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di Elisabetta Zamparutti

Il Riformista, 19 agosto 2022

Sono già 379 le esecuzioni nel 2022. L’escalation non si ferma: a luglio 71 nuove esecuzioni, di cui 4 a carico di vittime di mariti violenti. E ripartono anche le impiccagioni pubbliche per scoraggiare il dissenso.

Tendiamo ad adulare e compiacere i potenti. Lo facciamo nonostante l’esperienza costantemente mostri come questo fondi relazioni fasulle e legittimi gravi violazioni di diritti umani fondamentali. Il ministro degli Esteri dell’Iran, Hossein Amirabdollahian, ha recentemente scelto il nostro come il primo Paese europeo da visitare dalla sua entrata in carica lo scorso agosto 2021. Adulazione e compiacenza sono state tali da indurre il ministro Amirabdollahian, finita la sua visita, a twittare la promessa di un “futuro radioso per la nostra cooperazione reciprocamente vantaggiosa”. Dante aveva collocato gli adulatori nella bolgia dei fraudolenti perché la loro arte è una forma di inganno. Li disprezzava a tal punto che li aveva coperti di sterco, quale contrappasso al profluvio di miele delle loro parole. Hossein Amirabdollahian ha corrisposto cinguettando la promessa di un “futuro radioso per la nostra cooperazione” mentre nel mese di luglio in Iran venivano impiccate almeno 71 persone in un’escalation che ci porta a contare, ad oggi, almeno 379 esecuzioni da inizio anno.

Tra i giustiziati in luglio, figurano anche quattro donne, per lo più vittime di violenze domestiche. Tre di loro sono state giustiziate in tre diverse carceri nello stesso infausto giorno del 27 luglio. Faranak Beheshti è stata impiccata nella prigione centrale di Urmia per l’omicidio del marito. Soheila Abedi è stata impiccata nella prigione centrale di Sanandaj. Era una sposa bambina, costretta alle nozze quando aveva solo 15 anni. Dopo dieci anni di umiliazioni, nel 2015, aveva ucciso il marito che l’aveva per l’ennesima volta picchiata in casa. Senobar Jalali, una donna afghana, è stata giustiziata nella prigione di Rajai-Shahr. L’accusa, anche nel suo caso, è quella di aver ucciso il marito al termine di una lite familiare. Una quarta donna, Robab

Danayi, era stata impiccata il 21 luglio nella prigione centrale di Yazd per omicidio premeditato, non è dato sapere di chi.

Con queste ultime quattro, sono salite a 140 le donne fatte penzolare con il cappio al collo in Iran dal 2013. Un record mondiale, che si aggiunge a quello del maggior numero di minorenni giustiziati che si aggiunge a quello del maggior numero di esecuzioni in rapporto alla popolazione. Il 23 luglio, sono riprese anche le esecuzioni in pubblico che non si registravano più dall’11 giugno 2020 all’inizio della pandemia. Un operaio edile di 28 anni, Iman Sabzikar, è stato portato fuori dal carcere di Shiraz mentre era ancora buio e alle prime luci dell’alba è stato impiccato nel luogo in cui avrebbe compiuto l’omicidio di un agente di polizia nel febbraio scorso.

Molti parlano di un’escalation della repressione per soffocare le proteste in una società esasperata dall’aumento dei prezzi e dalla fame a cui è costretta. Certo è che l’incremento è iniziato a partire dal 1° luglio 2021, dopo che il nuovo presidente della Repubblica Islamica Ebrahim Raisi e la Guida Suprema Ali Khamenei hanno nominato quale nuovo capo della magistratura Gholamhossein Mohseni Ejei, un ex ministro dell’intelligence dal cupo record di repressione di manifestazioni pacifiche, di persecuzione dei militanti dei diritti umani e di esecuzioni in Iran.

Ma è nella natura delle cose che ci sia anche chi racconta la realtà per quella che è, e non è gradita all’adulato potente. Il quale riversa sulla voce sincera tutta la violenza di cui è capace. Ci sono ad esempio i militanti della Resistenza iraniana che oggi hanno trovato accoglienza in Albania. Nei loro confronti continua quell’opera di annientamento che vide nel 1988 gli stessi Raisi e Ejei, seppur con ruoli diversi da quelli ricoperti oggi, mandare a morte nel giro di pochi giorni oltre 30mila oppositori politici. L’opera continua con una rete di agenti iraniani sparsi ovunque per silenziare, finanche attraverso la morte, la voce critica. È accaduto in Francia, quando un attentato nel 2018 è stato sventato alla Convention della resistenza iraniana. Per questo crimine, un alto funzionario iraniano, Assadollah Assadi, è stato condannato in Belgio a una lunga pena detentiva. È accaduto di nuovo in Albania dove a fine luglio si sarebbe dovuta tenere una grande Convention internazionale, rinviata per motivi di sicurezza avendo l’intelligence albanese intercettato informazioni su un possibile attentato. Per questo due agenti iraniani, Afshin Kalantari e Batool Soltani, sono stati espulsi dal Paese. L’alternativa all’inganno dell’adulazione e alla complicità dell’accondiscendenza è manifestare la sincerità e il coraggio di vedere e raccontare le cose come stanno. Il che significa vedere e raccontare non solo la realtà di quel che accade in Iran, ma anche la realtà - la realpolitik - di noi italiani, europei, “occidentali”, quel che ci accade di essere di fronte alla oscurità e alla violenza del regime iraniano. Il “futuro radioso” si vede dal principio, dal rispetto o meno di ciò che principia, orienta e illumina di immenso il nostro stare insieme: i diritti umani universali.