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di Francesco Specchia

Libero, 11 maggio 2022

La consultazione occultata. Uno su 4 ignora il voto del 12 giugno sulla giustizia: colpa della scarsa comunicazione. Houston, sui referendum sulla giustizia abbiamo un problema. Un altro, intendiamo.

Non è più, qui, solo una vexata quaestio di Lega e Radicali, di magistratura che salva sé stessa, di basilare principio di giustizia. Stavolta sono i potenziali elettori che minacciano di non presentarsi alle urne (stima di affluenza molto al di sotto della soglia del 50%): un immobilismo di massa pronto mettere in tumulto il cuore dei promotori. Secondo un sondaggio Swg, infatti, l’astensione sarebbe non scelta strategica ma motivata dalla difficoltà a comprendere i temi stessi del referendum.

In soldoni: gli elettori medi non intendono andare a votare perché, di fatto, non capiscono i quesiti. Troppo difficili. Non s’avvicinano alle gabine perché questa, in fondo, “è una materia troppo complessa” per il 25% degli aventi diritto al voto. A cui seguono quelli che diserterebbero le urne “perché è inutile” (19%); perché “non mi interessa” (17%); e “per non fare raggiungere il quorum del 50%” (13%) soprattutto perché il referendum è un’idea della Lega e dei Radicali (5%) partiti rompiballe e/o divisivi per tradizione.

Certo, si nota rispetto al passato, che il ricorso all’astensione appartiene pochissimo ad ideologie partitiche. Al contrario, molti sostenitori del “No” sono propensi ad andare a votare, al punto che, per i quesiti sulla Legge Severino e sulla custodia cautelare, prevalgono i voti contrari all’abrogazione. A ciò contribuisce anche il fatto che sono gli stessi elettori della Lega a esprimersi in maggioranza per il “No”.

In generale, emerge un orientamento di voto in parte sganciato dalla lotta politica. E però, il risultato non cambia: già in questo senso, uno dei referendum più importanti di sempre sta rotolando su un pericoloso piano inclinato. Poi c’è la storia che soltanto 1 elettore su 4 sarebbe davvero informato sui quesiti.

La notizia non stupisce: questa sfilza di domande, con il suo groviglio di tecnicismi, fatichiamo a digerirla persino noi che dovremmo scriverne. Non sorprende che solo il 26% degl’intervistati è “bene informato” sull’apertura delle urne; il 37% non lo è per nulla; e l’altro 37% ne abbia solo un vago sentore. Se si analizzano i singoli quesiti, poi, per l’abolizione della legge Severino andrebbe a votare circa il 31-35% degli aventi diritto; per la limitazione della custodia cautelare il 31-35%; per la separazione delle carriere dei magistrati 31-35%; per la Riforma del Csm (che per i più avrebbe dovuto essere sciolto) il 29-33%; per i Consigli Giudiziari - valutazioni di Pm e giudici - il 29-33%.

Per quanto riguarda gli orientamenti di voto: separazione delle carriere 47% favorevoli, 31 indecisi, 22 contrari; Consigli Giudiziari - valutazioni di pm e giudici 39 Sì, 36 indecisi, 25 No; riforma elezioni Csm 35 Sì, 36 indecisi, 29 No; limitazione della custodia cautelare 29 Sì, 33 indecisi, 38 No; abolizione Legge Severino 24 Sì, 22 indecisi, 54 No. Soprattutto i dati sull’affluenza anticipano lo scenario di un’occasione mancata, con la “responsabilità di gran parte dei media per la poca copertura dell’appuntamento”.

L’election day coinciderà con le amministrative a giugno. Ma pochi lo sanno. Poi c’è l’altra questione. Il referendum viene percepito come un’iniziativa del solo Salvini, che non gode - diciamo - di popolarità trasversale. Gli elettori intenzionati a votare, infatti sono per il 43% della Lega, per il 38% di Fdl eM5S (e non tutti i quesiti) e solo il 33% del Pd. E il livello di preoccupazione per un insuccesso sale anche nella considerazione delle parti in causa.

L’avvocato e presidente dell’Unione delle Camere penali Gian Domenico Caiazza parla, per esempio, senza troppi giri di parola, di “emergenza democratica” perché in relazione al referendum sulla Giustizia. Sarebbe in atto una “censura” (comincia con lo sciopero dell’Associazione nazionale magistrati).

Per il leghista Roberto Calderoli sul Corriere della Sera c’è una “congiura perché i magistrati decidono su tutto”. Per Salvini sulla consultazione referendaria si accanisce una “congiura del silenzio”. Il tutto mentre il Consiglio d’Europa certifica che la magistratura ha toccato il grado più basso di popolarità: soltanto il 32% degl’italiani ci crede ancora. Ed è forse il motivo per cui la magistratura sta esercitando come non mai il proprio istinto di conservazione.