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di Giuseppe Legato e Alessandro Previati

La Stampa, 19 gennaio 2024

La denuncia dei detenuti sul giornale del penitenziario. I medici non si sarebbero accorti dell’edema polmonare. La procura indaga. Stava male da giorni Andrea Pagani, il detenuto di 47 anni trovato senza vita nella propria cella del carcere di Ivrea il 7 gennaio. E adesso un’inchiesta dovrà ricostruire se e cosa potrebbe non aver funzionato perlomeno in termini di assistenza medica su un uomo che si trovava in regime di custodia dello Stato. Ciò che è certo al momento è che i detenuti del secondo piano dell’istituto di pena piemontese, hanno affidato a “La Fenice”, il giornale online del carcere, una lunga lettera per chiedere che questo episodio non passi sottotraccia. “Il caso in questione è stato preso troppo alla leggera e fatto passare per una semplice influenza - hanno scritto - ma tutti noi della sezione avevamo dubbi, perché il ragazzo faceva fatica a camminare, respirare, muoversi e negli ultimi giorni era sempre più bianco-giallastro e con le labbra viola. Fino alla settimana prima che si ammalasse, veniva regolarmente al campo sportivo e giocavamo a calcio anche per due ore senza alcun problema”.

In realtà a Ivrea la procuratrice Gabriella Viglione ha già aperto un fascicolo al momento senza indagati e senza ipotesi di reato. “Atti relativi” è il termine tecnico. Nei giorni scorsi è già stato sentito il compagno di cella, è stata acquisita la cartella clinica della vittima che era già stata visitata dal medico del carcere. È emerso che al detenuto era stata diagnosticata una sindrome influenzale curata con Brufen, Tachipirina e antibiotici. L’autopsia però, commissionata dai magistrati e già eseguita dal medico legale, pare dica altro. E cioè che quello stato di difficoltà respiratoria di Pagani fosse dettato da un edema polmonare. Mancano ancora i risultati degli esami istologici, poi il quadro sarà più chiaro. Si sarebbe potuto o dovuto scoprire prima? Lo si capirà con il prosieguo delle indagini. Certo, questa storia al momento è un giallo.

Pagani stava scontando una condanna a 18 anni per aver ucciso il padre Antonello, nel 2019, a Casalnoceto (in provincia di Alessandria). Da tempo aveva preso l’impegno di sostenere la redazione del giornale dei carcerati, oggi online, dove scriveva con lo pseudonimo di “Vespino”. “L’ultima volta che è sceso in infermeria gli è stato detto dal medico di turno di prendere una Tachipirina e un Brufen - raccontano i compagni -. I dottori tendono sempre un po’ a sottovalutare le lamentele dei detenuti, pensando forse che esagerino quando in alcuni casi, come quello in esame, non è propriamente così. Forse sarebbe bastata un’analisi del sangue per capire che il ragazzo non stava esagerando”. C’è poi tutta la procedura per richiedere assistenza ospedaliera che non è così semplice: “Andrea aveva fatto una domandina modello 393, un piccolo prestampato con il quale noi detenuti facciamo le nostre richieste alla direzione carceraria o sanitaria, dove chiedeva di poter essere ricoverato”. Ma non c’è stato nemmeno il tempo di rispondere a quella richiesta dato che il cuore del quarantasettenne ha smesso di battere appena dopo l’Epifania. “Noi detenuti vogliamo delle risposte e vogliamo che venga fatta luce su una vicenda assurda: non si può morire a 47 anni in questo modo. Non si può star male da più di una settimana, peggiorare giorno dopo giorno e farsi da solo la richiesta per essere ricoverato. Tutto questo non ha senso”, dicono.

Del caso se ne sta occupando anche il garante dei detenuti, Raffaele Orso Giacone: “Pagani era una persona tranquilla e ben voluta, sicuramente la magistratura verificherà tutto quello che è successo. Mi sento comunque di dire che l’assistenza medica non è mai mancata e questo, per tranquillizzare i familiari che spesso ci contattano, vale per tutti i detenuti. Da quando è arrivata la nuova direttrice si sono fatti grossi passi avanti in questo senso e dentro la struttura ci sono finalmente degli specialisti. È vero però che le procedure per i ricoveri o le visite mediche all’esterno del carcere non sono così immediate. Spesso ci si scontra con le liste d’attesa o con la carenza di personale della polizia penitenziaria che deve organizzare le scorte”.