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di Simona Musco

Il Dubbio, 22 settembre 2023

I forzisti cedono sulla retroattività, ma ottengono il sì ad altre modifiche. Opposizioni all’attacco, il M5S: “Giustizia classista che salva i colletti bianchi e penalizza il diritto alla difesa”.

Piegarsi ai diktat? Sì, ma portando a casa il risultato. Lo scontro interno alla maggioranza, destinato a deflagrare, si chiude - per il momento - con il passo indietro di Forza Italia sulla retroattività, con l’accantonamento, mercoledì sera, degli emendamenti sul decreto che estende l’utilizzo delle intercettazioni.

Ma nel tabellone dei risultati gli azzurri possono segnare in positivo l’approvazione di ben cinque altre proposte sulle intercettazioni, nonché la promessa di una riforma più ampia sull’utilizzo dei trojan. I deputati di FI ieri, sono infatti tornati alla carica, con la riscrittura delle proposte stralciate il giorno prima e la loro approvazione nelle commissioni Affari costituzionali e Giustizia della Camera, dove si è concluso il voto sugli emendanti al decreto Omnibus sulla giustizia. Il cedimento sulla retroattività, invece, è stato digerito grazie all’impegno, garantito dal ministro della Giustizia Carlo Nordio, di presentare, a stretto giro, una proposta che rielabora l’utilizzo delle intercettazioni e dei mezzi di captazione come i trojan, in un modo adeguato. Che le cose siano andate così lo conferma, di fatto, il capogruppo di FI alla Camera, Paolo Barelli: “Abbiamo aderito a espungere alcuni emendamenti potenzialmente individuabili come intralcio a una riforma più complessa, che il ministro Nordio ha dichiarato di voler presentare a breve in Parlamento - ha detto -. Quando riteniamo che sia corretto e possibile fare un passo indietro lo facciamo, ma siamo saldi sui nostri principi, a partire da un garantismo che sia utile a combattere l’illegalità”.

C’è insomma una certa aria di soddisfazione, tra gli azzurri. “Non ci siamo affatto piegati”, fa sapere una fonte forzista, che rivendica la scelta “strategica” di calmare le acque, anche dopo la mossa di Pier Antonio Zanettin in commissione Giustizia al Senato, dove, nell’ambito del via libera alla relazione relativa all’indagine conoscitiva sulle intercettazioni, ha chiesto e ottenuto un “supplemento di riflessione” proprio sull’uso dei trojan nei reati contro la Pa. Una relazione con la quale la presidente Giulia Buongiorno punta a indicare la strada al governo, ribadendo l’irrinunciabilità delle intercettazioni, fondamentali nella lotta alla mafia, nel tentativo di arginare le incursioni di FI.

Ma come detto, alla Camera, i berlusconiani sono riusciti a ottenere, al netto del passo indietro sul nodo retroattività, una significativa correzione in senso garantista sulle intercettazioni. Così, con la riformulazione del governo degli emendamenti di Tommaso Calderone, capogruppo di FI in commissione Giustizia, si punta innanzitutto a far trascrivere, anche sommariamente, “soltanto il contenuto delle comunicazioni intercettate rilevante per le indagini, anche a favore della persona sottoposta ad indagine”, mente i contenuti non rilevanti ai fini delle indagini “non sono trascritti neppure sommariamente e nessuna menzione ne viene riportata nei verbali e nelle annotazioni della polizia giudiziaria, con l’espressa dicitura che la conversazione omessa non è utile alle indagini”.

Viene introdotto il divieto di trascrivere conversazioni personali, che non abbiano alcuna attinenza col processo. Approvata anche la limitazione delle intercettazioni “a strascico” ai reati più gravi come mafia e terrorismo, per i quali è previsto l’arresto in flagranza, lasciando fuori quelli contro la pubblica amministrazione per i quali è prevista una pena non inferiore nel massimo a cinque anni. E ancora, Forza Italia ha ottenuto il sì dell’intera maggioranza anche sull’emendamento che mette al bando le ordinanze “copia e incolla” dei gip, i quali, spiega Calderone, “dovranno motivare il via libera alle intercettazioni in modo autonomo rispetto alle motivazioni contenute nella richiesta della Procura”. Sono modifiche che, spiega il capogruppo Giustizia degli azzurri, “forse non realizzano da sole una rivoluzione copernicana, ma rappresentano un primo passo. È un risultato per il quale ringrazio il viceministro della Giustizia Francesco Paolo Sisto e, tra i diversi colleghi, l’onorevole Annarita Patriarca”.

Il Dl Giustizia arriverà a Montecitorio martedì e, a quanto pare, il governo è orientato a porre la questione di fiducia. Tra le proposte “garantiste” passa anche un emendamento a firma Enrico Costa (Azione), in base al quale il pm dovrà indicare per iscritto quanto ha speso per ogni intercettazione. “Nel foglio delle notizie” che deve redigere il pm, si legge nella proposta, “deve essere specificamente annotato l’importo delle spese relative alle intercettazioni”. Nel 2023, ha evidenziato Costa, “il costo delle intercettazioni ammonterà a 213 milioni di euro. Un’enormità. Oltre 120mila bersagli intercettati all’anno. Ogni intercettato ha in media tra telefonate e messaggi 26 contatti al giorno. E le captazioni durano in media 50 giorni. Il conto è presto fatto: oltre 150 milioni di conversazioni intercettate ogni anno. È giusto, inchiesta per inchiesta, sapere quanto si è speso e quante intercettazioni sono state effettuate”.

Insomma, in maggioranza tutti possono dirsi vincitori, compresa Giorgia Meloni, che ha esaudito le richieste di Giovanni Melillo, capo della Dna, e dei procuratori antimafia. Ma dagli scranni dell’opposizione parte l’attacco, con deputati e senatori del M5S convinti che non si tratti di garantismo, ma di un salva-colletti bianchi. “Quelli del centrodestra sono classisti presi solo dalla foga di intralciare i processi - affermano Stefania Ascari, Anna Bilotti, Federico Cafiero de Raho, Valentina D’Orso, Carla Giuliano, Ada Lopreiato e Roberto Scarpinato -. Sono talmente interessati solo a occultare, che arrivano persino a calpestare i diritti della difesa e quindi degli indagati”. Ridurre le trascrizioni, secondo i grillini, rappresenta infatti “un grave vulnus proprio per la difesa”, dal momento che “gli avvocati non hanno diritto a ottenere copia delle intercettazioni ritenute non rilevanti”, unica “bussola per orientarsi nel mare magnum di elementi disponibili e individuare possibili conversazioni utili per il loro lavoro difensivo. In questo modo si assegna un potere esclusivo alle forze di polizia e al pm”. È un’obiezione a cui Calderone replica che “già ora la polizia ha un potere assoluto”.

D’altra parte i 5S attaccano, più che sul diritto di difesa, sul presunto salvacondotto che gli emendamenti azzurri garantirebbero ai “comitati d’affari che lucrano con la corruzione”. E vanno all’offensiva anche i deputati del Pd, che hanno chiesto, senza ottenere risposta, se la nuova norma si applica solamente ai procedimenti in corso per le intercettazioni non ancora disposte, determinando l’inutilizzabilità di quelle già autorizzate, “con evidenti e gravi ricadute sui procedimenti in corso”, hanno evidenziato Federico Gianassi, capogruppo in Commissione Giustizia, e la deputata Debora Serracchiani.

Il decreto, dunque, rischierebbe di essere un “clamoroso boomerang”, hanno affermato, in quanto la norma così formulata stabilisce, di fatto, “che tutte le intercettazioni disposte nei procedimenti in corso prima dell’entrata in vigore del decreto non sono utilizzabili. E non basta aver previsto che la nuova legge si applichi anche ai procedimenti in corso, perché se con ciò si intendesse che si applica anche alle intercettazioni già disposte prima dell’entrata in vigore vi sarebbe un conflitto di costituzionalità”.