di Antonio Fresa
mentinfuga.com, 21 ottobre 2022
Il numero di suicidi nelle carceri italiani è un dato davvero inquietante. Nella recente campagna elettorale pochissimo spazio è stato destinato a questa problematica e a quelle ad essa collegate. Emergenza fra le emergenze, mai messa davvero sotto la luce dei riflettori, è quella dei suicidi in carcere: nel 2022 si contano già 70 episodi.
L’ultima vittima di una lunga serie è una donna di cinquant’anni detenuta nel carcere bresciano di Verziano che si è tolta la vita qualche giorno fa. Gli interventi del Papa e del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale, Mauro Palma, - il suo mandato scade a febbraio 2023 - non hanno risvegliato una classe politica che nel corso della recente campagna elettorale non ha mostrato attenzione e sensibilità, salvo pochissime eccezioni, per un tema così inquietante. Gli interventi del Garante sono stati sempre più duri negli ultimi anni per denunciare le drammatiche situazioni che si vivono in molti luoghi di pena.
Intanto si allargano le voci, secondo un vecchio progetto leghista, di arrivare ad un’abolizione del garante dei detenuti - accusato di prendere le difese “dei delinquenti” - per sostituirlo con un garante delle donne e degli uomini in divisa che lavorano nelle carceri. In discussione anche il progetto per fornire anche alle guardie carcerarie le pistole elettriche.
Tra volontà di inasprimento delle pene e rimandi alla certezza delle stesse, senza troppe distinzioni, il dibattito pubblico ha del tutto escluso il tema delle carceri e della condizione dei detenuti. Nessuna attenzione è stata, quindi rivolta alle cause che portano a così tanti suicidi.
Per rendersi conto della drammaticità della situazione è sufficiente seguire il rapporto “Morire di carcere” di Ristretti orizzonti e quello dell’Associazione Antigone (per i diritti e le garanzie nel sistema penale) “Suicidi. Persone, vite, storie. Non solo numeri” che in qualche modo si intrecciano e si integrano l’uno con l’altro.
Secondo i dati proposti dal dossier “Morire di carcere” di Ristretti orizzonti dal primo gennaio 2022 ad oggi i suicidi dietro le sbarre sono ben 70 su un totale di 132 morti in regime detentivo. Non si tratta di parlare solo di numeri, questa è l’impostazione che ritroviamo anche nel dossier “Suicidi. Persone, vite, storie. Non solo numeri” dell’Associazione Antigone (per i diritti e le garanzie nel sistema penale), che precisa, infatti: “Ovviamente ogni caso di suicidio ha una storia a sé, fatta di personali sofferenze e fragilità̀, ma quando i numeri iniziano a diventare così alti non si può non guardarli con un’ottica di insieme. Come un indicatore di malessere di un sistema che necessita profondi cambiamenti”.
Non è facile individuare con certezza le cause di un fenomeno così tristemente diffuso e non è ovviamente facile pensare con certezza alle possibili soluzioni. I dati diventano impressionanti quando si osserva che in carcere la probabilità di levarsi la vita è molto più alta che tra la popolazione libera e che gli elementi di disagio si amplificano all’eccesso: disagio psichico e dipendenze si riscontrano in tanti casi ed eventi.
Se si allarga lo sguardo ai dati che partono dal duemila, sempre secondo il rapporto “Morire di carcere”, i morti nelle carceri italiane sono 3.461; di essi 1.294 sono legati a suicidi. Numeri impressionanti per un fenomeno che colpisce nell’immediatezza della diffusione delle informazioni ed è poi destinato a svanire dagli echi della cronaca. Anche i sindacati della Polizia Penitenziaria sono intervenuti più volte per segnalare le croniche carenze di personale e le difficili condizioni in cui vivono una buona parte dei detenuti italiani e gli stessi agenti.
In tema di morti in carcere, e nello specifico quando si tratta di suicidi, non si può semplicemente parlare di statistiche, numeri e problematiche: sono storie, amare e dolorose, fatte di mille componenti e andrebbero tutte raccontate e tutte seguite. I dossier, gli studi e le analisi sono utili per avere una base di partenza quanto più ampia possibile sulle condizioni di vita negli istituti di pena, sulle prospettive di vita dei detenuti e su tutti gli elementi sui quali sarebbe possibile intervenire per rimuovere le cause di eventi davvero tragici.
Per analizzare tutte le difficoltà e per trovare una chiave per narrare le vite “parallele” di quanti vivono il carcere, è nata a Padova presso la casa di reclusione fin dal 1998 la rivista Ristretti orizzonti diretta da Ornella Favero. La rivista è un bimestrale che fornisce materiali e riflessioni sulla vita “parallela” in carcere e i suoi problemi come il sovraffollamento o i difficili processi di reinserimento sociale.
Il dossier Morire di carcere, non fermandosi ad una pur necessaria messe di dati, sottolinea anche quali siano al momento le condizioni e i limiti della sanità in carcere e invita, quindi, a leggere i numeri che mette a disposizione in una maniera più ampia e organica. Seguendo le parole degli estensori del documento si comprende che il dossier è fatto di centinaia di pagine che raccolgono tutto quello che sappiamo sui detenuti morti, sulla loro vita precedente all’arresto, sui motivi del suicidio, e così via. I “numeri” servono alla completezza del dossier, ma non sono la sua parte essenziale. Non solo numeri significa calarsi poi nella dolorosa e concreta esperienza delle singole persone che hanno un volto, un nome e un percorso da indagare.