di Piero Sansonetti
L’Unità, 10 dicembre 2023
Settantacinque anni fa, proprio il 10 dicembre, l’Onu approvò la dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. Frutto di anni di discussioni e lavori e che prendeva spunto dalla dichiarazione di indipendenza americana del 1776 e dalla dichiarazione di diritti del cittadino frutto della rivoluzione francese, del 1789. Votarono a favore 48 paesi dei 58 che facevano parte dell’assemblea dell’Onu; due paesi non parteciparono al voto e otto si astennero.
Tra gli astenuti il Sudafrica, che voleva difendere il diritto al razzismo e all’Apartheid, e l’Unione sovietica (insieme al blocco dei paesi vicini a Mosca) i quali non erano d’accordo sulle libertà politiche. Nessun paese però votò contro. L’Italia, appena uscita dal fascismo (come la Germania) non faceva parte dell’Onu, fu ammessa qualche anno dopo e sottoscrisse la dichiarazione.
La dichiarazione è composta da un breve preambolo, politico-filosofico, e poi di 30 articoli, secchi e chiarissimi. Ci sono molte parti di quella dichiarazione che ancora oggi risultano molto moderne e assolutamente attuali nel dibattito politico. Ci torneremo nei prossimi giorni. Anche perché vorremmo aprire un dibattito sull’idea visionaria, avanzata su queste colonne da Mario Capanna qualche giorno fa. E cioè la proposta di “governo mondiale democratico”.
Capanna propone di sostituire l’Onu con un Parlamento mondiale, eletto a suffragio universale dall’intera popolazione del pianeta, con ampi poteri immediati e concreti sulle grandi questioni come i rapporti tra stati, le azioni militari, i diritti collettivi e individuali. Conoscete Capanna. È stato uno dei maggiori protagonisti del ‘68 europeo (insieme ad Adriano Sofri, a Daniel Cohn Bendit, a Rudy Ducke e tanti altri giovani nati negli anni immediatamente precedenti o successivi alla fine della guerra). E sapete che il movimento del ‘68, a livello mondiale, produsse uno scatto in avanti impressionante nell’opinione pubblica e nel senso comune.
La sua idea - di Capanna - a me pare affascinante, anche se molto complicata da realizzare. E mi piacerebbe aprire su questo una discussione sull’Unità. Proprio, forse, partendo, dal 10 dicembre del 1948 quando furono proclamati di diritti universali, i quali diritti, oggi, forse non sono del tutto applicati in nessun paese del mondo. Neanche, ovviamente, in Occidente. Basta pensare a quel che sta accadendo a Gaza. Il problema è proprio questo: quale può essere lo strumento per realizzare quei principi? L’Onu non ha funzionato. Ha poteri troppo modesti e una struttura non democratica.
Oggi però vorrei occuparmi solo di alcuni dei principi affermati nella Dichiarazione, molto circoscritti, ma importantissimi, e che sono negati e violati in Italia. Quelli affermati nell’articolo 5 della Dichiarazione, nell’articolo 9 e poi negli articoli 13 e 14. Li trascrivo: Articolo 5: “Nessun individuo potrà essere sottoposto a tortura o a trattamento o a punizione crudeli, inumani o degradanti”.
Articolo 9: “Nessun individuo potrà essere arbitrariamente arrestato, detenuto o esiliato.
Articolo 13: “Ogni individuo ha diritto alla libertà di movimento e di residenza entro i confini di ogni Stato. Ogni individuo ha diritto di lasciare qualsiasi paese, incluso il proprio, e di ritornare nel proprio paese.
Articolo 14: “Ogni individuo ha il diritto di cercare e di godere in altri paesi asilo dalle persecuzioni”.
Non ci sono ambiguità. L’articolo 5 proibisce il carcere duro (il nostro 41 bis) che qualche anno più tardi sarà esplicitamente vietato da un successivo documento dell’Onu chiamato “Il codice Mandela”. L’Italia su questo è fuori dal consesso civile. Come la Turchia.
L’articolo 9 proibisce i Cpr. Gli articoli 13 e 14 dicono in modo chiarissimo che l’emigrazione non è un fenomeno da trattare sulla base di politiche decise da singoli stati o da singole maggioranze, ma è un diritto universale. Non vietabile, non disponibile, non disciplinabile. Gli Stati devono semplicemente decidere in che modo accogliere, non se accogliere. Siamo molto lontani, ancora, dal 1948.