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di Etgar Keret*

Corriere della Sera, 12 luglio 2023

Credevo che fra le manifestazioni di razzismo, omofobia e corruzione di cui questo governo messianico dà quotidianamente prova e il mio mondo sensoriale esistesse un rapporto più diretto. Quindi, che sapore ha il mio cappuccino al latte di avena nel bar del quartiere a Tel Aviv il giorno in cui Israele è una democrazia un pochino meno stabile? Sinceramente, simile al solito. Leggermente più amaro, appena meno schiumoso, ma in fin dei conti quasi uguale. Ricordo che qualche settimana fa sono andato al mare lo stesso giorno in cui i coloni hanno bruciato case e automobili in un villaggio palestinese. Benché in quel pogrom un uomo sia morto, altri siano rimasti feriti e l’intero villaggio sia andato a fuoco, l’acqua è rimasta fresca e limpida come sempre.

Credevo che fra le manifestazioni di razzismo, omofobia e corruzione di cui questo governo messianico dà quotidianamente prova e il mio mondo sensoriale esistesse un rapporto più diretto. Invece anche oggi, sei mesi dopo che questo governo folle e violento è salito al potere, il cielo non è più grigio o più opprimente. Il vento ristoratore di Ponente continua a soffiare dal mare alla stessa identica ora e solo il concitato messaggio WhatsApp di mio fratello per avvisare che è stato aggredito durante una manifestazione contro l’occupazione, e le chiacchiere con il barista arabo che racconta di essersi beccato insulti razzisti alla stazione centrale di Gerusalemme mentre andava al lavoro, mi ricordano che il sole sopra di me è un bugiardo. La legislazione antidemocratica serpeggia inesorabile verso di noi, ma i membri del governo non si limitano a questo: insultano, offendono e minacciano chiunque gli capiti a tiro, dal capo del Mossad alla presidente della Corte suprema. Si permettono di chiamare il capo di stato maggiore e il capo della polizia “Gruppo Wagner” perché hanno osato criticare i crimini d’odio dei coloni, si permettono di minacciare di buttare giù dalle scale il governatore della Banca d’Israele perché si è azzardato ad alzare il tasso d’interesse, di definire “pus” il capo della polizia di Tel Aviv che rifiuta di usare la forza contro i manifestanti o i piloti da combattimento impegnati nella lotta per la democrazia, si permettono di mettere like a un post che incita a investire chi manifesta contro il governo o a incendiare un villaggio palestinese, eppure la lonicera cinese nel giardino del nostro condominio continua a diffondere il suo meraviglioso profumo. Il soffocante odore di bruciato si sente solo a Hawara e Turmus Aya, qui a Tel Aviv il cielo rimane azzurro intenso, come grazie a un filtro di Instagram, a meno che non ti capiti la disgrazia di essere omosessuale, o donna, o arabo.

Per mantenerlo azzurro basta che smetta di leggere i siti di notizie ed eviti di dire ad alta voce che sono di sinistra. Così tutto continuerà a sembrare come una volta: il caffè caldo, il sole piacevole, il barista soddisfatto della sua occupazione che ti saluta, in effetti stamattina con un sorriso un po’ mesto. Meglio che prenda nota: se voglio continuare a bere il mio caffè in pace, devo imparare a usare meno questa parola, “Occupazione”: ecco, l’ho appena pronunciata e il sole sopra di me si è nascosto dietro una nuvola.

*Traduzione di Raffaella Scardi