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di Massimo Giannini

La Stampa, 27 agosto 2023

Non penso di esagerare, se dico che quello di Sergio Mattarella al Meeting di Rimini è stato uno dei discorsi più importanti del suo doppio settennato. Molto più che un testo politico-sociale: un manifesto etico-morale. Il pensiero di un laico, ma che pesca a piene mani nelle fonti più profonde e feconde del cattolicesimo democratico, dall’”Appello ai liberi e forti” di Don Luigi Sturzo al “Con Dio e con la storia” di Giuseppe Dossetti. A leggerlo tutto, e con attenzione, viene davvero da rimpiangere la vecchia Dc, se chi la guidò negli ultimi anni della Prima Repubblica non l’avesse svilita a pura consorteria di potere e a comitato d’affari di sottogoverno. Un inno alla tolleranza, all’inclusione, all’amicizia. Che non è solo la risorsa a cui attingere per esprimere la nostra stessa umanità e per superare, tutti insieme, le barriere e gli ostacoli. Ma è anche la base spirituale e materiale che ha ispirato la nostra Assemblea Costituente e poi la nostra Costituzione. La Casa di tutti gli Italiani. L’unione e la condivisione tra i diversi. Il rispetto e la coesistenza delle identità plurali. Il patto che ci lega, incompiuto perché inattuato, nel quale abbiamo riassunto i valori in cui crediamo: la dignità e l’uguaglianza, la pace e la libertà.

Con questo intervento, salutato dal tripudio di una platea da sempre troppo incline ad applaudire allo stesso modo santi e mascalzoni, il Capo dello Stato cala simbolicamente il sipario sull’estate pazza della “Nuova Destra”. Smaltiti i fumi alcolici del Papeete di Milano Marittima, i patrioti hanno scoperto i silenzi assordanti della Masseria Beneficio di Ceglie Messapica.

Il rovente vuoto d’agosto è stato riempito dalle fuitine albanesi e dalle serate pugliesi della presidente del Consiglio che, non contenta di aver già ingaggiato i cognati, ha umiliato i Fratelli e auto-promosso le Sorelle d’Italia: Giorgia&Arianna, Io-Patria-Famiglia. Facendo fare un passo ulteriore al sistema politico italiano, che aveva già conosciuto il “partito personale” di Berlusconi e ora degenera nel “partito familiare” dei Meloni, dove tutto si decide nel condominio della Garbatella: per parentela e per cooptazione, con tanti saluti all’articolo 49 della Costituzione.

Ma la quiete canicolare è stata sovrastata soprattutto dai deliri di un mediocre generale dell’Esercito che, astutamente “ispirato” e manovrato da ex colonnelli post-missini trombati dal partito, ha impapocchiato in un pamphlet di 356 pagine i peggiori luoghi comuni della bassa propaganda populista e nazional-sovranista. “Il mondo al contrario” è diventato in un mese il nuovo Libro Sacro del politicamente scorretto, dell’anti-wokismo destrorso che rivendica il “diritto all’odio”, e dunque odia gli omosessuali (detti “pederasti, invertiti, finocchi, sodomiti, froci, ricchioni...” e via via sproloquiando) perché “non sono normali, se ne facciano una ragione”, odia i migranti di cui cerca al tatto la pelle per capire “se è più o meno rugosa della nostra”, odia Paola Egonu perché “i suoi tratti somatici non rappresentano l’italianità”, odia le femministe perché “moderne fattucchiere” convinte che “solo il lavoro e il guadagno possono liberare le fanciulle dal padre padrone e dal marito che le schiavizza”. Avevamo capito che nella costruzione della tanto agognata “nuova egemonia culturale”, dopo la fase uno della macelleria in Rai, la famosa destra di governo si dedicasse alla fase due ripartendo da Montesquieu e Bergoglio, da Oriana Fallaci e Roger Scruton: e invece il Vate moderno è Roberto Vannacci. Un eroe, perché “vende più della Murgia”. Soprattutto un vero patriota e martire della libertà. Sia perché nelle sue vene, come scrive umilmente lui stesso, scorre “una goccia del sangue di Enea, di Romolo, di Giulio Cesare, di Dante… di Leonardo Da Vinci, di Michelangelo”. Sia perché la solita sinistra stalinista adesso vorrebbe purgarlo mettendo a tacere la sua “voce libera e forte” (forse proprio don Sturzo pensava a uno come lui, già in quel lontano 18 gennaio 1919). I nuovi adepti del culto vannacciano - come hanno scritto Giovanni De Luna e Gustavo Zagrebelsky, Flavia Perina e Annalisa Cuzzocrea - fingono di non capire che il “signor Vannacci” può pensare, dire e scrivere anche la più squallida delle nefandezze perché è un uomo libero, ma è il “generale Vannacci” che non può farlo perché appartiene alle Forze Armate e adempie ai suoi doveri secondo la Costituzione repubblicana. Ma così è, se vi pare. Il generale continua a straparlare e a sragionare. Magari “scende in campo”. Si permette persino di dare giudizi sul Capo dello Stato, che è anche Capo delle Forze Armate e dunque suo “superiore” in ogni senso. Salvini e La Russa, confermando che in questa fase se scommetti sul peggio vinci sempre, lo chiamano, lo blandiscono, lo difendono. Povera Patria, cantava Battiato.

In questo sfacelo, vivaddio, è una salvezza che il presidente della Repubblica ristabilisca l’ordine delle cose. Ancora una volta, ma mai come stavolta, le parole di Mattarella ridanno senso alla convivenza civile. E rappresentano una “contro-narrazione” radicale e irriducibile rispetto alle imbarazzanti banalità del male che abbiamo ascoltato in questo mese di follie un tanto al chilo, che uccidono il vecchio buon senso in nome del nuovo senso comune. “Espellere l’odio come misura dei rapporti umani”. Sconfiggere le contrapposizioni ideologiche e l’invocazione di caratteri etnici, le ingannevoli lotte di classe e gli anacronistici nazionalismi. Garantire a tutti gli stessi diritti, inviolabili, come recita l’articolo 2 della Carta. Rimuovere gli ostacoli che impediscono a tutti i cittadini di avere pari dignità sociale, come aggiunge l’articolo 3. Risolvere i problemi in una “dimensione comunitaria”. Dove il noi vince sull’io, dove la solidarietà prevale sull’egoismo, dove “l’amicizia sociale” è l’orizzonte di un nuovo umanesimo, dove contano i “Fratelli tutti” di Francesco, non solo i Fratelli d’Italia di Giorgia.

La pedagogia del Quirinale fa però adesso un ulteriore salto di qualità, che prelude già agli inevitabili conflitti istituzionali legati alle prossime misure del governo. C’è alle viste la manovra economica, sulla quale pende la mannaia della Commissione europea e sulla quale rischia di fallire miseramente la logica “a pacchetto” sognata dalla premier (noi cediamo sul Mes, voi ci fate sconti sul Patto di Stabilità). C’è il decreto migranti, sul quale torna ad accanirsi il “cattivismo” fascio-leghista e sul quale Mattarella fissa un paletto personale prima ancora che costituzionale: “Nello studio dell’appartamento dove vivo al Quirinale ho collocato un disegno che raffigura un ragazzino, di 14 anni, annegato con centinaia di altre persone nel Mediterraneo… nella fodera della giacca aveva cucita la sua pagella, come fosse il suo passaporto, la dimostrazione che voleva venire in Europa per studiare…”. Quel ragazzino, e come lui tutti quelli che arrivano sulle nostre coste, sono “persone”, con “i loro progetti, i loro sogni, il loro futuro, tante volte cancellato”. Il Consiglio europeo ha le sue responsabilità, naturalmente, ma il governo italiano si vorrà far carico di quelle persone, garantendo loro “ingressi regolari” e “un inserimento lavorativo ordinato”, oppure continuerà a fare la faccia feroce, stringendo ancora le maglie dei permessi umanitari e sfasciando la rete di sicurezza delle Ong?

Ma il vero terreno di scontro tra il Colle e la destra, fatalmente, sarà la stessa Costituzione. E quel che è successo durante e dopo il Festival riminese lo conferma. Come ha sottolineato Ugo Magri (e pochi altri hanno colto), in chiusura della sua lectio magistralis Mattarella ha citato un passaggio di un altro discorso di Dossetti, quello tenuto a Parma nel 1985: “Non abbiate prevenzioni rispetto alla Costituzione del ‘48 solo perché opera di una generazione ormai trascorsa… La Costituzione americana è in vigore da 200 anni, e in questi due secoli nessuna generazione l’ha rifiutata o ha proposto di riscriverla integralmente… È proprio nei momenti di confusione, o di transizione indistinta, che le Costituzioni adempiono alla loro funzione più vera: cioè quella di essere, per tutti, punto di riferimento e di chiarimento. Cercate quindi di conoscerla, di comprendere in profondità i suoi principi fondanti, e quindi di farvela amica e compagna di strada… Vi sarà presidio sicuro, nel vostro futuro, contro ogni inganno e contro ogni asservimento…”.

Come Dossetti allora, anche Mattarella oggi si rivolge ai giovani. Ma in realtà il suo è anche un avviso ai patrioti, che intorno alla Costituzione trafficano e si accingono a banchettare allegramente. Non può essere un caso se, sul discorso di Mattarella, Meloni non ha speso un solo tweet. Anzi, quasi per marcare le distanze, ha voluto postare una sua foto con un “altro presidente”, non l’italiano ma la ungherese Katalin Novàk. E poi, segnale ancora più inquietante arrivato sempre dal Meeting di Cl, la coalizione annuncia l’accordo sulla nuova “Grande Riforma”, che non sarà più il presidenzialismo alla francese ma il “premierato forte” all’italiana. Cioè il rafforzamento dell’esecutivo e l’elezione diretta del presidente del Consiglio. È questa, in fondo, la vera risposta a Mattarella: una forma di governo che destabilizza lui e depotenzia il Parlamento. Una “contro-narrazione” uguale e contraria rispetto a quella del Capo dello Stato. Come ha scritto Lucia Annunziata, Meloni scimmiotta le manipolazioni del reale di Trump. E ora minaccia di terremotare il sistema, nascondendo la sua debolezza politica dietro a un atto di forza apparente.

Siamo solo agli inizi di una contesa che esploderà, inevitabilmente, perché questa “coabitazione” precaria non può durare. La presidente del Consiglio dovrà decidere come cavalcare l’onda sfascista del caso Vannacci e se assecondare il modello Checco Zalone di “Sole a catinelle”, che spara le sue clamorose supercazzole qualunquiste incassando la standing ovation finale al grido “Grazie, pancia del Paese!”. Ma anche per il Presidente della Repubblica verrà il tempo delle scelte: di fronte ai fatti compiuti, purtroppo, non basteranno più né la moral suasion né le “prediche utili” e bellissime come quella di Rimini.