di Federica Olivo
huffingtonpost.it, 25 febbraio 2023
Il condannato resta al 41 bis, la maggioranza esulta. Lo sciopero della fame continuerà e rimane un enorme problema politico, anche con gli anarchici delusi e arrabbiati. Il detenuto sospende il potassio, “sono convinto che presto morirò”. Storia di una vicenda gestita malissimo.
Una decisione definitiva, dal punto di vista giudiziario. Perché oltre la Cassazione, almeno a volersi fermare alle corti italiane, non si può andare e il tempo non gioca a favore dell’esito positivo dell’ennesimo ricorso pendente davanti al tribunale di sorveglianza di Roma. Il rigetto del ricorso contro il 41 bis ad Alfredo Cospito da parte della Cassazione mette un punto al principale filone giudiziario della vicenda, ma lascia aperti tutti gli aspetti - politici e di ordine pubblico - che gravitano intorno alla storia dell’anarchico - il primo anarchico in assoluto a cui è stato inflitto il 41 bis - in sciopero della fame da quattro mesi contro il carcere duro e l’ergastolo ostativo.
La Suprema corte dicendo “no” al ricorso dell’avvocato Flavio Rossi Albertini ha, in sostanza, confermato la linea del governo. Ribadendo, anche se con un’altra forma e un’altra procedura, quel rigetto che già il ministro Carlo Nordio aveva già rilasciato qualche settimana fa, quando sul suo tavolo era arrivata la richiesta di revocare il decreto di carcere duro varato da Marta Cartabia. Per il governo la scelta della Cassazione rappresenta indirettamente una vittoria: la linea dura, ribadita più volte dalla premier Giorgia Meloni, non ha ragione di vacillare, né di subire deviazioni. “Non saranno violenza o minacce a cambiare leggi e sentenze”, ha immediatamente commentato il vicepremier Matteo Salvini. Il rischio, per il governo, però è che ora si apra una stagione di conflittualità.
Più volte gli anarchici hanno minacciato le istituzioni e lo hanno fatto anche oggi: “Se Cospito muore sarà l’inferno”, era una delle frasi lanciate contro il Palazzaccio, prima che la notizia del rigetto del ricorso facesse partire il coro “assassini”. Le forze dell’ordine da settimane monitorano quella che in maniera approssimativa è stata definita la galassia anarchica e hanno alzato il livello di attenzione. In particolare, hanno gli occhi puntati verso quelli che potrebbero essere obiettivi sensibili. L’allerta non è massima, anche perché i soggetti che, secondo gli investigatori, sarebbero pronti a usare la violenza in solidarietà a Cospito non sono tantissimi. Una stima è difficile, perché l’anarchismo non ha confini ben definiti, ma siamo nell’ordine delle decine, al massimo poche centinaia. Ma se il rischio di atti dimostrativi violenti è relativamente contenuto rischi più generali di ordine pubblico - come cortei che sfociano nella violenza - esistono. E dopo la decisione di oggi potrebbero aumentare.
Ecco che allora, una sentenza che sembra a tutti gli effetti una vittoria del governo potrebbe rivelarsi un atto problematico da un punto di vista politico. “La decisione della Cassazione fa calare definitivamente il sipario sulla richiesta di sospensione del regime di detenzione duro 41 bis per l’anarchico Alfredo Cospito. A nulla sono valse le intimidazioni e le minacce subite in questi mesi ai danni delle Istituzioni”, scrive Tommaso Foti, capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera. Il sipario, però, inevitabilmente non potrà calare. Perché l’ennesimo no al 41 bis potrebbe portare alla morte di Cospito, che ha ascoltato la notizia della decisione della Cassazione dall’ospedale San Paolo di Milano dove è stato ricoverato dopo il trasferimento dal carcere di Sassari a Opera, e ha annunciato di aver sospeso la terapia con il potassio, dicendo di essere convinto che morirà presto: “Spero che qualcuno dopo di me continuerà la lotta”, ha dichiarato. Parole drammatiche, che aggiungono dettagli a una vicenda umanamente dolorosa.
Si chiude il capitolo giudiziario insomma, se ne aprono altri. E i nodi da sciogliere restano. Uno di questi riguarda l’eventualità che Cospito perda conoscenza: è lecita l’alimentazione forzata? A sentire l’avvocato e alcuni esperti parrebbe di no, perché l’uomo ha lasciato una sorta di dichiarazione anticipata di trattamento in cui la rifiuta. Il comitato di bioetica, però, interrogato dal ministero della Giustizia, proprio oggi ha fatto sapere che ci rifletterà ancora: “Dopo un corale, approfondito dibattito, la Plenaria ha ritenuto di proseguire l’analisi al fine di ottenere la massimo convergenza possibile con riguardo alle delicate e complesse problematiche sottese, nel rispetto di tutte le posizioni sino ad ora emerse”.
Al coro dei politici che commentano la decisione si aggiunge la voce di Alessandro Cattaneo, capogruppo di Forza Italia: “Ogni decisione sul detenuto Cospito, da ultimo quella della Cassazione rispetto al 41 bis, è stata assunta nel pieno rispetto delle garanzie della persona, come è giusto e doveroso che sia in uno Stato di diritto. Per questo, lo Stato non arretrerà né si lascerà condizionare dalle nuove e gravissime minacce degli anarchici. Mi auguro che ogni forza politica assuma una posizione di responsabilità, perché di fronte a queste minacce dobbiamo remare tutti nella stessa direzione”, dichiara. Più sobrio il commento di Nordio: “Prendiamo atto della decisione della Corte di Cassazione. Come più volte illustrato in Parlamento, essa attiene al procedimento giurisdizionale di competenza esclusiva della magistratura nella sua piena autonomia e indipendenza”.
Le motivazioni della decisione della Cassazione - che un po’ sorprende perché la procura generale, che rappresenta l’accusa, aveva chiesto un annullamento con rinvio - ancora non sono note. È ipotizzabile, però, che alla base del rigetto ci sia una questione molto specifica di diritto. Inoppugnabile e verosimilmente inevitabile. Che, però, come detto, lascia aperte altri aspetti di una vicenda che, da un punto di vista politico, non è stata gestita nel migliore dei modi. Più volte autorevoli esponenti politici hanno invitato ad abbassare i toni, tralasciando il fatto che forse anche i loro di toni avrebbero potuto essere meglio calibrati. Era il 29 gennaio, ad esempio, quando le manifestazioni iniziavano ad aumentare, in Italia e in Europa, e la premier - commentando alcune azioni violente - diceva: “Azioni del genere non intimidiranno le istituzioni. Tanto meno se l’obiettivo è quello di far allentare il regime detentivo più duro per i responsabili di atti terroristici. Lo Stato non scende a patti con chi minaccia”. La linea della fermezza, certo, che però avrebbe potuto essere declinata diversamente. Così come avrebbe potuto essere gestita in un modo meno grottesco la querelle sulla diffusione delle carte che contenevano le conversazioni di Cospito con altri detenuti spiattellate in Parlamento da Giovanni Donzelli, su gentile assist del sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro. Come dimenticare, poi, il lungo silenzio del ministro Nordio, intervenuto dopo che per giorni della vicenda avevano parlato tutti, meno che lui, che era il più titolato a farlo. Lo ha fatto dopo, certo, assecondando la linea di tutto l’esecutivo. Linea che, anche se chi lo conosce meglio qualche volta ha dubitato, era e resta anche la sua.