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di Giovanni Negri

Il Sole 24 Ore, 12 agosto 2023

Dl giustizia. Stanziati 150 milioni in tre anni per favorire il passaggio dalle 140 strutture attuali in ogni singola procura a quattro, garantendo riservatezza e segreto investigativo.

Da 140 a quattro. Il decreto legge in vigore da ieri, il n. 105 del 2023, interviene in maniera assai significativa sulle intercettazioni. E lo fa sia estendendo l’area delle intercettazioni per mafia a quei reati che di mafioso hanno il metodo più che la contestazione del vincolo associativo e per rivedere drasticamente l’infrastruttura tecnologica che sorregge le operazioni di ascolto.

Un intervento necessario assicurare maggiore incisività e uniforme applicazione degli standard di sicurezza e protezione che devono assistere l’archiviazione dei risultati delle intercettazioni. A sollecitare le misure è da tempo la stessa Direzione nazionale antimafia, ha sottolineato il ministro della Giustizia Carlo Nordio. E il procuratore nazionale antimafia Giovanni Melillo, durante una recente audizione in Parlamento, aveva espresso note di preoccupazione perché “è del tutto evidente, infatti, che 1.4o sale server, per di più gestite secondo modelli differenziati, offrivano e tuttora offrono garanzie solo apparenti ai temi della sicurezza, essendo costituite da macchine e algoritmi gestiti da privati, la conoscenza e l’uso dei quali avviene soltanto attraverso la mediazione dell’impresa privata”.

Un intervento magari di scarso appeal e tuttavia cruciale per il rispetto delle esigenze di privacy che, nel caso, vanno a braccetto con quelle della segretezza delle investigazioni: “il consolidamento delle infrastrutture - ricordava il Procuratore antimafia - è un passaggio essenziale e una scelta non più eludibile o rinviabile, sulla quale da tempo convergono le sensibilità maturate fra le procure distrettuali. Da questo passaggio, apparentemente pratico, dipende invece l’equilibrio complessivo del sistema e nessuna scelta normativa, anche oggi, potrebbe vantare credibilità prescindendo dalla sua realizzazione”.

Lo stesso archivio delle intercettazioni inutilizzabili o irrilevanti, tra i punti principali della riforma Orlando in vigore dal settembre 2020, pur efficace, presenta “criticità: di capienza, per insufficienza delle architetture di storage, di sicurezza, per la perdurante assenza di sistemi di monitoraggio degli accessi, delle operazioni e degli interventi sui server delle imprese fornitrici dei servizi”. Ora il decreto legge declina una marcia di avvicinamento alla istituzione di infrastrutture digitali (Nordio ha affermato che saranno quattro) trasversali ai vari distretti giudiziari al posto dei singoli archivi digitali collocati presso ogni singola Procura.

Un decreto del ministero della Giustizia da emanare entro il i° marzo 2024 dovrà individuare le sedi, mentre un altro provvedimento, da adottare entro i primi giorni di ottobre dovrà identificare i requisiti tecnico informatici delle nuove strutture e entro l’inizio di novembre le caratteristiche tecniche per la gestione dei dati e la disciplina sul collegamento telematico in modo tale da assicurare autenticità, integrità e riservatezza dei dati.

Da un punto di vista gestionale si procederà alla migrazione dei dati conservati dalle singole procure sotto il coordinamento del ministero della Giustizia. Restano comunque in carico al Ministero stesso le attività di allestimento e manutenzione delle infrastrutture digitali di cui sopra, segnalando comunque l’impossibilità di accesso ai dati coperti da segreto istruttorio.

Ma la data chiave è quella del 28 febbraio 2025, perché tutte le intercettazioni effettuate nei procedimenti iscritti da quel momento dovranno essere effettuate attraverso le neocostituite infrastrutture digitali. Un cambiamento importante che, ha più volte tenuto a rassicurare Nordio, non cambia la considerazione delle singole Procure come luoghi di ascolto e i compiti di direzione, organizzazione e sorveglianza sulle attività di intercettazione da parte dei procuratori.