato a 9 anni per le bambine, il ministero dell’istruzione ha imposto alle bambine l’utilizzo dell’hijab sin dai 6 anni, vale a dire, dal primo anno di scuola elementare.

19. Il parlamento iraniano in questo momento sta studiando una proposta di legge per suddividere i libri scolastici in maschili e femminili. I testi scolastici si propongono di rafforzare i ruoli di genere tradizionali e confinare le donne ai compiti di future mogli e madri.

Struttura governativa:

Negli ultimi 45 anni, malgrado un numero rilevante di donne in grado di proporre la propria candidatura alla presidenza, il Consiglio dei Guardiani ha ostacolato il loro ingresso in questa arena attraverso l’interpretazione delle leggi contro le donne. Il Consiglio dei Guardiani è da sempre una delle entità più potenti del governo nella sua posizione contro le donne, arrivando persino a respingere l’approvazione di una legge che consentirebbe al sesto parlamento di accedere al Convegno sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione contro le donne (CEDAW), mandando in fumo ogni speranza per le donne iraniane. Per di più, il Consiglio dei Guardiani ha sempre appoggiato e promosso leggi e comportamenti contro le donne.

Comportamento del governo:

1. Il comportamento del governo nei confronti delle donne è un chiaro esempio di discriminazione, che abbraccia tutti i settori dell’economia e della società. Imponendo le sue misure sull’abbigliamento e l’obbligo del velo, il governo compromette i diritti umani fondamentali e i diritti di cittadinanza delle donne. Alle donne è vietato l’accesso ai servizi sociali, didattici e sanitari se non rispettano l’obbligo dell’hijab. Alle studentesse universitarie non è consentito proseguire gli studi, e le commissioni disciplinari universitarie e i tribunali ostacolano le donne con il pretesto che non portano il velo. Le donne vengono espulse da incarichi di lavoro non governativi se rifiutano di portare il velo. Negozi e uffici, ristoranti e caffè subiscono le pressioni del governo per impedire l’ingresso alle donne non velate. In caso di infrazione, locali, uffici e aziende vengono chiusi. Un tale comportamento conduce all’emarginazione e a un crescente isolamento sociale delle donne. L’ingerenza del governo nella vita pubblica e privata delle donne raggiunge ormai livelli tali da impedire persino l’utilizzo di foto di donne sulle lapidi nei cimiteri, con la minaccia di distruggere quelle tombe che esibiscono immagini “indecenti”.

2. Questo comportamento discriminatorio ricorre spesso al maltrattamento fisico. La violenza fisica, che produce gravi danni a livello fisico, sessuale e psicologico, e che talvolta è causa addirittura di morte, viene sistematicamente impiegata contro le donne, come le punizioni crudeli e disumane quali le 74 frustate per non indossare l’hijab, secondo le leggi restrittive introdotte ultimamente. D’altro canto, le aggressioni sessuali, le molestie e i maltrattamenti inflitti alle donne incarcerate, le percosse e le violenze - spesso fatali - nei centri di detenzione, il confinamento delle donne che protestano negli ospedali psichiatrici, e l’utilizzo di droghe psicotropiche nelle celle di isolamento, sono tutti mezzi di tortura sistematica che il governo utilizza contro le donne.

3. Nell’oppressione e nella discriminazione istituzionalizzata contro le donne, il governo agisce nel pieno della legalità. Per 45 anni, il parlamento ha approvato tutta una serie di leggi contro le donne, poi confermate dal Consiglio dei Guardiani, e introdotte nel sistema giudiziario ed esecutivo. Varie organizzazioni e istituzioni, dotate di cospicui finanziamenti, sono state create per diffondere la propaganda del governo, dalla scuola primaria fino all’università. In un simile contesto, qualunque richiesta, protesta, o forma di resistenza contro leggi e comportamenti discriminatori, persino sottoforma di disobbedienza civile nella sfera sociale, risultano in violenza, incarcerazione e morte, aggiungendo un ulteriore giro di vite alla società, e soprattutto alle donne iraniane.

Le passate azioni del regime della Repubblica islamica, in questi 45 anni di governo religioso e autoritario, fondato sull’apartheid di sesso e genere, si traducono nei molteplici aspetti della legge, delle strutture governative e dei comportamenti, che dimostrano chiaramente la volontà di segregazione e sottomissione delle donne.

In questo momento, è auspicabile che le Nazioni Unite, riconoscendo e prendendo atto delle discriminazioni sistematiche presenti nelle leggi, nelle politiche e nei comportamenti dei governi di Iran e Afghanistan contro le donne, agiscano immediatamente per contrastarle. È essenziale che l’Onu dichiari tali pratiche come criminali.

La mancata criminalizzazione di queste azioni assicura l’impunità dei responsabili, abbandonando le vittime al loro destino, senza nessuna forma di indennizzo. Ciò significa che oppressione e discriminazione saranno ancora praticate contro decine di milioni di donne iraniane e afghane, e non solo.

Abbiamo urgentemente bisogno di interventi per metter fine a questa repressione crudele e disumana. Dichiarando reato l’apartheid di sesso e genere, introducendo definizioni legali più precise nelle leggi internazionali, emanando dichiarazioni di condanna dei sistemi di apartheid in Iran e Afghanistan, diffondendo le esperienze e i resoconti delle donne che vengono sempre di più sottoposte a questa tirannide distruttiva, sostenendo le istituzioni civili delle donne nella società iraniana e afghana, e appoggiando e proteggendo i difensori dei diritti umani perseguitati e imbavagliati dai regimi repressivi.

È sufficiente modificare la bozza dei crimini contro l’umanità delle Nazioni Unite per includervi l’apartheid sessuale e di genere. Non è un percorso difficile ed è realizzabile. Le donne in Iran e Afghanistan aspettano l’attenzione immediata e l’azione dell’Onu per compiere questo passo irrinunciabile. È venuto il momento di criminalizzare l’apartheid di sesso e genere. È venuto il momento di far sentire la nostra voce e far valere le nostre ragioni.