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di Laura Leonelli

Il Sole 24 Ore, 8 ottobre 2023

I riconoscimenti di Terna. La giuria ha premiato il lavoro di Dione Roach che ha ritratto alcuni detenuti della prigione di New Bell in Camerun: sognano foreste, fiumi e quotidianità.

Sono di quei suoni che rimangono nella memoria. Una serratura scatta, il cancello si apre, pochi secondi di apnea in cui la porta gira sui cardini, e alle spalle senti le sbarre che si chiudono e sei dentro il carcere. E anche quel rumore resta dentro e fa di te una donna libera, bianca, europea, che cammina sorridendo in una delle prigioni più affollate del Camerun, la storica New Bell, costruita dai tedeschi alla fine dell’Ottocento per poche centinaia di prigionieri e che oggi, quasi negli stessi spazi, accoglie fino a seimila uomini e poco più di quaranta donne.

In questa fortezza nel cuore di Douala, capitale economica del Camerun, porto immenso sul golfo di Guinea, Dione Roach è arrivata nel 2017 per svolgere un anno di servizio civile insieme all’Ong italiana Coe, Centro Orientamento Educativo. Ma per intensità e unicità l’esperienza è diventata una scelta di vita, sei mesi in Camerun, sei in Italia, sei mesi accanto ai musicisti dell’etichetta Jail Time Records (jailtimerecords.com), e sono detenuti che suonano rap, afrobeat, hip-hop (da ascoltare sul canale youtube), e sei mesi nei boschi della Toscana, tra Poggibonsi e Castellina in Chianti a editare le fotografie e i video girati in Africa.

Sono immagini toccanti per compostezza e discrezione, doni rari nello spazio violento e doloroso della prigione. E ben si comprende il verdetto della giuria del Premio Driving Energy 2023-Fotografia Contemporanea, concorso istituito da Terna, curato da Marco Delogu e con la giuria presieduta da Lorenza Bravetta, che ha scelto il lavoro di Dione Roach per la categoria senior, e insieme ha premiato Martina Zanin, vincitrice del Premio Giovane, Beatrice Aiello, sua la Menzione Accademia, Antonio Vacirca per la categoria Amatori.

Tema di Dione il sovrappopolamento carcerario, dove gran parte dei detenuti sono dentro per spaccio e consumo di droghe - in Camerun, ricorda Dione, c’è un’epidemia di crack di cui non parla nessuno - e dove il servizio di sicurezza è affidato ai prigionieri più palestrati. Eppure lavorando da ormai cinque anni in una prigione grande quasi come un campo da calcio, divisa in quartieri come un villaggio e dove il centro è una piazza, di giorno mercato e di notte teatro e dormitorio, Dione ha sentito che l’equilibrio più autentico e irrinunciabile era quello che bilanciava la reclusione e l’apertura immaginaria su altri orizzonti.