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di Ilaria Cucchi*

La Stampa, 18 dicembre 2023

“Chiunque, con violenze o minacce gravi, ovvero agendo con crudeltà”, cagiona acute sofferenze fisiche o un verificabile trauma psichico a una persona privata della libertà personale o affidata alla sua custodia, potestà, vigilanza, controllo, cura o assistenza, ovvero che si trovi in condizioni di minorata difesa, è punito con la pena della reclusione da quattro a dieci anni se il fatto è commesso mediante più condotte ovvero se comporta un trattamento inumano e degradante per la dignità della persona”. Questo è per il nostro ordinamento il reato di Tortura. Una norma che non ci piacque ma che comunque poteva già rappresentare qualcosa rispetto ai numerosissimi richiami inflitti da Cedu ed Onu al nostro paese per il quarantennale rifiuto di dotarsi di una norma di civiltà e democrazia.

Le maglie lasciate aperte per l’interpretazione di concetti come “violenze o minacce gravi”, “agendo con crudeltà”, “acute sofferenze fisiche”, “trattamento inumano e degradante”, ecc. ecc., sono larghissime. Noi non possiamo entrare nello specifico caso di Ivrea ma il solo leggere le parole della Cassazione ci fanno venire i brividi. Sembrano concetti vuoti e generici per noi ma, vi assicuriamo, non lo sono affatto per coloro che quei comportamenti li subiscono. Sta tutto nella sensibilità culturale, politica e personale dei giudici che sono chiamati ad applicarle. Siamo certi che la sensibilità richiesta dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo è ben più alta di quella espressa dall’interpretazione di questa norma offerta dai nostri giudici. Si possono tranquillamente infliggere violenze e minacce gravi, così come trattamenti disumani e degradanti, senza procurare lesioni gravi.

Tutto si misura con la consistenza del concetto di dignità e rispetto che si vuole riconoscere a coloro che sono nelle mani dello Stato. Si misura con il senso di responsabilità dello Stato nel tutelare i propri detenuti da sofferenze ultronee ed inutili. Il riconoscimento del valore di quelle persone è lo spartiacque tra il cinismo autoritario e l’essenza democratica di un Paese.

Tutto qui. Scusate se è poco. La gente non conosce il mondo delle Carceri e dei CPR. La gente sa soltanto che il nostro Governo si permette di distinguere tra Giudici buoni e Giudici cattivi a seconda delle proprie esigenze. E che vorrà dare loro, in un prossimo futuro, pure le pagelle, con buona pace dell’oramai perduta indipendenza della Magistratura. Auguri a tutti coloro che avranno bisogno in futuro della Giustizia.

*Senatrice