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di Giovanna Casadio

La Repubblica, 30 marzo 2022

Il provvedimento rischia di affondare in commissione Affari costituzionali della Camera. In tutto le proposte di modifica sono 728. Il Carroccio: “Faremo ostruzionismo”. Meloni: “Cittadini dopo i 18 anni”.

La destra non vuole lo “ius scholae”, versione minimalista dello “ius soli”, cioè della legge per concedere la cittadinanza ai bambini figli di immigrati nati o cresciuti in Italia. Sulla proposta - che consentirebbe a un ragazzo figlio di stranieri, dopo avere completato un ciclo di studi di almeno cinque anni, di dirsi italiano a tutti gli effetti - si è abbattuta una valanga di emendamenti. La Lega di Salvini ne ha presentati 484 e Fratelli d’Italia ben 167. In tutto sono 728 le proposte di modifica che la commissione Affari costituzionali della Camera, dove è cominciato l’esame, ha ricevuto ieri. Di fatto per lo “ius scholae” sarà ostruzionismo. Dice il leghista Igor Iezzi: “La nostra posizione è “no” alla legge, perché non serve a niente. I bambini figli di immigrati non hanno nulla di meno rispetto a quelli italiani. Questa proposta è il cavallo di Troia per dare la cittadinanza ai genitori, agli stranieri. Faremo ostruzionismo”.

Una battaglia lunga trent’anni, declinata ora dal grillino Giuseppe Brescia (che ha unificato i diversi progetti in un testo unico) in modo da legare cittadinanza e integrazione scolastica, rischia di naufragare di nuovo. Già fu così nel 2015 quando, approvato lo “ius soli” alla Camera, si inabissò nel porto delle nebbie del Senato. E circa 850 mila ragazzi italiani di fatto, ma non di diritto, continueranno a restare nel limbo.

Per la destra va cancellata la proposta, che è composta da due soli articoli, nei quali si prevede la richiesta della cittadinanza da parte dei genitori stranieri per i figli nati, o arrivati in Italia entro i 12 anni, e che per almeno cinque anni abbiano frequentato la scuola. Il Pd e il suo segretario, Enrico Letta ne fanno una questione di civiltà e di diritti, che non può più essere rinviata. “L’obiettivo per noi Dem è quello di confermare l’impianto di fondo e di migliorare alcuni aspetti, in modo da dare al nostro Paese una legge finalmente all’altezza dei tempi e in grado di interpretare al meglio le trasformazioni degli ultimi decenni”, ribadiscono Matteo Mauri e Stefano Ceccanti.

I 5Stelle con Brescia, che è presidente della commissione Affari costituzionali, condividono l’impostazione. E questa volta anche Forza Italia, pressata da Renata Polverini (la quale aveva presentato una proposta di legge simile nella passata legislatura) ha approvato il testo in commissione. Perciò i forzisti hanno scritto una decina di emendamenti, con i quali si chiede che non ci sia solo la frequenza ma anche il superamento del ciclo di studi. Un emendamento è più restrittivo: il requisito deve essere di 8, e non di 5, anni di studi.

Per Fratelli d’Italia, una delle proposte di modifica sottoscritta dalla leader del partito Giorgia Meloni, disfa l’impostazione dell’intera legge. Per Meloni infatti la cittadinanza si ottiene comunque una volta compiuti i 18 anni, su richiesta quindi dell’interessato, prevedendo tuttavia delle facilitazioni per i giovani arrivati in Italia entro i 12 anni e che abbiano compiuto un doppio ciclo di studi di 8 anni. “Non siamo favorevoli alla ‘cittadinanza facile’ e questo è uno ‘ius soli’ mascherato, ma sì a uno ‘ius scholae’ reale che premi integrazione e merito”, annuncia Emanuele Prisco.

Precisazioni poi negli 11 emendamenti di Italia Viva, nei 9 del M5Stelle, Leu chiede di ampliare la platea. Il Pd in una delle 15 proposte di modifica, vorrebbe alzare a 17 anni il requisito di età di arrivo in Italia. Richiesta anche una “finestra retroattiva “che sani le situazioni già presenti. Inoltre nessun contributo (ora di 250 euro) per presentare la domanda. Inoltre i dem ritengono che la domanda di cittadinanza possa essere di un genitore solo, e non di entrambi. “Gli emendamenti del Pd testimoniano quanto ci crediamo. Sono un numero ridotto ma di sostanza. Migliorare la proposta Brescia è un dovere e un sostegno per raggiungere un traguardo di civiltà”, ribadisce Barbara Pollastrini, ex ministra delle Pari opportunità.

Brescia punta a mediare. Incontrerà i rappresentanti di tutti i gruppi per “definire possibili punti di incontro sulle diverse richieste di modifica: è una questione di civiltà che va sottratta dalla campagna elettorale di qualsiasi partito”, ribadisce.