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di Giovanni Negri

Il Sole 24 Ore, 9 luglio 2023

Per la prima volta il Governo fornisce i dati sugli ascolti con virus informatico (solo il 3% del totale). Dal Senato il confronto con gli altri Paesi attesta la centralità dello strumento investigativo. Un numero irrisorio e comunque indirizzate in larga parte contro la criminalità organizzata. Le intercettazioni attraverso i trojan, uno dei punti più indiziati di drastico cambiamento nella prospettiva della riforma più volte annunciata per l’autunno dal ministero della Giustizia Carlo Nordio, rappresentano una quota assolutamente residuale nel complesso delle operazioni di ascolto.

A renderlo evidente è lo stesso ministero che, per la prima volta, con dati del 2021, corrobora con i numeri un punto tra i più controversi. E così, se il totale delle intercettazioni del 2021 totalizza 94.886 “bersagli” (il che non equivale ad altrettanti indagati, visto il più che probabile possesso di più di un’utenza da parte della medesima persona) quelle effettuate con l’ormai proverbiale virus informatico sono 2.896. Di più lo spaccato del ministero distingue anche sulla base dell’autorità inquirente, permettendo così di verificare che più della metà delle operazioni attraverso trojan (1.515) sono disposte dalle Direzioni distrettuali antimafia nel contesto di attività d’indagine contro la criminalità organizzata.

Le altre 1.319 (le 2 che mancano al conto sono ascritte alla Procura dei minori e alla Procura generale) sono in quota Procura “ordinaria”. Dove, se lo stesso Nordio ha più volte sostenuto di non volere incrinare la capacità di risposta dello Stato rispetto ai più gravi fenomeni criminali, allora i dati sembrerebbero consigliare la massima prudenza rispetto a un intervento indirizzato, come sostenuto da esponenti della maggioranza, ad “asciugare” le tipologie di reati per i quali il captatore informatico è autorizzato. Pensare, per esempio, a un intervento che stralciasse la categoria dei reati contro la pubblica amministrazione, rischierebbe, in maniera pressoché certa, di rendere incandescente il confronto con la Commissione europea che, solo pochi giorni fa, ha espresso preoccupazioni per la cancellazione dell’abuso d’ufficio.

E la commissione Giustizia del Senato, presieduta da Giulia Bongiorno, presso la quale inizierà a breve l’esame del disegno di legge con le prime misure sulle intercettazioni, indirizzate a limitarne la possibilità di divulgazione, sta stendendo la relazione dopo un ampio giro di audizioni che ha investito non solo magistrati e avvocati, ma anche tecnici addetti alle operazioni. E dai pubblici ministeri è emersa con evidenza la necessità che il Governo pensi semmai a strumenti in grado di confrontarsi con quelli più sofisticati già ampiamente utilizzati dalle organizzazioni criminali. Esemplare in questo senso la vicenda dei criptofonini sui quali la Germania si sta già attrezzando.

E proprio in chiave comparatistica da una significativa ricerca dell’Ufficio studi del Senato di pochi mesi fa (31 i Paesi le cui legislazioni sono state esaminate), destinata a costituire un punto di riferimento nella materia, risalta, in generale, come le intercettazioni, ovunque, sono considerate e disciplinate come strumento indispensabile dell’attività investigativa. Negli Stati unite, per esempio, nel lungo elenco di reati in relazione ai quali si possono disporre intercettazioni sono compresi, fra gli altri, l’omicidio, la rapina, l’estorsione, il traffico di stupefacenti, la sottrazione di persona, le molestie ai minori, la cospirazione contro la sicurezza nazionale e, in generale, i reati punibili con la pena capitale o con pene detentive superiori ad un anno (U.S. Code, Titolo 18, sezione 2516).

Di più. Le situazioni di emergenza in cui si possono effettuare intercettazioni giudiziarie senza attendere formale autorizzazione sono: pericoli immediati di morte o di lesioni gravi per una o più persone, attività cospiratorie che minaccino la sicurezza nazionale e attività cospiratorie tipiche della criminalità organizzata (U.S. Code, Titolo 18, sezione 2518, paragrafo 7). In queste ipotesi emergenziali la polizia può intercettare di sua iniziativa, ma deve nel frattempo preparare una richiesta di autorizzazione da sottoporre al giudice competente entro quarantotto ore dall’inizio delle intercettazioni. In Francia il potere di ordinare le intercettazioni è attribuito esclusivamente al giudice istruttore sotto la sua autorità e controllo, solo in materia di delitti per i quali sia prevista una pena detentiva non inferiore a tre anni e quando sono ritenute necessarie allo svolgimento delle indagini. La decisione, che deve essere espressa per iscritto, non ha natura giurisdizionale, di conseguenza non deve essere motivata e non è suscettibile di ricorso.