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di Isabel Kerschner e Patrick Kingsley*

Il Dubbio, 26 luglio 2023

La controversa riforma della giustizia prevede l’abbandono dei veti della Corte suprema su leggi e nomine da parte dell’esecutivo. I deputati israeliani alla fine hanno approvato la controversa riforma del primo ministro Benjamin Netanyahu per limitare l’influenza della Corte Suprema, sfidando i movimenti di opposizione che hanno minacciato di bloccare gran parte del paese a suon di proteste.

La riforma limita le modalità in cui la Corte può ribaltare le decisioni del governo, un cambiamento del sistema giudiziario che ha portato alla più grave crisi interna di Israele dalla sua fondazione, 75 anni fa. La posta in gioco difficilmente potrebbe essere più alta per Netanyahu e per Israele. La decisione di portare avanti la riforma potrebbe avere pesanti effetti sull’economia dello Stato ebraico, mettere ulteriormente a dura prova le relazioni con l’amministrazione Biden e portare migliaia di riservisti, una parte fondamentale delle forze armate israeliane, a rifiutarsi di prestare servizio volontario. Il presidente israeliano, Isaac Herzog, ha avvertito che lo scisma potrebbe portare persino alla guerra civile. Netanyahu è a un bivio: stabilizzare la sua coalizione, che comprende partiti di estrema destra e ultraortodossi che hanno le proprie ragioni per voler limitare i poteri della Corte Suprema, oppure placare la furia degli israeliani più liberali che si oppongono al maggiore controllo che il potere esecutivo avrà sull’operato della magistratura.

Il conflitto in corso fa parte di un più ampio scontro ideologico e culturale tra il governo di Netanyahu che vuole trasformare Israele in uno stato più religioso e nazionalista, e i loro oppositori, che hanno una visione più laica e pluralista della società e della politic israeliana. La coalizione di governo sostiene che la Corte goda di troppo margine di manovra per intervenire nelle decisioni politiche e questo minerebbe la democrazia israeliana dando ai giudici non eletti troppo potere sui legislatori eletti. La coalizione governativa afferma che il tribunale ha agito troppo spesso contro interessi della destra, ad esempio impedendo la costruzione di insediamenti israeliani nella Cisgiordania occupata o annullando alcuni privilegi concessi agli ebrei ultraortodossi, come l’esenzione dal servizio militare.

Gli oppositori temono che la misura azzopperà la Corte e i suoi poteri di intervento sulle decisioni del governo. E che il governo, non vincolato da tribunali indipendenti, potrebbe porre fine ai guai giudiziari di Netanyahu, che è sotto processo con l’accusa di corruzione. In particolare il governo avrebbe più libertà di sostituire il procuratore generale, Gali Baharav-Miara, principale accusatore di Netanyahu. Il premier ha da parte sua negato qualsiasi tentativo di interrompere il suo processo. I critici temono anche che i cambiamenti possano consentire al governo - il più conservatore nella storia di Israele - di limitare le libertà civili od ostacolare il processo di secolarizzazione della società israeliana.

Ma in cosa consiste la riforma? Per limitare l’influenza della Corte, il governo cerca di impedire ai suoi giudici di utilizzare il concetto di “ragionevolezza” per revocare le decisioni di legislatori e ministri. La ragionevolezza è uno standard legale utilizzato da molti sistemi giudiziari, tra cui Australia, Gran Bretagna e Canada. Una decisione è ritenuta irragionevole se un tribunale stabilisce che è stata presa senza considerare tutti i fattori rilevanti o senza dare un peso rilevante a ciascun fattore, o dando troppo peso a fattori irrilevanti.

Il governo afferma al contrario che la ragionevolezza è un concetto troppo vago e mai codificato nella legge israeliana. La Corte ha fatto arrabbiare il governo quest’anno quando alcuni dei suoi giudici hanno utilizzato questo strumento per impedire ad Aryeh Deri, un veterano politico ultra-ortodosso, di prestare servizio nel gabinetto di Netanyahu. Hanno detto che era irragionevole nominare il signor Deri perché era stato recentemente condannato per frode fiscale.

Come si sono svolte le proteste? In inferiorità numerica in Parlamento, i partiti di opposizione israeliani non erano in grado di fermare la riforma della giustizia. Così hanno boicottato il voto e il provvedimento è passato per 64 voti a zero. Ma influenti gruppi della società israeliana gruppi come i riservisti militari, gli scienziati, gli accademici fino ai leader sindacali - stanno usando tutto il loro peso per fare pressione sul governo. Tutti questi attori hanno unito le forze e costretto Netanyahu a sospendere la riforma alcuni mesi fa. I riservisti di prestigiose unità dell’esercito minacciano nuovamente di interrompere il volontariato se la riforma andrà avanti. I leader laburisti hanno anche minacciato di indire uno sciopero generale. Dopo mesi di manifestazioni e cortei le proteste si sono intensificate negli ultimi giorni. Lunedì centinaia di manifestanti hanno bloccato le strade che portano all’edificio del Parlamento, alcuni dei quali si sono incatenati l’uno all’altro.

I legislatori o i tribunali modificheranno la riforma? Il Parlamento israeliano, chiamato Knesset, si aggiorna per la pausa estiva alla fine di luglio e non si riunisce fino all’autunno. Ma è altamente improbabile che il governo di Netanyahu, responsabile del voto di lunedì,apporti modifiche al provvedimento nei giorni precedenti la pausa. In un discorso tenuto lunedì sera, Netanyahu ha suggerito che il suo esecutivo potrebbe riconsiderare alcuni punti della riforma alla fine di novembre e che vuole concedere all’opposizione per discuterne in autunno. Netanyahu ha già tentato di ammorbidire alcune parti della riforma congelando l’articolo che consente al Parlamento di annullare le decisioni della Corte, o quello che gli conferisce più poteri nella nomina dei giudici della Corte stessa. Due passaggi molto controversi messi in pausa di fronte alle proteste, ma che potrebbero essere ripristinati a novembre. La Corte Suprema di Israele ora si trova di fronte a uno strano dilemma che potrebbe mettere l’uno contro l’altro il potere politico e quello giudiziario: i giudici dell’Alta Corte devono infatti decidere come gestire una riforma che ridurrebbe il proprio potere. I leader dell’opposizione israeliana hanno promesso di chiedere alla Corte di rivedere la legge; se i giudici decidono di occuparsi del caso, il processo di revisione giudiziaria richiederebbe settimane se non mesi. La Corte Suprema potrebbe anche emettere una sospensione della legge. Ma il voto di lunedì è un emendamento a una Legge fondamentale - uno dei corpi di leggi che hanno uno status quasi costituzionale in Israele - e gli analisti israeliani affermano che la Corte Suprema finora non è mai intervenuta o annullato una Legge fondamentale.

*Copyright New York Times