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di Pegah Moshir Pour

La Repubblica, 2 settembre 2023

Il 35enne era stato condannato a morte, ma la Corte suprema aveva annullato la sentenza. Chi ha condiviso la prigione con lui racconta di terribili torture. A quasi un anno dalla scomparsa di Mahsa Amini, la 22enne curda morta dopo essere stata arrestata perché non indossava nel modo corretto l’hijab, un’altra morte in detenzione riaccende l’attenzione internazionale sulle violazioni dei diritti umani in Iran. A morire mentre era in custodia della polizia iraniana stavolta è stato il 35enne Javad Rouhi, in carcere dal settembre 2022 proprio per aver preso parte pacificamente alle proteste organizzate dal movimento Donna Vita Libertà, nato dopo l’uccisione di Mahsa. Era stato condannato a morte per tre capi di accusa: “corruzione sulla terra”, “guerra contro Dio” e “apostasia”.

La morte di Javed Rouhi - Javed è morto all’ospedale Shahid Beheshti dopo essere stato trasferito dalla prigione di Nowshahr. Si sospetta che sia stato avvelenato con farmaci o droghe, oltre a soffrire di una già precaria condizione fisica e mentale dovuta alla prigionia. A darne notizia è stato il suo avvocato Majid Kaveh. Poco dopo l’agenzia di stampa Isna ha diffuso la versione del regime secondo la quale il ragazzo era stato trasferito per un “attacco epilettico” ed è morto dopo il trasporto in clinica.

Il suo arresto è diventato un caso da quando il 26 dicembre scorso i genitori avevano denunciato a Radio Farda di non aver ottenuto il permesso di visitarlo in carcere, consapevoli delle torture che stava subendo. Il padre, chiedendo giustizia per il ragazzo, aveva ricordato che Javad è affetto da problemi mentali, aspetto che rendeva la sua detenzione ancora più difficile.

A fine gennaio Amnesty International aveva chiesto la sua scarcerazione, insieme a quella di altri “due giovani manifestanti, Arshia Takdastan e Mehdi Mohammadifard, sottoposti dopo l’arresto a frustate, scariche elettriche, sospensioni con la testa in giù e a ulteriori forme di tortura”. A inizio giugno le tre condanne erano state annullate dalla Corte suprema, ma l’avvocato di Javad aveva chiarito che la decisione sul suo assistito non era ancora definitiva. Il suo caso aveva raggiunto l’attenzione internazionale arrivando fino in Svizzera, dove il parlamentare Marc Jost lo aveva indicato come prigioniero politico.

Chi era Javad Rouhi - Laureato in giurisprudenza, originario di Amol, tre giorni prima del suo arresto si era recato a Nowshahr per incontrare l’ex moglie. Per ironia della sorte, quella sera è coincisa con la prima notte di proteste per la morte di Mahsa. Nei primi giorni di detenzione non gli è stato concesso di avere un avvocato ed è stato sottoposto a torture fisiche e mentali, così dure da non permettergli di parlare o di recarsi in bagno. Lo dicono le testimonianze degli altri carcerati. “Era stato sottoposto a prolungata detenzione in isolamento con percosse e fustigazioni”. Che poi aggiungono dettagli: Javad legato a un palo, frustato sulle piante dei piedi, minacciato con una pistola puntata alla testa, vittima di violenze sessuali. “Per ore gli avevano messo sui testicoli del ghiaccio”, aggiungono. Le uniche prove utilizzate dalla magistratura nel suo caso sono state le confessioni ottenute sotto tortura, un video in cui si vede ballare per strada e un altro video in cui si vede una persona irriconoscibile che brucia il Corano. Da qui anche la denuncia per apostasia.

Le minacce alla famiglia - La morte di Javad ricorda da vicino quella di Mahsa. E anche stavolta la famiglia del ragazzo è stata perseguitata e minacciata affinché resti in silenzio, privata della possibilità di piangere in pace e di dare l’ultimo saluto al proprio figlio. La scomparsa di Javad è un nuovo avvertimento a tutti coloro che osano dissentire dal regime iraniano. Per questo la comunità internazionale deve chiedere conto all’Iran dei suoi gravi abusi dei diritti umani. La speranza è che sul caso di Javad vengano chiarite le condizioni della morte, che venga emessa una condanna pubblica e che sia aperta un’indagine indipendente.