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di Nadia Ferrigo

La Stampa, 21 dicembre 2023

La denuncia di Iran Human Rights: “Vittima di un regime incompetente e corrotto”. È stata impiccata all’alba Samira Sabzian, una sposa bambina che si trovava in carcere in Iran da circa dieci anni ed era stata condannata alla pena capitale per avere ucciso suo marito. Lo denuncia la ong, con sede in Norvegia, Iran Human Rights.

“Samira è stata vittima per anni di un’apartheid di genere, matrimonio da bambina e violenza domestica, oggi è vittima della macchina omicida di un regime incompetente e corrotto” ha scritto su X il direttore dell’ong Mahmood Amiry-Moghaddam. Sabzian si era sposata quando aveva 15 anni e quattro anni dopo, nel 2013, aveva ucciso suo marito. Da allora era in carcere.

L’esecuzione della condanna era stata fissata per il 13 dicembre ma è stata poi rimandata: la scorsa settimana, prima dell’esecuzione in programma, Sabzian ha potuto incontrare i suoi due figli per la prima volta da quando è stata incarcerata. Secondo il codice penale della Repubblica islamica chi è accusato di omicidio deve essere condannato a morte: la famiglia della vittima può scegliere se accettare la pena capitale o accontentarsi di un risarcimento. Nel caso di Sabzian, i genitori del marito ucciso hanno chiesto, e purtroppo ottenuto, la pena di morte. La Repubblica Islamica ha il più alto numero di esecuzioni pro capite al mondo.

“Ali Khamenei e gli altri leader della Repubblica Islamica devono essere ritenuti responsabili di questo crimine. Come altre vittime della “macchina della morte” del regime, Samira era tra i membri più vulnerabili di una società senza voce. Una campagna di una settimana non è stata sufficiente per salvarla. Dobbiamo lottare ogni giorno per salvare le migliaia di altre persone che rischiano di diventare vittime della macchina omicida per preservare la sopravvivenza del regime” conclude Amiry-Moghaddam. “Samira è stata vittima della pratica dei matrimoni precoci e ho visto quanto ha sofferto in carcere per il fatto che le è stato sempre negato di vedere i suoi figli” ha aggiunto, sempre sul social network, Mozhgan Keshavarz, l’attivista iraniana, che è stata sua compagna di cella e che ha trascorso quasi tre anni nella prigione di Evin, nella provincia di Teheran.