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di Stefania Maurizi

Corriere della Sera, 19 giugno 2022

Per i file segreti che ha diffuso ha pagato solo lui: tutti i giornalisti del mondo che li hanno usati, no. Tra due settimane Julian Assange compirà 51 anni e li festeggerà tra quattro anguste mura, come sempre gli è capitato negli ultimi undici anni. Prima agli arresti domiciliari, poi in una minuscola ambasciata senza mai un’ora d’aria, quindi detenuto nella prigione più dura del Regno Unito, il carcere di Belmarsh a Londra. E il prossimo compleanno potrebbe essere ancora peggio. Se le autorità americane otterranno la sua estradizione, Assange potrebbe finire seppellito per sempre in un penitenziario di massima sicurezza degli Stati Uniti. La sua colpa? Aver pubblicato 700mila documenti segreti del governo Usa su crimini di guerra e torture.

Il fondatore di WikiLeaks sapeva a cosa sarebbe andato incontro? A raccontare al Fatto Quotidiano cosa pensava in quei giorni del 2010, in cui lui e i giornalisti di WikiLeaks pubblicarono quei file, è Jennifer Robinson, avvocata australiana che da allora lo rappresenta e mai ha mollato, neppure quando sarebbe stato conveniente, o quando sono arrivati altri clienti star, come Amber Heard.

“Julian mi disse che era suo dovere, come direttore, pubblicare quell’informazione per il pubblico, perché era di immenso interesse - ci dice Robinson, che aggiunge -. Ma era anche allarmato per le ripercussioni ingiustificabili e illegali che ne potevano derivare. Fece la scelta di principio di pubblicarli con centinaia di media in tutto il mondo, per il suo senso del dovere e nel pubblico interesse che caratterizza il giornalismo nelle nostre democrazie”.

Tutti i più grandi media del pianeta hanno poi pubblicato quei file. Chi scrive non ha mai smesso di lavorarci. Nessuno di noi giornalisti media partner di WikiLeaks è mai stato arrestato, o anche solo interrogato. Tutta la furia degli Stati Uniti si è abbattuta su Julian Assange.

Il fondatore di WikiLeaks è nato il 3 luglio del 1971 a Townsville, sulla costa nordorientale dell’Australia, da Christine Hawkins e John Shipton, che si separarono molto presto. Assange è cresciuto con la madre e ha preso il cognome del suo nuovo marito, Brett Assange, un direttore teatrale. L’arte e il teatro erano il principale interesse della madre, che lo aveva cresciuto spostandosi da una città all’altra, tanto che il figlio frequentò decine di scuole diverse.

Preoccupata che l’intelligenza e il carattere del figlio confliggessero con il sistema della scuola statale, Christine aveva incoraggiato un’educazione anti-autoritaria e all’insegna dello spirito critico: non lo studio tradizionale ma la compagnia di molti libri e di un computer Commodore 64 per accendere la mente.

Il bisogno di spostarsi da un posto all’altro sarebbe rimasto una delle sue caratteristiche: un giovane intellettualmente dotato, libertario, che viaggiava per il mondo con uno zaino e poco più. L’avvocata guatemalteca, Renata Avila, anche lei parte del team legale, che l’ha conosciuto negli anni in cui sviluppava WikiLeaks, l’ha descritto così: “Sembrava un mix di Indiana Jones, James Bond e un noioso bibliotecario”. Aveva studiato fisica e matematica per alcuni anni all’università di Melbourne, in Australia. A 18 anni era già padre di un bambino: Daniel. A 25 era finito condannato per aver hackerato, quando era un teenager, le reti della compagnia telefonica canadese Nortel.

Ma il giudice australiano Leslie Ross, riconoscendo come si fosse mosso solo ed esclusivamente per un desiderio di ricerca intellettuale senza trarne alcun guadagno personale, nel 1996 aveva emesso una sentenza di condanna veramente mite: una pena pecuniaria di 2.100 dollari australiani. Più che un verdetto, una reprimenda benevola, che teneva conto anche della sua esistenza nomade: “Non deve essere stato facile per lei. Ha avuto un impatto sulla sua possibilità di avere un’istruzione formale, che certamente non sembra essere al di là della sua portata, considerando che lei è un individuo altamente intelligente”, concluse il giudice.

Negli anni Novanta, Assange era stato un esponente dei Cypherpunks, una galassia visionaria e libertaria di persone che interagiva in una mailing list, accomunati da un profondissimo interesse: ragionare sull’impatto della sorveglianza e sviluppare strumenti a difesa della privacy e dell’anonimato, come la crittografia.

Fu la guerra in Iraq a ispirarlo a creare WikiLeaks. Julian Assange si era reso conto di come all’interno dei servizi di intelligence di vari paesi ci fossero persone che avevano provato a far uscire informazioni per denunciare le falsità dell’amministrazione Bush, quelle usate per giustificare la guerra, e avevano provato a diffonderle, ma non avevano trovato nessun media disposto a pubblicarle. E così, nell’ottobre del 2006 lui aveva creato WikiLeaks.

La guerra al terrorismo e il bagno di sangue seguito all’invasione dell’Iraq da parte dell’amministrazione Bush avevano creato dissenso e scontento. Torture, prigioni segrete della Cia, Guantánamo. Non tutti all’interno del Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti, ovvero il Pentagono, o all’interno della Cia erano d’accordo con questi metodi brutali.

Nascosti nell’ombra, c’erano persone profondamente contrarie, che avevano visto tante cose e avevano accesso a informazioni riservate su queste gravi violazioni dei diritti umani. WikiLeaks offriva la possibilità a fonti e whistleblower di inviare documenti su queste atrocità in modo anonimo, usando sistematicamente la crittografia.

Chelsea Manning, la fonte di WikiLeaks che ha inviato i 700mila documenti segreti, era uno di questi whistleblower di grande coraggio morale. Da quel 2010, in cui WikiLeaks pubblicò i file in partnership con centinaia di media di tutto il mondo, Assange non ha più camminato per la strada da uomo libero.

I due bambini piccoli avuti dalla moglie Stella Moris, sposata dietro le sbarre a Belmarsh, nel marzo scorso, non l’hanno mai incontrato in condizioni di libertà. E nel giro di pochi mesi potrebbe essere trasferito dall’altra parte dell’oceano. Il suo crimine? Il giornalismo.