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di Paolo Delgado

Il Dubbio, 26 settembre 2023

Meloni attacca ancora Berlino per i finanziamenti a chi salva vite nel Mediterraneo e punta sull’asse con Macron. Mentre l’Ue si guarda bene dal diventare soggetto unitario. Sull’immigrazione Italia e Germania sono ai ferri corti. La polemica innescata da ministro Crosetto domenica in seguito alla decisione della Germania di finanziare alcune Ong invece di placarsi arriva ai massimi livelli con la lettera della premier a Olof Scholz, cancelliere tedesco. Dietro una sottile mano di vernice diplomatica i toni sono molto duri: “Ho appreso con stupore che il tuo governo, in modo non coordinato con il governo italiano, avrebbe deciso di sostenere con fondi rilevanti organizzazioni non governative impegnate nell’accoglienza ai migranti irregolari sul territorio italiano e in salvataggi nel Mare Mediterraneo”. Meloni protesta ripetendo la sua nota teoria, quella secondo la quale i salvataggi delle Ong incoraggiano le partenze, e non si capisce bene perché. Più interessante è però l’altro attacco rivolto alla Germania, sul fronte della assistenza a terra: “È lecito domandarsi se essa non meriti di essere facilitata in particolare sul territorio tedesco piuttosto che in Italia”.

La Germania ha risposto con una nota secca, con la quale si limita ad affermare che l’Italia era già al corrente della decisione della Germania, in realtà assunta già da tempo anche se operativa solo adesso. Il ministro degli Esteri Tajani affronterà la spinosissima questione giovedì prossimo, a Berlino, con l’omologa tedesca Baerbock, e ieri sera a Parigi, per l’incontro con la ministra Colonna, in un clima molto meno teso dopo la dichiarazione domenicale di Macron sull’obbligo di non lasciare sola l’Italia e di proporre un aumento dei fondi destinati ai Paesi di transito: “Voglio lavorare con la presidente del Consiglio italiano, perché lei ha fatto una scelta, forte, che non era quella di qualche mese fa”. Parole accolte “con grande attenzione” da Meloni.

Sembra di assistere a un gioco delle parti rispetto al novembre scorso, quando le frizioni tra Italia e Francia sui migranti avevano raggiunto livelli allarmanti mentre non si registravano scontri con Berlino. Ma in realtà il gioco delle parti è tale anche con la stessa Germania, che a propria volta insiste sulla “soluzione europea” e non si dichiara sfavorevole alla strategia italiana, e quasi ormai italo-francese, sulla linea: “Non servono i ricollocamenti: bisogna evitare che gli irregolari arrivino”. Ma proprio questa serie di piroette, di dichiarazioni altisonanti subito smentite dai fatti, dimostra che l’Europa, ancora una volta, non c’è e che la scommessa della premier sulla costruzione di una Fortezza Europa è ad altissimo rischio, non perché ci sia chi è davvero contrario ai bastioni o alla “difesa dei confini esterni” ma perché è l’Europa a non esserci come vero soggetto unitario. Non c’è sulla missione navale vagheggiata dalla presidente italiana come non c’è mai stata e non c’è sui ricollocamenti.

Anche il versante italiano della strategia meloniana segna il passo. Nonostante gli annunci della settimana scorsa, il Cdm di ieri non ha varato le nuove ennesime norme contro l’immigrazione clandestina. Dal punto di vista costituzionale la materia è delicata, il rischio che il Quirinale obietti è inevitabile e dunque le due misure sui rimpatri facili alle quali Piantedosi lavora già da un paio di settimane devono slittare. Quella sui minori permetterà, quando l’età è in dubbio, di considerare gli incerti maggiorenni, capovolgendo la prassi attuale che è opposta. Quella sulla possibilità di rimpatriare gli immigrati accusati di qualche crimine, azzerando le garanzie costituzionali. Va da sé che, soprattutto per quanto riguarda la seconda norma, i dubbi di incostituzionalità proliferino.

Sulla costruzione dei nuovi Cpr in tutte le Regioni, il primo dei quali dovrebbe essere all’interno dell’hotspot già esistente a Pozzallo, oltre alle già note difficoltà, si aggiunge l’ennesimo contenzioso con l’Europa. La cauzione di 4.938 euro è stata decisa proprio per adeguarsi alla direttiva europea che impone di lasciare aperte soluzioni alternative alla detenzione. La cifra stabilita, per gli standard africani molto alta, doveva servire proprio ad aggirare l’ostacolo. Ma la Commissione europea non è affatto convinta: “Le alternative alla detenzione devono rispettare il principio di proporzionalità”, sottolinea la portavoce della Commissione Hipper. Significa che la cauzione andrebbe quantificata “sulla base di una valutazione individuale”.