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di Nadia Boffa

huffingtonpost.it, 26 gennaio 2023

Secondo il sindacato dei giornalisti News Guild, coloro che sono sicuramente ancora in prigione sono almeno 25. I giornalisti rilasciati vengono liberati solo sotto il pagamento di pesanti cauzioni, fino a 1miliardo di riyal.

La maggior parte di loro è rinchiusa nella prigione di Evin, buco nero della Repubblica Islamica, dove è detenuto il meglio della classe dirigente dell’Iran, tra insegnanti, artisti, intellettuali. Altri sono sparsi nelle diverse carceri della Repubblica islamica dell’Iran, dove vengono sottoposti continuamente a interrogatori e torture e vengono rilasciati - solo in alcuni casi - sotto il pagamento di pesanti cauzioni. Il sindacato dei giornalisti News Guild, attraverso rapporti ufficiali e altre informazioni ottenute in via indiretta, ha effettuato una ricostruzione secondo cui sarebbero circa 100 i giornalisti arrestati o interrogati dall’inizio delle proteste anti-governative a settembre. Mentre i giornalisti iraniani che ad oggi sono sicuramente detenuti nelle carceri del Paese sono almeno 25.

Il sindacato ha rivelato anche le identità dei giornalisti che si trovano ancora in carcere. Tra di loro c’è Niloufar Hamedi, la prima giornalista ad essere stata arrestata dalla Repubblica islamica e colei che per prima ha pubblicato la notizia dell’uccisione, da parte della polizia morale, della ragazza curda Mahsa Jina Amini. Evento scatenante delle proteste anti-governative. La donna si trova ancora adesso in isolamento nella prigione di Evin. Nello stesso carcere si trova anche Elaheh Mohammadi, arrestata dopo aver effettuato un’intervista al padre di Mahsa Amini durante la cerimonia della sepoltura della giovane nel cimitero di Saqqez, nel Kurdistan iraniano. In carcere ci sono anche le ultime tre giornaliste donne arrestate dall’IRI negli scorsi giorni, tutte e tre in meno di 48 ore. Si tratta di Melika Hashemi, Mehrnoush Zarei e Saeede Shafiei. Hashemi, giornalista del quotidiano online Shahr News Agency, è stata chiamata dalla polizia per un interrogatorio nella famigerata prigione di Evin il 21 gennaio, ma dopo che la giornalista ha fatto il suo ingresso in prigione, di lei si è persa ogni traccia.

La mattina dopo, il 22 gennaio, l’hanno raggiunta in prigione anche Mehrnoush Zarei e Saeede Shafiei. L’organizzazione internazionale Reporters Sans Frontières (RSF) ha fatto sapere che Zarei, giornalista freelance che ha lavorato con le testate ILNA, ISKA e Chelcheragh, è stata arrestata davanti alla sua casa a Teheran. Secondo l’agenzia di stampa HRANA, le forze di sicurezza che sono arrivate a casa sua non hanno presentato la loro affiliazione istituzionale. Hanno perquisito la sua casa, sequestrato i suoi dispositivi digitali e l’hanno portata al carcere di Evin. Nello stesso momento, a pochi chilometri di distanza, il Corpo delle Guardie Rivoluzionarie Islamiche (IRGC) arrestava Saeede Shafiei, giornalista freelance che ha collaborato con Donyaye Eghtesad, Shargh e Insaf News. Lo ha rivelato il marito della donna, Hassan Homayon, in un tweet: “Saeede Shafiei, la mia cara moglie, ha chiamato dal centro di detenzione oggi a mezzogiorno e ha detto che si trova nella prigione di Evin. È stata arrestata la mattina del 22 gennaio” ha scritto l’uomo.

Le giornaliste donne detenute sono molte e alcune di loro, come raccontato da alcune testimoni della prigione femminile di Qarchack, nella provincia di Teheran, sono molestate regolarmente e minacciate di stupro. Ad esempio Nazila Maaroufian, un’altra giornalista arrestata in seguito ad una intervista con Amjad Amini, padre di Mahsa, ha avuto un collasso in carcere ed ha perso i sensi. Malgrado le sue preoccupanti condizioni fisiche non è stata ricoverata in ospedale ed è stata riportata subito in cella. Di lei però al momento non si hanno notizie, non si sa cioé in quale prigione si trovi. Non è tra i nomi dei giornalisti detenuti individuati da News Guild. Ci sono anche diversi giornalisti uomini tra i detenuti.

La repressione dell’IRI nei confronti dei giornalisti è sempre più brutale. Molti di loro vengono arrestati senza alcuna motivazione. Così è successo ad esempio a Mehrnoush Zarei, portata in prigione senza addurre giustificazioni. Altri, come Saeede Shafiei, vengono arrestati con l’accusa di “propaganda contro il sistema e azione contro la sicurezza nazionale”, accusa che viene rivolta peraltro alla maggior parte dei manifestanti che vengono portati in prigione. Una volta arrestati molti di loro subiscono processi sommari, dove non sono presenti i loro avvocati di fiducia e vengono condannati a pene pesantissime. Il giornalista sportivo Ehsan Pirbornash, arrestato durante le proteste, è stato condannato a 18 anni di reclusione con l’accusa di “offesa alla religione”, “propaganda anti regime” e “invito alla ribellione”. Quando i giornalisti sono anche attivisti rischiano ancora di più e cioè la pena di morte. Il giornalista Heshmatollah Tabrzadi, che è anche segretario generale del “Fronte Democratico dell’Iran” - e in passato aveva già denunciato la Guida Suprema Ali Khamenei - è stato accusato di “moharebeh” (“guerra contro Dio”) e “efsad fil arz”, (“corruzione sulla terra”), quindi è stato condannato a morte. Tabarzadi è accusato di altri 20 diversi reati.

C’è poi un aspetto da sottolineare. Alcuni dei giornalisti arrestati vengono liberati, ma solo sotto pagamento di cauzioni incredibilmente alte, insostenibili per le loro famiglie. Secondo il sindacato dei giornalisti, la cauzione chiesta dalla magistratura per liberare i lavoratori dei media è solitamente di un miliardo di riyal iraniani. A volte 500 milioni. 1 miliardo di riyal corrispondono a circa 22 mila euro, una cifra esorbitante per molte famiglie iraniane, che talvolta, non riuscendo a sostenere la spesa, sono costrette a lasciare i giornalisti in carcere. In un’intervista presente sul quotidiano riformista Hammihan l’avvocato di un giornalista detenuto, Osman Mazin, ha affermato che “se aumenta l’importo della cauzione, aumenta anche lo stipendio del perito del tribunale, che deve essere pagato dalla famiglia del prigioniero, e questa situazione esercita una maggiore pressione finanziaria sulle famiglie”.

Ovviamente la Repubblica Islamica continua a negare che questi giornalisti siano stati arrestati per la loro attività professionale. “Nessun giornalista è stato arrestato o si trova in carcere per le sue attività professionali”, ha ribadito nei giorni scorsi Iman Shamsaie, direttore generale per la stampa del Ministero di Cultura e Guida Islamica. Ma i familiari dei giornalisti e i loro colleghi raccontano ogni giorno, su Twitter e telegram, tutt’altra storia. Spesso anche gli stessi avvocati dei lavoratori dei media arrestati vengono incarcerati, come nel caso di Mohammad Ali Kamfirouzi che aveva preso la difesa di Elahe Mohammadi e Niloufar Hamedi. Alla fine di ottobre, più di 300 giornalisti iraniani hanno firmato una dichiarazione in cui criticavano le autorità per “aver arrestato colleghi e averli privati ​​dei loro diritti civili”, hanno detto all’epoca i media locali. Ma la repressione dell’IRI non si è placata.

Intanto continuano le proteste anti-governative nel Paese. Ieri sera diverse proteste sono state registrate nei quartieri ad ovest di Teheran, mentre sono sempre di più le scritte e i manifesti che compaiono nelle strade e nelle piazze contro il regime teocratico. La Repubblica islamica continua ad incolpare i nemici esterni di queste proteste. “I nemici sono stati sconfitti nonostante i loro tentativi di utilizzare i recenti disordini in Iran per destabilizzare il Paese” ha affermato il vice comandante delle Guardie della Rivoluzione iraniana, il contrammiraglio Ali Fadavi. “I nemici non hanno smesso di essere ostili nei confronti della Repubblica islamica per un solo giorno nei quarant’anni passati”, ha aggiunto il militare, come riporta Irna.

E il governo iraniano ha annunciato che sono state approvate nuove sanzioni nei confronti di entità dell’Ue e del Regno Unito in risposta al nuovo pacchetto di sanzioni approvate dall’Unione due giorni fa. Tra i 34 individui sanzionati c’è il nome dell’eurodeputata della Lega, Anna Bonfrisco, che fa parte della Commissione per gli Affari esteri e della Delegazione per le relazioni con Israele.

Oltre a Bonfrisco sono stati sanzionati, tra gli altri, il ministro francese dell’Edilizia abitativa Olivier Klein, il sindaco di Parigi Anne Hidalgo, i vertici del settimanale francese Charlie Hebdo Bernard-Henry Levy, eurodeputati di Germania, Svezia e Paesi Bassi, il danese Rasmus Paludan, protagonista di diversi eventi pubblici durante i quali sono state bruciate copie del Corano, il think tank britannico Henry Jackson, la procuratrice generale della Gran Bretagna Victoria Prentis ed il capo di Stato maggiore dell’esercito britannico Patrick Sanders.

Nella nota del ministero degli Esteri di Teheran si precisa che “nella lista figurano individui ed entità accusati di aver dato sostegno al terrorismo e ai gruppi terroristici, istigato atti terroristici e violenza contro il popolo iraniano, interferito negli affari interni della Repubblica islamica, fomentato violenza e disordini in Iran, diffuso false informazioni sull’Iran e partecipato all’escalation di sanzioni crudeli contro il popolo iraniano”.