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di Paolo Mastrolilli

La Repubblica, 22 aprile 2024

In teoria, il Piano Mattei sarebbe anche una buona idea. Chi non vorrebbe aiutare l’Africa a svilupparsi di più e meglio, per offrire una vita migliore ai suoi abitanti, e maggiore sicurezza alle regioni vicine? Sarebbe la cosa giusta da fare per loro, e conveniente per noi. Il problema è che per guidare simili iniziative, qualunque siano le operazioni sul terreno, servono i mezzi. E l’Italia, con tutta la buona volontà, non ne ha abbastanza. Si può chiedere agli altri paesi di contribuire, in base alla bontà e giustizia del progetto. Ma anche senza scendere nelle rivalità storiche, come quella con i francesi, o le divergenze di interessi, come la Russia che si infiltra nelle regioni settentrionali e sahariane del continente, è difficile spiegare perché altre nazioni dovrebbero mettere le loro risorse a disposizione dell’idea di Roma, che poi ne rivendicherebbe legittimamente il merito.

Queste contraddizioni sono emerse durante i vertici di primavera del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale, dove di Africa si è parlato molto, anche perché i suoi paesi sono membri delle istituzioni finanziarie, ma non necessariamente tenendo a mente il Piano Mattei. Anzi, nel suo rapporto sull’Europa, l’Fmi ha scritto che dovremmo fare maggiori sforzi per integrare gli immigrati, perché da loro dipendono salute, produttività e futuro delle nostre economie. Il ministro Giorgetti ha detto di averne parlato con tutti, incluso il presidente dell’Africa Development Bank Adesina. La Banca Mondiale, sotto la guida dell’energico Ajay Banga, vuole moltiplicare i suoi progetti in Africa. Ora si tratta di convincerli a farlo con noi.