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di Dario del Porto

La Repubblica, 9 settembre 2023

Storia di Alberto: da minore fu coinvolto con altri tre ragazzi in un’inchiesta per resistenza a pubblico ufficiale. “Con la messa alla prova ho avuto una seconda opportunità e l’ho sfruttata, in cella non ci sarei riuscito”. Agosto 2015, una spiaggia della Costiera Sorrentina. Un gruppo di quattro ragazzini della periferia settentrionale di Napoli si caccia in un grosso guaio: prima prende a sassate una comitiva di turisti, poi reagisce all’intervento di un agente di polizia penitenziaria che li invita a smettere. Finiscono tutti davanti al giudice con le accuse di lesioni e resistenza a pubblico ufficiale, uno anche per tentata rapina impropria del telefonino con il quale il poliziotto aveva ripreso la scena.

Alberto è uno di loro. Ha 17 anni, studia all’istituto alberghiero e lavora come ambulante. Quella storia rischia di cambiare per sempre la sua vita. Le accuse sono gravi, può seriamente finire in carcere. Il suo avvocato, Eduardo Izzo, e il giudice minorile Piero Avallone, gli concedono una seconda opportunità: un anno di messa alla prova e poi l’estinzione del reato. “Se non mi avessero offerto questa possibilità, non so proprio che cosa sarebbe stato della mia vita - racconta Alberto che oggi ha 26 anni - il carcere minorile mi avrebbe potuto rovinare per sempre”. Parole che pesano e assumo significato ancor più profondo alla luce del dibattito politico acceso dagli ultimi episodi di cronaca.

“Se fossi finito in cella - spiega Alberto - non sarei riuscito a riflettere realmente sull’errore che avevo commesso. Quando mi sono trovato in quella situazione ero giovane, non mi ero reso conto delle conseguenze di quell’episodio. Non voglio entrare nel merito della vicenda giudiziaria, non mi va di parlarne. Dico solo che, in carcere, avrei rischiato di diventare una persona peggiore. E una volta uscito, forse non avrei più riuscito a ritrovare la strada”.

Con la messa alla prova, per circa un anno, Alberto ha ottenuto la possibilità di continuare a lavorare come ambulante: “Un assistente sociale mi ha seguito costantemente e ha potuto constatare che mi ero assunto tutte le responsabilità dell’accaduto”. Trascorso il periodo previsto dalla legge, il reato è stato dichiarato estinto.

“La mia esperienza mi insegna che inasprire le pene nei confronti dei minorenni non è la soluzione migliore - dice Alberto - Oggi ho chiuso i conti con la giustizia e posso guardare avanti grazie all’opportunità che mi è stata concessa e che sono riuscito a sfruttare positivamente. Lavoro come ambulante, come tutti incontro delle difficoltà, ma credo nel futuro. Che cosa mi aspetto? Solo di stare bene e di incontrare belle persone”.