sito

storico

Archivio storico

                   5permille

   

di Barbara Stefanelli

Corriere della Sera, 5 gennaio 2024

La causa del New York Times contro OpenAi e Microsoft avrà conseguenze per il futuro dei media. E non solo. La parola dell’anno che si è appena chiuso è stata “intelligenza-artificiale”, perché nessun sintagma racchiude con più efficacia quel combinato di speranza e timore/terrore con cui guardiamo al nostro futuro, prossimo e remoto. Non a caso uno degli ultimi atti del 2023 - significativi per noi tutti, giornalisti e lettori - è stata la causa aperta dal New York Times contro OpenAi e Microsoft dopo mesi di trattative che avevano l’obiettivo di raggiungere un punto d’equilibrio quanto all’utilizzo delle informazioni del quotidiano americano negli ingranaggi dei programmi generativi (ChatGpt e Gpt-4) delle due corporation. Quel confine tra mondi diversi non è stato individuato e lo strappo, che passerà presto negli spazi fisici di un tribunale di Manhattan, avrà conseguenze per il futuro dei media. E non solo.

Che cosa sostiene il Nyt ? Sostiene che il giornalismo di qualità, leva tuttora irrinunciabile per il funzionamento delle democrazie liberali, è destinato a scivolare rapidamente in uno spazio rischioso per la propria sopravvivenza se i contenuti originali di cui rivendica fonti & proprietà vengono ingeriti e triturati dai chat, shakerati e ricomposti, infine offerti sul mercato a basso prezzo in risposta alle richieste del pubblico.

È una questione di accuratezza, di fake news o di news approssimative destinate a inquinare la comprensione delle notizie: si parla di “allucinazioni”, cioè risposte fantasiose - se non completamente errate - pubblicate sulle piattaforme citando articoli, immagini e video firmati New York Times ma senza mai offrire un link di riferimento come avviene quando attiviamo un motore di ricerca. Ed è, nello stesso tempo, un problema di modelli di sostentamento: le informazioni aspirate dal web e immesse nei circuiti “staccate” dagli oneri di produzione (il lavoro degli inviati e delle redazioni, per semplificare) bruciano la concorrenza e spingono le testate “tradizionali” (che avevano però imparato a traghettarsi attraverso l’universo digitale) sull’orlo del fallimento. Editoriale, perché la qualità non fa più la differenza. Economico, perché il traffico si sposta altrove intaccando la tenuta degli abbonamenti.

I costi sono dunque incrociati: nella citazione in giudizio di OpenAi e di Microsoft, vengono indicati “miliardi di dollari in danni statuari e reali” per l’impresa Nyt e - soprattutto - una perdita “enorme” per la società intera. Lo smembramento del giornalismo indipendente: sicuramente imperfetto ma costituzionalmente votato ad avvicinarsi il più possibile all’obiettività dei fatti e impegnato con le opinioni ad accelerare i cambiamenti. Per questo il nodo del copyright, il diritto d’autore declinato ai tempi accelerati dell’intelligenza artificiale, sarà così determinante. Le cause ormai si sommano le une alle altre. Ci sono quelle di scrittori come Franzen e Grisham, quella intentata dall’agenzia fotografica Getty, le prime avanzate da personaggi dello spettacolo. Anni di sfide legali ci attendono. E ci riguardano, direttamente.

L’obiettivo resta quel punto di incontro e di equilibrio, sinora fallito. Perché sarà insensato (e impossibile) fermare lo sviluppo tecnologico dell’AI. Ma sarebbe catastrofico abbandonarci alle ondate di falsità e furia generate dalla disinformazione.