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di Paola Rossi

Il Sole 24 Ore, 10 marzo 2023

La data di applicazione del nuovo regime non si riferisce dunque al momento di adozione del decreto autorizzatorio. L’utilizzo delle intercettazioni disposte in altro precedente procedimento è ammesso se ai fini dell’attività investigativa su determinati reati risulta assolutamente necessario. Quindi solo se il contenuto è indispensabile per l’accertamento dei reati elencati al comma 2 bis dell’articolo 266 del Codice di procedura penale. Ciò ha disposto un ampliamento della deroga al divieto di utilizzabilità prima ammesso solo per i reati che prevedono l’arresto in flagranza. Ma tale ampliamento è applicabile solo ai procedimenti iscritti dopo la data del 31 agosto 2020. Su tale punto va sottolineato che con la nuova disciplina non ha più rilevanza la data del decreto che dispone le intercettazioni. Quindi anche in caso il decreto sia successivo alla data di efficacia della nuova disciplina stabilita dalla legge 7/2020 ciò che rileva è la data di iscrizione del procedimento che se antecedente impedisce di utilizzare le intercettazioni disposte in altro procedimento anche a fini investigativi.

La Cassazione, con la sentenza n. 9846/2023, ha di fatto compiuto un utile excursus sul regime applicabile ratione temporis e quali fossero i presupposti in cui non agisce il divieto di utilizzo di captazioni in procedimento diverso.

Nel caso concreto l’utilizzo delle intercettazioni a qualsiasi data autorizzate non era ammesso in quanto il procedimento per cui erano disposte era stato iscritto prima del 31 agosto 2020.

Dunque in base alla disciplina previgente sarebbe stato legittimo l’utilizzo in altro procedimento solo se connesso a quello per cui vi era stata autorizzazione. La connessione di cui trattasi non è quella rigidamente procedimentale bensì quella sostanziale cioè la regiudicanda doveva essere fondata sui medesimi fatti. Il procedimento connesso è comunque quello che riguarda una diversa condotta da quella oggetto del procedimento originario, ma rientrante nel medesimo disegno criminoso.

Il reato di corruzione era emerso dalle intercettazioni relative ad altre persone cui venivano contestati comportamenti di frode nelle pubbliche forniture. In tal caso la Cassazione trova carente il ragionamento dei giudici che avevano ammesso le captazioni precedentemente realizzate nel processo per corruzione. In particolare manca l’argomentazione sulla connessione tra i due processi e quindi che entrambi i reati erano stati realizzati nell’ambito del medesimo disegno criminoso.