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di Federica Olivo

huffingtonpost.it, 20 gennaio 2023

Mentre si discute dell’ipotesi di una stretta per le procure, con la manovra finanziaria è passato sotto silenzio un emendamento che esclude le operazioni del Sisde dall’area del comparto giustizia. Cdm approva le modifiche alla riforma Cartabia.

“Se non interverremo sugli abusi delle intercettazioni cadremo in una democrazia dimezzata”, dice il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, alla Camera. Presentando la relazione sull’amministrazione della giustizia, precisa - come anticipato da HuffPost - che quando si interverrà sulle intercettazioni, non se ne vieterà l’uso non solo per i reati di mafia e terrorismo, ma anche per altri illeciti presenti nella lista. Nello specifico, dopo le sollecitazioni dei pm, il ministro fa riferimento ai “reati satelliti della mafia”. La corruzione è tra questi.

A dimostrazione del grande attivismo del governo in tema di giustizia, in Consiglio dei ministri sono stati approvati, il 19 gennaio, ritocchi alla riforma del processo penale Cartabia. Nello specifico, è stato modificato il meccanismo per cui alcuni reati erano diventati perseguibili solo con la querela della vittima, anche nel caso in cui si ipotizzasse l’aggravante mafiosa. Il nuovo disegno di legge stabilisce che ogni volta che viene contestata l’aggravante di metodo mafioso, i reati potranno essere perseguiti d’ufficio - e quindi direttamente dalle procure - anche se non arriva la querela della vittima. Lo stesso discorso vale per l’aggravante di finalità di terrorismo o di eversione. Il secondo intervento - che, come il precedente, segue la scia proposta da Gian Luigi Gatta, consigliere dell’ex ministra, anche su HuffPost - riguarda l’arresto in flagranza. La legge Cartabia, infatti, prevedeva che un ladro non avrebbe potuto essere arrestato se la persona cui era stata rubata, ad esempio, l’auto non fosse stata presente al momento del furto, o reperibile. Con la nuova proposta firmata Nordio, la vittima avrà 48 ore di tempo per fare la querela. “In una settimana aperta dallo storico arresto del più pericoloso mafioso ancora latitante, il governo propone al Parlamento, con procedura d’urgenza, di innalzare il livello di contrasto alla criminalità più pericolosa”. Quello che la presidente del Consiglio non dice è che queste modifiche erano già state pensate da via Arenula prima dell’arresto di Matteo Messina Denaro.

Riforma Cartabia a parte, quel che viene dimenticato in questo dibattito che accende le opposizioni e, sottotraccia, divide la maggioranza, è che mentre ci si accapiglia sulle intercettazioni che i pm usano per cercare le prove di un reato di cui - come vuole il codice di procedura penale - già si ipotizza l’esistenza, con la manovra finanziaria sono state allargate le maglie di un altro tipo di intercettazioni. Quelle, cioè, definite preventive (e segrete). Si tratta di una tipologia di intercettazioni che dal 2005 può essere effettuata dai servizi segreti, quando ritenuta indispensabile per l’attività di intelligence. Per il Guardasigilli questo strumento è da considerarsi più sicuro rispetto alle intercettazioni che si fanno durante le indagini preliminari. Il motivo? Perché le intercettazioni degli 007 non possono essere utilizzate nei procedimenti penali e, almeno questa è la regola, restano riservate. Si tratta, però, di un’attività considerata problematica dagli esperti, perché avviene non all’interno di un’indagine della procura che già ha indizi di reato, ma sulla base di mere informazioni. Non informazioni qualunque, certo, perché la legge chiede che i servizi debbano avere “elementi informativi specifici e concreti” che “rendano assolutamente indispensabile l’attività di prevenzione”. Per quanti paletti ci possano essere, però, un’intercettazione di questo genere è un atto molto invasivo. Che - in ragione della riservatezza - non prevede garanzie a tutela degli intercettati. E, quindi, si presta - almeno in astratto - ad abusi.

Per legge è il presidente del Consiglio che può delegare i direttori del Sisde a intraprendere questa intercettazioni preventive. L’attività deve essere autorizzata da un unico magistrato: il procuratore generale di Roma. La finanziaria ha previsto che le spese fatte per queste intercettazioni non ricadano sotto il ministero di via Arenula, ma siano a carico del Mef. Un modo, questo, per separare i piani e per escludere il comparto giustizia dal dossier. Nel presente, come nel futuro: “L’obiettivo è preservare il più possibile la riservatezza”, ci racconta chi ha studiato con attenzione il tema. Sul punto, però, le interpretazioni non vanno tutte nello stesso senso. Perché resta il fatto che i servizi segreti possono intercettare chiunque - per fini di sicurezza nazionale, naturalmente - con pochi controlli.

Come ha fatto notare su Linkiesta Cataldo Intrieri, è singolare che si intervenga su un tema delicato come questo infilando un emendamento in manovra. E che sulla questione non ci sia stata alcuna discussione pubblica. Il dibattito, infatti, è stato limitato alle rimostranze - senza esito - delle opposizioni. La vicenda non è di poco conto, perché le modifiche non riguardano solo il ministero che si occupa delle spese. Intanto, si esplicita come praticamente possono essere attuate queste attività. I servizi, si specifica, possono chiedere “l’intercettazione di comunicazioni o conversazioni, anche per via telematica, nonché l’intercettazione di comunicazioni o conversazioni tra presenti, anche se queste avvengono nei luoghi indicati dall’art. 614 c.p.”. Cosa vuol dire? Vuol dire che per mettere, ad esempio, che si possono mettere le cimici a casa di una persona che non è neanche indagata. Secondo Wanda Nocerino, esperta della materia che ha scritto un lungo articolo sul sito Sistema penale, questa non è una grossa novità, perché anche questa previsione - sebbene meno chiara - era già presente nella versione precedente della legge, anche se non era esplicitato perché si rinviava a un altro articolo. Andando a leggere, però, l’articolo cui si rinviava, si nota che è scomparso il riferimento alla “necessità” e il rinvio ad alcune norme precise del codice di procedura penale, ma è stata usata una formula più ampia. Che, di fatto, sgancia del tutto queste intercettazioni dalle regole di procedura penale e potrebbe rendere più frequente l’uso di uno strumento così problematico, in tema di diritto (costituzionale) alla segretezza delle comunicazioni. Quello che si dice, con questo nuovo articolo, è che si possono intercettare le chiamate, le chat, le conversazioni in presenza, quando è indispensabile, genericamente, per l’attività di intelligence.

Con la manovra, inoltre, si allungano i tempi di deposito da parte dei servizi del materiale intercettato. Il verbale, e il materiale in generale, deve essere portato in procura non più entro 5 giorni dalla fine delle operazioni, o 10 nei casi più particolari, ma dopo 30 giorni. Che, però, possono diventare anche sei mesi, se si chiede una proroga. Il procuratore ha l’obbligo di far distruggere il contenuto delle intercettazioni immediatamente. Può, però, aspettare dai sei mesi ai due anni per far distruggere le altre tracce di questa attività: come, ad esempio, gli atti che sono venuti prima dell’autorizzazione ad intercettare e che sono negli uffici della procura. I segni di queste operazioni poco garantite - e anche più diffuse di quanto possiamo immaginare, a detta di chi ha studiato a fondo la materia - insomma restano nelle segrete stanze della procura generale per un bel po’. La ragion di Stato prevale sui diritti degli ignari intercettati. E si espande oltre il confine precedentemente tracciato. Il fatto che queste attività dell’intelligence - per quanto necessarie - non possano essere poi trasportate in un procedimento penale, né indirizzare le indagini, né, di conseguenza, finire sui giornali, non le rende meno problematiche. Ma questo al governo non sembra interessare.