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di Giovanni Bianconi

Corriere della Sera, 3 febbraio 2023

Il detenuto sottoposto al 41 bis parla della diffusione dei dialoghi: “Mi hanno teso una trappola”. Il “41 bis” è e deve restare una misura preventiva per impedire altri reati, non afflittiva per rendere più pesante la detenzione. In quest’ottica bisogna valutare se sia opportuno mantenere questo provvedimento nei confronti di Alfredo Cospito, oppure farlo rientrare nel circuito - sempre differenziato, ma meno restrittivo - dell’Alta sicurezza di secondo livello.

Anche in considerazione del fatto che il contatto con i reclusi per mafia (la totalità dei sottoposti al “carcere duro”, a parte tre brigatisti dell’ultima leva) ha messo in evidenza altri problemi. Come dimostrano le relazioni sui colloqui tra l’anarchico e i compagni di socialità appartenenti a camorra, ‘ndrangheta e Cosa nostra.

Ci sono anche queste considerazioni nel lungo e articolato parere della Procura nazionale antimafia e antiterrorismo, analogo a quello redatto dalla Procura distrettuale di Torino ma parzialmente diverso da quello della Procura generale piemontese.

Le frasi tra l’anarchico in sciopero della fame e gli esponenti della criminalità organizzata detenuti nello stesso reparto della prigione di Sassari, ascoltate e riferite in due diverse occasioni dagli agenti penitenziari, dimostrano che i contatti tra quei due mondi possono avere effetti controproducenti nella tenuta di uno strumento che gli inquirenti continuano a ritenere fondamentale nel contrasto alla mafia. Riservandolo però ai casi in cui risulta indispensabile. Ed è questa l’analisi che va fatta nel caso di Cospito. Avendo cura, in ogni caso, di evitare ulteriori interrelazioni tra un soggetto considerato comunque “altamente pericoloso” e detenuti appartenenti a gruppi criminali di rango medio-alto.

“Attirare l’attenzione” - Nelle conversazioni ascoltate dagli agenti del Gruppo operativo mobile nel carcere di Sassari, oltre a quelle riferite nell’aula di Montecitorio dal deputato di Fratelli d’Italia Giovanni Donzelli, ci sono altre affermazioni attribuite a Cospito mentre parlava con lo ‘ndranghetista Presta. A quest’ultimo che lo incitava a “mantenere sempre l’andamento, altrimenti poi si dimenticano, bisogna sempre attirare l’attenzione, non è più come negli anni Ottanta”, l’anarchico avrebbe risposto: “Sì, ma ormai un colpo di Stato non serve neanche più, neppure con il fascismo si otterrebbe qualcosa, bisogna proprio cambiare la società”.

Escludendo che l’anarchico abbia tendenze golpiste o fasciste, è presumibile che simili opinioni di tipo politico, se pronunciate in questi termini, possano riferirsi ad altre precedentemente espresse dal suo interlocutore. Del resto, un altro dei compagni di socialità a Sassari era Pietro Rampulla, condannato per la strage mafiosa di Capaci del 1992 ma in precedenza aderente al movimento neofascista Ordine nuovo. Il resto - dal cambiamento alla “lotta contro il 41 bis e contro l’ergastolo ostativo che non deve essere solo per me, noi 41 bis siamo tutti uguali”, agli altri brani rivelati pubblicamente quasi alla lettera da Donzelli alla Camera - sono cose che Cospito aveva detto e scritto pubblicamente fin dall’inizio della sua protesta.

“La vendetta” - Nelle due relazioni inviate dal Gom è riportata anche un’altra frase che l’anarchico avrebbe detto a Presta, anch’essa in linea con le idee più volte espresse pubblicamente: “Io sto male fisicamente, ma psicologicamente sono contento di quello che sto facendo; gliela faccio pagare, anche perché se nella situazione che sono mi succede qualcosa, questi qualcosa dovranno pur pagare”.

Pure al camorrista Francesco Di Maio Cospito ha ribadito “non deve essere una lotta solo per me”, ricevendo l’invito a insistere: “Questa miccia non deve esser spenta, noi ti siamo solidali”. Poi Di Maio, stupito perché “mai per nessuno aveva visto tali manifestazioni di solidarietà”, ha aggiunto (“ridendo”, sottolinea l’agente): “Nel caso anche noi faremo lo sciopero della fame”. Cospito gli avrebbe risposto che lui non poteva perché per digiunare “bisogna essere in salute”. E ancora: “Per vedere qualche risultato ci vorranno altri due mesi”.

Il sospetto - Nel colloquio avuto ieri nel carcere milanese di Opera con il suo avvocato Flavio Rossi Albertini, l’anarchico ha discusso anche della diffusione di queste frasi: “Mi hanno teso una trappola”, ha commentato. Escludendo qualsiasi patto d’azione con i boss. Il suo digiuno è cominciato a fine ottobre (in occasione della prima udienza dove ha potuto spiegare a un giudice le ragioni dello sciopero della fame), e per due mesi la “socialità” non l’ha praticamente fatta perché dei compagni di detenzione uno era in isolamento diurno, un altro stava male e quasi non usciva dalla cella, e con il terzo non aveva un buon rapporto.

Solo a fine dicembre, quando il digiuno andava avanti ormai da due mesi e dall’esterno del carcere cominciavano ad arrivare le prime reazioni dell’opinione pubblica e del mondo anarchico, c’è stato il cambio di compagnia con un mafioso, uno ‘ndranghetista e un camorrista. Nomi ritenuti abbastanza importanti nella gerarchia delle rispettive organizzazioni, che Cospito non conosceva prima. Con i quali c’è stata - com’era prevedibile, e forse inevitabile - l’interlocuzione sulle ragioni della sua protesta. Naturalmente condivisa da chi subisce il “carcere duro”.