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di Mario Di Vito

Il Manifesto, 2 settembre 2023

La dem Braga: “Un incentivo a considerare la vita dei lavoratori un bene da difendere”. Sull’onda della strage di Brandizzo si torna a parlare della possibile istituzione del reato di omicidio sul lavoro. Il tema non è nuovo e, per la verità, nel codice penale, all’articolo 589 (omicidio colposo) è già previsto che “se il fatto è commesso con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro la pena è della reclusione da due a sette anni”.

Quello a cui si aspira adesso, però, è l’istituzione di un reato specifico e così, nelle ore immediatamente successive alla morte dei cinque operai in Piemonte, l’idea è stata nuovamente tirata fuori dalla capogruppo dem alla Camera Chiara Braga. “La prevenzione rimane l’arma più potente - ha detto - ma il riconoscimento di una fattispecie sanzionatoria diventa un incentivo a considerare la vita dei lavoratori un bene da difendere prima di tutto e con ogni mezzo. Perché il dramma di Brandizzo non si ripeta mai più”.

La nuova formulazione, secondo la proposta avanzata dal Pd, sarebbe autonoma e prevedrebbe una pena uguale a quella dell’articolo 589 (da due a sette anni), con la possibilità di passare a una più alta (da cinque a dieci anni) se la morte avviene “nell’esecuzione di un rapporto di lavoro irregolare sul piano contrattuale o contributivo”. In caso di più vittime, poi, “si applica la pena che dovrebbe infliggersi per la più grave delle violazioni commesse aumentata fino al triplo, ma non può superare gli anni diciotto”.

Nel giugno del 2021, poi, M5s e Uil rilanciarono la proposta di Bruno Giordano, magistrato di Cassazione e in seguito capo dell’Ispettorato nazionale del lavoro fino allo scorso dicembre, per l’istituzione di una procura nazionale esclusivamente dedicata alla sicurezza e all’ambiente. I pentastellati ne ricavarono una proposta di legge, mentre dalla Uil il segretario Pier Paolo Bombardieri si disse pronto a sostenere la proposta nelle piazze, magari accompagnata anche da una sorta di “patente a punti” per le aziende, “in modo da premiare quelle virtuose e penalizzare le inadempienti nell’ambito della salute e sicurezza sul lavoro”.

Qualche mese dopo, a novembre, in coda a un decreto del governo Draghi che andava a rafforzare l’Ispettorato nazionale del lavoro e ad ampliare le sanzioni per le aziende, arrivò una nuova proposta da Pd, Leu e M5s: una procura nazionale del lavoro con poteri simili a quella antimafia sul modello di quanto già fatto in Francia e in Germania.

Dal punto di vista giudiziario, il problema maggiore per i morti e gli infortuni sul lavoro è quello dei tempi: la prescrizione del reato (nel caso della morte) è fissata a quindici anni, ma accade spesso che in questo lasso di tempo non si riesca ad arrivare a una sentenza definitiva. Quando, ormai due anni fa, Giordano venne ascoltato in Parlamento sul disegno di legge per l’istituzione della procura, parlò di 15mila morti in 14 anni e circa 10 milioni di infortuni, con una media di circa 700mila ogni anno. “Avremmo dovuto avere 15mila sentenze di responsabilità amministrativa a carico delle aziende - disse -, perché ne abbiamo solo alcune centinaia?”.

Adesso, forse per ragioni di efficacia comunicativa, l’idea della procura sembra avere meno successo dell’istituzione di un nuovo reato. Il sindacato Usb, ad ogni modo, da luglio raccoglie firme per una legge di iniziativa popolare sul tema e, giusto due giorni fa, l’iniziativa è stata rilanciata anche dalla madre di Luana D’Orazio, l’operaia morta il 3 maggio del 2021 in un’azienda tessile di Montemurlo, in Toscana. La settimana prossima l’Usb ha annunciato sette giorni di mobilitazione nei luoghi di lavoro per promuovere la raccolta (di firme ne servono 50mila, ma si può aderire anche online con Spid e firma elettronica certificata).