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di Sergio Lorusso

Gazzetta del Mezzogiorno, 9 dicembre 2022

È possibile affrontare con un approccio scevro da condizionamenti politici e da logiche di schieramento i temi richiamati dal ministro Nordio? Può sembrare paradossale che un ex magistrato, per anni a capo di un’importante Procura, snoccioli nelle sue linee programmatiche - presentate in Parlamento in qualità di ministro della Giustizia - una serie di modifiche radicali all’attuale assetto (anche ordinamentale) del processo penale che investono proprio l’organo dell’accusa: dalle intercettazioni all’obbligatorietà dell’azione penale, per finire alla separazione delle carriere giudicanti e requirenti.

Tuttavia, chi conosce la storia di Carlo Nordio sa che non è così, essendo da sempre la toga trevigiana un pubblico ministero “atipico”, un magistrato spesso “contro” i suoi stessi colleghi.

Più in particolare, schierato contro le distorsioni legate all’uso non sempre corretto di taluni strumenti investigativi e alla deleteria influenza della politica su alcuni settori della magistratura e sulle relative rappresentanze istituzionali, a partire dal CSM (investito, come sappiamo, da scandali che ne hanno profondamente delegittimato l’immagine). Prevedibile e inevitabile - allora - la reazione dell’ANM, che per bocca del suo presidente Giuseppe Santalucia ha bollato come “vago e ingeneroso” il guardasigilli per quanto detto a proposito dell’uso concreto delle intercettazioni, paventando un colpo alla democrazia derivante dallo “stravolgimento” della Costituzione che l’attuazione delle altre riforme annunciate imporrebbe.

È possibile affrontare con un approccio scevro da condizionamenti politici e da logiche di schieramento i temi richiamati dal ministro?

L’arte di ascoltare è considerata il secondo mestiere più antico del mondo, ma con meno principi morali del primo (P. Szendy, Intercettare, 2008): esiste un vero e proprio piacere nell’attività dello spiare, nell’entrare nelle vite degli altri per carpirne i segreti (M. Filoni, Fenomenologia dello spione, 2008). Un’autentica pulsione primaria dell’uomo, come tale ineliminabile. Tutto ciò, trasfuso in ambito giudiziario, comporta innegabili vantaggi - specie in indagini relative a fenomeni criminali complessi - ma anche possibili derive. È di queste ultime che si occupa Nordio, proponendo di intervenire di fronte ad un “uso eccessivo e strumentale” delle captazioni ed alla “diffusione talvolta selezionata e pilotata” dei contenuti, con effetti non di rado devastanti per la sfera personale e lavorativa degli interessati (non sempre peraltro coinvolti in un procedimento penale).

Insomma, non si tratta di delegittimare le intercettazioni - il cui uso, evidentemente, nessuno potrebbe mettere in discussione, tanto più oggi che l’evoluzione tecnologica ne ha accresciuto in maniera esponenziale le potenzialità e, dunque, l’efficacia investigativa - ma di contrastarne l’uso distorto, che le trasforma talvolta, come ha affermato il guardasigilli, in uno “strumento micidiale di delegittimazione personale e spesso politica”, oscurando l’inviolabilità della libertà e della segretezza di ogni forma di comunicazione sancita dall’art. 15 della Costituzione.

Che la questione sia scottante lo dimostrano i reiterati interventi del legislatore sulla disciplina processuale delle intercettazioni nel corso degli anni, con l’intento - assai arduo - di conciliare esigenze investigative, riservatezza e diritto di cronaca. Esigenze agli antipodi, certo, ma la cui frizione diventa evidente quando non vengono rispettate le regole del gioco. Quando, cioè, il contenuto delle conversazioni e delle comunicazioni captate viene inopinatamente diffuso pur essendo coperto da segreto o, addirittura, estraneo alla vicenda giudiziaria per la quale l’intercettazione è stata disposta, alimentando un gossip giudiziario che soddisfa quella pulsione primaria di cui prima si diceva rispetto alle vicende private di personaggi pubblici, danneggiando spesso irrimediabilmente quest’ultimi anche quando magari, a distanza di anni, escono indenni dal processo.

È questo il senso - al di là di ogni strumentalizzazione - delle dichiarazioni di Nordio quando promette di vigilare “in modo rigoroso su ogni diffusione che sia arbitraria e impropria” o ispezioni immediate e rigorose ogniqualvolta vi sarà una violazione del segreto investigativo con la diffusione dei contenuti delle intercettazioni.

Restituire, insomma, lo strumento delle intercettazioni alla sua funzione naturale, tutelando i potenziali destinatari - specie ora che il progresso tecnologico consente di monitorare l’esistenza di ciascuno nelle sue varie espressioni - da invasioni indebite e nocive della sfera individuale.