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di Alessio De Giorgi

Il Riformista, 11 luglio 2023

Dopo gli scontri della scorsa settimana in molte città la destra nazionalista xenofoba ed antieuropea ringalluzzisce e soffia sul fuoco delle ronde. Descartes e Drosnay sono due paesini della Francia rurale, rispettivamente nella Loria e nella Marna. Entrambi avevano due belle chiese storiche col tetto di legno che sono bruciate nel weekend. Le cause sono da accertare, un fulmine pare, ma per i canali di destra su telegram, tiktok e snapchat non c’è dubbio che siano stati gli “emeutes”, le rivolte a portare l’incendio nelle due chiese, anche se non c’è traccia di scontri in due paesini di rispettivamente 3800 e 182 anime. I video delle chiese bruciate hanno fatto milioni di visualizzazioni in poche ore su alcuni social network ed i commenti erano ovviamente da brividi.

Questo è solo uno dei mille esempi di quella disinformazione che sta scuotendo l’opinione pubblica francese dopo gli scontri della scorsa settimana in molte città e ringalluzzendo una destra nazionalista, esplicitamente xenofoba ed antieuropea, che soffia sul fuoco della mancata integrazione, che organizza ronde nelle città a protezione di cittadini e commercianti ed inneggia alla “resistenza etnica” contro l’”invasore”.

Al loro cospetto, Marine Le Pen, leader del Rassemblement National, alleata a Bruxelles della Lega, pare moderata e ciò nonostante il suo movimento cresce eccome nei sondaggi, perché viene percepito come il più adatto a risolvere la situazione: ora è dato al 26%, primo partito, un anno fa era a 10 punti percentuali meno. La paura delle conseguenze di una progressiva polarizzazione della politica arriva perfino nelle stanze dell’antiterrorismo d’oltralpe, tant’è che il loro capo su Le Figarò sabato ha messo in guardia contro i pericoli di attentati sia dell’estrema sinistra (settimane fa il governo ha sciolto un gruppo ecoterrorista), sia dell’estrema destra.

Degli scontri di piazza francesi non sono solo i cugini d’oltralpe ad averne approfittato. Vox, la formazione di destra estrema spagnola, che a differenza del movimento della Le Pen a Bruxelles siede nello stesso gruppo di Fratelli d’Italia, ha puntato più volte il dito contro la politica “permissivista” europea nei confronti dei migranti. Qui, a differenza della Spagna, la sua crescita pare fermata da un Partito Popolare ancora molto forte e primo nei sondaggi. Cosa decideranno gli spagnoli lo sapremo presto, perché il 23 luglio ci saranno le elezioni politiche, cosa decideranno i popolari dopo il voto non è dato saperlo: troveranno il modo di evitare l’alleanza con la destra estrema? L’imbarazzo dei popolari era del resto evidente dopo che Vox venerdì ha presentato il loro discusso programma elettorale.

Qualche proposta? Rimpatrio immediato di qualunque persona senza permesso di soggiorno (poco importa se rifugiato o immigrato economico e poco importa se realizzabile o no, come in Italia sappiamo bene) ed una fortissima centralizzazione dello Stato, con uno stop a quelle autonomie regionali che hanno tenuto insieme il Paese per anni, nonostante le forti tensioni indipendentiste. Accanto a questo, nel programma c’è lo smantellamento di tutta quella Spagna post-franchista e moderna che conosciamo bene, dalla lotta alla violenza di genere (la legge voluta dal partito popolare, non dai socialisti, per intenderci) alle leggi su aborto ed eutanasia. Quanto all’Europa, Vox propone di sopprimere la giustizia europea: da bravi sovranisti, l’ultima parola deve spettare allo Stato. Paese che vai, destra che trovi. In Germania l’AfD - alleata della Le Pen e di Salvini - supera in alcuni sondaggi i socialdemocratici e anche qui soffia sulle questioni dell’immigrazione, trovando terreno fertile nei più poveri Länder dell’est, tanto da indurre il tedesco Manfred Weber, moderato e potente capo dei popolari a Bruxelles, a dichiarare domenica in un’intervista che loro non sono un avversario, ma addirittura il nemico.

Ed allora ecco che un’idea sta prendendo piede a Bruxelles, in vista delle prossime elezioni europee. Un po’ gattopardiana ma che alla fine potrebbe funzionare. Staccare Giorgia Meloni dai suoi impresentabili alleati e portarla in maggioranza, magari senza iscriverla subito al Partito Popolare. Una sorta di appoggio esterno, così da mitigare un Partito Socialista che a Bruxelles spinge un po’ troppo a sinistra, specie sulle tematiche ambientali. Qualcuno la dà già per fatta, altri mettono in guardia dicendo di aspettare l’esito delle prossime elezioni in Spagna, Polonia e Olanda.