sito

storico

Archivio storico

                   5permille

   

di Leonardo Arnau*

Il Dubbio, 14 marzo 2024

In qualità di Coordinatore della Commissione diritti umani e protezione internazionale del CNF parteciperò oggi ad un convegno presso la Corte di Cassazione dedicato alla revisione e revocazione europea dopo la riforma Cartabia, rivolgendo lo sguardo allo stato dell’arte e alle prospettive di sviluppo. Ringrazio in modo sentito e non formale l’avvocato Anton Giulio Lana e l’Unione forense per la tutela dei diritti umani per aver organizzato questo importante confronto, ad un anno e mezzo dall’adozione D. lgs. 10 ottobre 2022 n. 149 (c. d. Riforma Cartabia), che come sappiamo ha introdotto nel codice di procedura penale e nel codice di procedura civile strumenti normativi specifici volti a dare effettività al diritto alla restitutio in integrum, laddove una violazione dei diritti fondamentali della persona, riconosciuti dalla Convenzione europea del 1950, sia stata accertata dalla Corte di Strasburgo.

Si tratta, a ben vedere, di un risultato di portata considerevole, raggiunto al termine di un lungo e travagliato percorso giurisprudenziale, teso a regolamentare, a livello normativo, le ricadute a livello di diritto interno delle violazioni dei diritti fondamentali riconosciuti dalla Cedu. Un traguardo importante, visto che viviamo un’epoca caratterizzata da difficoltà crescenti a rendere effettiva la tutela dei diritti fondamentali riconosciuti dalle convenzioni internazionali. Si è data, così, una risposta alle diverse sollecitazioni che nel tempo sono state formulate dal Consiglio d’Europa: pensiamo che sono trascorsi più di vent’anni, dalla Raccomandazione Rec(2000) 2 del 19 gennaio 2002. In sede penale l’art. 36 del d. lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, ha integrato il Libro IX del codice di procedura penale, dedicato alle impugnazioni, con l’adozione di un nuovo titolo III-bis, rubricato “Richiesta per l’eliminazione degli effetti pregiudizievoli delle decisioni adottate in violazione della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali o dei suoi Protocolli addizionali”. Al perdurante vuoto legislativo aveva supplito la magistratura con i gli importanti interventi della Corte Costituzionale e della Corte di Cassazione, volti a dare delle risposte di giustizia anche a fronte dell’evoluzione del corpus giurisprudenziale della corte di Strasburgo e all’affermarsi di quella tutela multilivello dei diritti fondamentali in Europa che si è realizzata negli ultimi decenni, attraverso il dialogo e il confronto tra le Corti sovranazionali e quelle nazionali. Ricordiamo poi la restituzione nel termine per proporre impugnazione per l’imputato contumace ex art. 175, commi 2 e 2- bis, c. p. p. (quando l’imputato non ha avuto effettiva conoscenza del provvedimento), il ricorso straordinario per errore di fatto (quando la violazione sia perpetrata in Cassazione) e l’incidente di esecuzione per ottenere l’ineseguibilità del giudicato di cui all’art. 670 c. p. p. (per le violazioni sostanziali). Abbiamo adesso uno strumento legislativo specifico, l’art. 628- bis c. p. p., per dare esecuzione alle decisioni del giudice europeo, che dovrebbe porre fine ai dubbi e alle incertezze applicative registrate in passato. Il legislatore ha optato per l’introduzione di un mezzo di impugnazione specifico e straordinario, perché riguarda provvedimenti giudiziari, sentenze o decreti penali irrevocabili, tutte le volte in cui la Cedu abbia accolto in via definitiva il ricorso e riconosciuto una violazione da parte dello Stato. Un mezzo di impugnazione specifico, e pertanto diverso da quello della revisione e “flessibile”, tenuto conto della molteplicità ed eterogeneità delle violazioni delle garanzie offerte dalla Convenzione europea per i diritti dell’Uomo e della necessità di offrire riparazioni sia alle violazioni di tipo sostanziale che a quelle procedurali.

*Avvocato, consigliere Cnf