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di Gabriella Colarusso

La Repubblica, 10 dicembre 2022

I capi d’accusa sono “corruzione sulla terra” e “guerra contro Dio”. Il Center for Human Rights: “Processi farsa senza avvocati indipendenti. Moshen Shekari è stato sepolto ieri: nel cimitero Behesht-e-Zahra di Teheran c’erano pochi familiari, all’esterno la strada era blindata da un ingente dispiegamento di forze di sicurezza. Mohsen aveva 23 anni, è il primo manifestante giustiziato in Iran dopo quasi 3 mesi di proteste e un processo che tutti gli avvocati indipendenti e le organizzazioni per i diritti umani hanno definito ingiusto e non equo. Ma nonostante 470 morti, le condanne delle cancellerie occidentali, delle Nazioni Unite e la mobilitazione popolare, dall’establishment arrivano messaggi che fanno presagire una repressione ancora più dura. 

Ieri l’agenzia di stampa governativa Fars ha riferito le parole di uno dei giudici della Corte suprema: “La magistratura ha compiuto il primo passo per assicurare alla giustizia i rivoltosi per le loro azioni, eseguendo il verdetto di Mohsen Shekhari. Questo tema diventerà più importante nei prossimi giorni. Shekhari aveva un’arma e ha ferito un poliziotto oltre ad aver bloccato la strada. La condanna di questa persona è la morte ed è diversa dalla vendetta”. 

“L’impiccagione di Shekari ha chiaramente come proposito di generare paura negli altri manifestanti”, dice il commissario Onu per i diritti umani, Volker Turk. Ed è il timore di molti in Iran in queste ore. 

Nelle prigioni ci sono 18mila persone arrestate negli ultimi tre mesi, “almeno 11 sono state condannate a morte”, conferma a Repubblica Hadi Ghaemi, direttore del Center for Human Rights Iran, una organizzazione non governativa di base a New York che lavora con una rete di ricercatori e attivisti sul terreno che si occupano di verificare gli abusi dei diritti umani. Almeno tre condanne a morte sono state decise per la morte di un basiji, un membro della milizia paramilitare usata per reprimere le manifestazioni, avvenuta a Karaj durante la cerimonia in ricordo di Hadis Najafi al 40esimo giorno dalla sua uccisione.

A differenza delle precedenti ondate di protesta, questa volta il numero dei morti tra le forze di sicurezza è più alto: almeno 66 secondo i calcoli dell’analista Ali Alfoneh, la maggior parte dei quali nel Balucistan e nel Kurdistan. Per i fatti di Karaj tra i condannati a morte c’è il medico Hamid Ghare-Hasanlou, e la sua è una storia drammaticamente esemplificativa “di un processo farsa - dice Ghaemi -: era corso sul posto per aiutare un chierico che era stato ferito, ma i testimoni, compreso lo stesso chierico, non sono stati ascoltati”.

Operato in ospedale perché gli sono collassati i polmoni e aveva le costole rotte, ha saputo al risveglio della sua condanna a morte. Alla moglie Farzaneh hanno dato 25 anni di carcere. Come lui sono stati condannati a morte anche Mohammad Mehdi Karami, 22 anni, un karateka, e Hossein Mohammadi, 26 anni, attore di teatro. “Questi processi non sono pubblici, gli imputati non possono scegliere avvocati indipendenti, le uniche prove sui cui si basano i verdetti sono spesso le confessioni estorte con la tortura, cosa espressamente vietata dalla legge: quello che succede nei tribunali in Iran non rispetta gli standard internazionali ma nemmeno la Costituzione iraniana”, denuncia Ghaemi. “Le accuse con cui vengono condannati come “corruzione sulla terra” o “inimicizia/guerra contro Dio” sono totalmente arbitrarie”. A volte i processi durano pochi mesi, altre anche pochi giorni. 

Ieri il presidente Raisi ha promesso che la magistratura continuerà a identificare, processare e punire i “rivoltosi”, incurante delle critiche internazionali e interne. Sempre ieri ha parlato dai domiciliari Mirhossein Mousavi, ex primo ministro dell’Iran e leader dell’Onda verde, il movimento di protesta del 2009: “Impiccagioni e spari non fermeranno il movimento del popolo per la libertà”, ha detto. La dissidenza interna viene silenziata. La nipote di Khamenei, Farideh Muradkhani, che aveva criticato il governo e chiesto la fine del “regime”, è stata condannata a 3 anni di carcere.