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Intercettazioni, l’indagine del Senato “denuncia” pesca a strascico e abusi sui difensori

di Valentina Stella

Il Dubbio, 15 settembre 2023

È la conclusione generale che si legge nella relazione messa a punto dalla commissione di Palazzo Madama al termine dell’indagine conoscitiva sugli “ascolti”. “Le criticità riscontrate devono condurre a una riforma che, muovendo dal presupposto della irrinunciabilità delle intercettazioni quale indispensabile mezzo di ricerca della prova, persegua l’obiettivo di elidere il rischio di abusi e compressioni delle libertà fondamentali in violazione del principio di proporzionalità”. È la conclusione generale che si legge nella relazione messa a punto dalla commissione Giustizia del Senato al termine dell’indagine conoscitiva sugli “ascolti”. Il testo, firmato dalla presidente leghista Giulia Bongiorno e dai relatori Pierantonio Zanettin (FI) e Giovanni Berrino (FdI) ora dovrà essere oggetto di confronto fra i partiti. Ecco le parti essenziali di quella che sembra concepita come una premessa per la futura riforma.

“La spiccata efficacia “intrusiva” di questa modalità di ricerca della prova rende necessario prevedere rimedi al rischio di alterazione”. Come aveva rilevato il Garante per la Protezione dei dati personali, “ai fini della corretta ricostruzione probatoria, della garanzia del diritto di difesa come anche della privacy è, infatti, indispensabile disporre di software idonei a ricostruire, nel dettaglio, ogni attività svolta sul sistema ospite e sui dati ivi presenti, senza alterarne il contenuto, corrispondentemente valorizzando l’esigenza di una verbalizzazione analitica delle operazioni compiute”. Si tratta, nello specifico, di istituire una specifica blockchain per i captatori informatici. Tale meccanismo si rende particolarmente utile in considerazione dell’alto tasso di esternalizzazione delle operazioni di captazione.

“L’inviolabilità delle comunicazioni fra difensore e assistito rappresenta un elemento essenziale del diritto di difesa”, dunque, sancisce la relazione, visto che il dritto di difesa è assicurato da numerose disposizioni costituzionali, è necessaria una “chiara riaffermazione - auspicata da numerosi auditi - del divieto assoluto di intercettazione e, comunque, di ascolto delle comunicazioni tra difensore e assistito”. Tale divieto, per poter essere efficace, “deve essere accompagnato necessariamente dal rafforzamento della sanzione processuale di inutilizzabilità, con l’obbligo di distruzione dell’intercettazione eventualmente realizzata”. Inoltre è stato registrato che uno dei vulnus al diritto di difesa della persona accusata di un reato riguarda “l’accessibilità agli audio delle conversazioni o comunicazioni registrate attraverso le intercettazioni”.

I difensori possono estrarre copia delle sole intercettazioni ritenute rilevanti dal pm. “Tra le soluzioni prospettate per assicurare la pienezza dell’esercizio del diritto di difesa, attraverso l’accessibilità a tutto il materiale, è stata rappresentata la remotizzazione del contenuto dell’Adi (l’archivio digitale, ndr) oppure la creazione di un’udienza predibattimentale ad hoc in camera di consiglio in cui eseguire la selezione delle conversazioni rilevanti, in modo da assicurare che la gestione dell’archivio per le fasi successive sia affidata al giudice e riservare ad entrambe le parti - pubblico ministero e difesa - il medesimo trattamento”.

Secondo quanto emerso dalle audizioni “il necessario collegamento della durata delle intercettazioni con il termine delle indagini preliminari, alla cui proroga peraltro la riforma Cartabia ha posto delle limitazioni, potrebbe non costituire un presidio adeguato alla effettiva proporzionalità di questo mezzo di ricerca della prova. La soluzione potrebbe essere quella che il pm, di fronte a nuovi indizi relativi ad altro reato o ad altro indagato, debba procedere a una nuova iscrizione, a un nuovo procedimento o a una nuova richiesta di autorizzazione; mentre, ove si tratti di reati collegati, che non richiedono una nuova iscrizione, il termine dovrebbe decorrere dalla prima iscrizione”.

Nella relazione si esprime una sostanziale contrarietà al sistema delle cosiddette “intercettazioni a strascico”. “In materia di circolazione dei risultati delle intercettazioni autorizzate in un determinato procedimento, nel 2020 si è registrato un importante intervento delle Sezioni unite della Cassazione con la cosiddetta sentenza Cavallo, che ha chiarito l’ambito di applicazione della deroga al divieto di utilizzabilità del contenuto delle intercettazioni autorizzate in un altro procedimento”. Il Giudice di legittimità, si aggiunge, aveva “definito il concetto di “procedimento diverso”, circoscrivendo l’utilizzabilità ai risultati delle intercettazioni disposte per un ‘ reato connesso’“.

In questo modo la Cassazione aveva “individuato il perimetro dell’articolo 270 cpp” (che è la norma secondo la quale “i risultati delle intercettazioni non possono essere utilizzati in procedimenti diversi da quelli nei quali sono stati disposti, salvo che risultino indispensabili per l’accertamento di delitti per i quali è obbligatorio l’arresto in flagranza”, ndr). Si voleva insomma che ci fosse “un rapporto di continuazione tra i reati determinato dalla riconducibilità nel medesimo disegno criminoso”. Ma poi “questa logica - si osserva ancora nella bozza - non sembra essere stata condivisa dal legislatore” che, con il Dl 30/ 11/ 2019, ha superato il concetto della connessione dei reati “riespandendo il perimetro” di azione per gli “ascolti”. “La Commissione ritiene dunque necessario riguardare la materia alla luce dei principi espressi dalle Sezioni Unite, valorizzando l’ottica del contemperamento tra interessi costituzionali tendenzialmente contrapposti”.