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di Enrico Franceschini

La Repubblica, 22 febbraio 2024

Per il processo contro centinaia di membri dell’organizzazione jihadista palestinese catturati nelle dopo l’attacco del 7 ottobre si creerà un problema analogo a quello del 1961 quando nessun legale israeliano volle difendere in aula l’architetto dell’Olocausto. Sessantatré anni fa, l’operazione per trovare in Argentina, catturare, portare in Israele e processare l’ex-gerarca nazista Adolf Eichmann si inceppò su un dettaglio che il governo di Gerusalemme non aveva inizialmente considerato: nessun avvocato israeliano si sentiva di difendere in tribunale l’uomo soprannominato “l’architetto dell’Olocausto”, responsabile della morte di milioni di ebrei nei campi di concentramento del Terzo Reich.

Il processo si fece lo stesso, e alla fine Eichmann venne condannato all’impiccagione, l’unica pena capitale mai eseguita nella storia dello Stato ebraico, ma la sua difesa fu affidata a due avvocati tedeschi, Robert Servatius e Dieter Wechtenbruch. Poiché la legge israeliana non permetteva a avvocati stranieri di difendere un imputato in aula, un articolo del codice penale fu appositamente modificato, prevedendo un’eccezione nel caso di possibile condanna a morte”. Sarebbe stato impossibile trovare un israeliano, ebreo o arabo (riferimento alla minoranza araba, circa il 20 per cento della popolazione di Israele, non ai palestinesi di Cisgiordania e Gaza, che all’epoca vivevano rispettivamente sotto il controllo di Giordania ed Egitto, ndr) disposto a difendere Eichmann”, disse l’allora ministro della Giustizia israeliano Pinchas Rosen.

Un dilemma analogo sembra proporsi per il processo che si terrà contro i militanti di Hamas accusati dell’aggressione nel Sud di Israele del 7 ottobre scorso in cui hanno perso la vita circa 1300 israeliani. Si tratta di centinaia di membri dell’organizzazione jihadista palestinese, catturati nelle prime ore dopo l’attacco, quando alcuni di essi si trovavano ancora nel territorio dello Stato ebraico, o successivamente, durante l’invasione israeliana di Gaza, e identificati con varie prove come partecipanti al massacro.

Per processarli, la magistratura israeliana sta preparandosi a organizzare un processo su larga scala con un gran numero di imputati. Non sarà la prima volta che palestinesi accusati di terrorismo e di strage vanno sotto processo in Israele. Ma a differenza del passato, come riferisce stamani il Financial Times, fonti della procura generale dicono che non si trovano avvocati israeliani pronti a difendere gli autori dell’attacco, senza precedenti nella storia dello Stato ebraico per la quantità di vittime e per l’efferatezza con cui sono state uccise.

Alcuni esponenti dei partiti di destra dicono, anche per questo, che i responsabili del pogrom del 7 ottobre dovrebbero essere processati da un tribunale militare, a porte chiuse, fuori dall’occhio pubblico. Altri, compresi autorevoli difensori dei diritti umani, insistono per rispettare anche in questo caso il diritto degli imputati a un normale procedimento giudiziario, a dispetto delle atrocità di cui essi sono accusati. Qualcuno ricorda che, se tale diritto è stato dato a Eichmann, deve essere esteso pure agli autori della peggiore strage nella storia israeliana.

Il dibattito ha riacceso accuse a Israele di non fornire un equo processo ai palestinesi accusati di terrorismo, spesso processati da tribunali militari perché le prove da esibire sono coperte dal segreto di stato o perché si tratta di crimini avvenuti nelle zone occupate dall’esercito in Cisgiordania e ricadono per questo sotto la legge militare. Ci sono inoltre centinaia o migliaia di palestinesi detenuti in Israele in attesa di processo, una condizione che talvolta si prolunga per anni.

D’altra parte, una difficoltà legale è lo status degli accusati del 7 ottobre, che Israele non considera “prigionieri di guerra”, bensì “combattenti illegali”. Molti di essi sono detenuti in isolamento in un carcere nel deserto del Negev, dove vengono interrogati non solo per ricostruire quello che è accaduto ma anche per ottenere informazioni su dove si trovano gli ostaggi in mano ad Hamas a Gaza e dove si nascondono i loro capi. Un ulteriore problema ancora è che, con alcuni dei corpi delle vittime bruciati fino a risultare irriconoscibili e i kibbutz colpiti dall’attacco devastati, in certi casi potrebbe risultare difficile trovare le prove. E allora come condannare un membro di Hamas catturato nelle vicinanze del massacro?

Tutti interrogativi che, per opposte ragioni, riportano al processo del 1961 contro l’architetto dell’Olocausto. “Come Paese democratico, Israele ha l’obbligo morale di dare un regolare processo e una difesa legale anche agli imputati accusati dei crimini peggiori che si possano immaginare, come nel caso di Eichmann”, dice l’avvocata Hanat Horowitz, a lungo a capo dell’ufficio che fornisce difensori pubblici a chi non può permetterseli. “Coloro che sono accusati di avere commesso crimini contro l’umanità non devono essere difesi da avvocati pagati dal contribuente israeliano, cioè pagati anche dalle famiglie delle vittime e degli ostaggi”, ribatte Elad Danoch, presidente dell’associazione forense del sud di Israele, “perciò in questo caso bisogna rivolgersi ad avvocati stranieri, come nel processo a Eichmann”