sito

storico

Archivio storico

                   5permille

   

di Francesca Sabella

Il Riformista, 12 maggio 2022

Quando pensiamo alle carceri, pensiamo inevitabilmente a grandi contenitori che tengono il “male” lontano da noi e dalle nostre case. Carcere è sinonimo di sicurezza: entra chi ha sbagliato, si getta la chiave e amen. Si getta, insieme con la chiave, gran parte dei diritti dell’uomo, di un’idea di società che riabilita e include nuovamente chi ha sbagliato, si getta anche l’idea di un’istituzione che deve rieducare e non punire.

Tutti sappiamo benissimo cosa sono le carceri oggi: sono l’inferno in terra. Quando parliamo di carceri meno affollate, più dignitose, più umane parliamo di un’illusione. È un’illusione riformista quella di voler umanizzare l’inumano. Non abbiamo centrato il punto del discorso, ci giriamo intorno: il punto non è migliorare le carceri, il punto è che vanno abolite. Perché sono una fucina di male che genera male. È questo il punto.

Eppure, ancora oggi c’è chi sostiene, in nome del sovraffollamento dei penitenziari, di dover aprire carceri dismessi ormai da tempo. La politica lo dice oggi che è morto un detenuto in circostanze ancora da chiarire. “I dati presentati dal garante dei detenuti della Regione Campania Samuele Ciambriello rappresentano una realtà sempre più preoccupante, che vede nel sovraffollamento il problema maggiore” - ha spiegato la deputata salernitana del Movimento 5 Stelle Anna Bilotti a seguito della presentazione di un’interrogazione parlamentare indirizzata al ministro della Giustizia - L’Osservatorio regionale sulla detenzione, infatti, quantifica in 6747 il numero dei detenuti nei 15 istituti della Campania, ben 971 in più della capienza e 320 in più rispetto all’anno precedente”.

Poi il solito ritornello, prima di arrivare alla soluzione delle soluzioni. “La situazione sanitaria degli istituti penitenziari è allarmante - ha proseguito Bilotti - il sovraffollamento, i disagi psicologici, le lunghe attese per le visite mediche, prassi burocratiche complesse e trasferimenti che impegnano risorse umane e mezzi, l’assenza di figure professionali con formazione specifica. I dati sugli atti di autolesionismo, sugli scioperi della fame o della sete, sulle infrazioni disciplinari, sui suicidi e i tentativi di suicidio illustrati in questi giorni impongono una riflessione in primo luogo sull’edilizia carceraria”. Ecco la soluzione. “La chiusura nel recente passato di strutture sull’intero territorio nazionale non solo ha privato interi territori di importanti presidi come quello nel Vallo di Diano di Sala Consilina - ha spiegato la grillina - ma alla luce della fotografia attuale si è rivelata una scelta quantomeno rivedibile per le condizioni della popolazione carceraria. Per questo - ha concluso - ho chiesto al ministro della giustizia una riflessione su un tema che oramai non può essere più rimandato”.

Non abbiamo capito niente, la storia non ci ha insegnato niente. Il carcere è l’appendice, come diceva Marco Pannella, è lo strumento con il quale pensiamo di governare il male. E così l’unica soluzione possibile appare quella di creare nuovi inferni nel quale gettare chi sbaglia. E nelle stesse ore nelle quali la deputata pentastellata lanciava la sua proposta, a Salerno un detenuto è morto. Sì, morto. Sapete perché? Perché non doveva vivere dietro quattro sbarre in una condizione disumana. È morto perché era affetto da problemi psichiatrici, è deceduto nell’ospedale della città dove era stato accompagnato dopo essersi reso protagonista di un’aggressione con un coltello rudimentale ai danni di un agente della Polizia Penitenziaria.

Lo rende noto l’Unione dei Sindacati di Polizia Penitenziaria (Uspp). “Ci sono troppi detenuti psichiatrici all’interno delle carceri, - sostengono Del Sorbo e Giuseppe Moretti, presidente dell’Uspp - lo abbiamo già denunciato al ministro, nell’ultima manifestazione di protesta a Roma. Quest’ultimo episodio di Salerno dimostra - aggiungono i due sindacalisti - che la chiusura degli Opg ha destabilizzato il circuito penitenziario ordinario. Pochi sono gli strumenti di sostegno per questi soggetti che andrebbero presi in carico dalla sanità regionale. Invece - sottolineano - rimangono in carcere”.

Appunto, cosa ci faceva in carcere una persona affetta da patologie psichiche? Aveva bisogno di cure, non di sbarre. Nel frattempo, la procura di Salerno ha aperto un fascicolo per fare luce sulla morte del detenuto. Solo ieri su queste colonne avevamo scritto della necessità di non aprire nuove Rems ma di potenziare i dipartimenti di salute mentale, per far sì che chi ha commesso un reato, ma soffre di disturbi psichici possa essere curato non attraverso una pena detentiva, in una cella che non poche volte si trasforma in una tomba. E ancora invochiamo più carceri, ancora invochiamo l’inumano.