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di Gaetano Scalise*

Il Dubbio, 11 aprile 2024

La proposta di legge elaborata da Roberto Giachetti e Rita Bernardini, che determinerebbe un sicuro effetto deflattivo nelle carceri, è criticata dalla giudice Vittoria Stefanelli: le condanne, dice la magistrata del Tribunale di Sorveglianza di Roma, verrebbero, in virtù dello sconto di pena, “neutralizzate”.

 In un articolo pubblicato ieri sul Dubbio, la giornalista Valentina Stella riporta l’opinione di magistrati, avvocati e rappresentanze della polizia penitenziaria sul tema lacerante del sovraffollamento carcerario, ponendolo in rapporto alla proposta di legge elaborata da Roberto Giachetti e Rita Bernardini che determinerebbe, con l’incremento della liberazione anticipata da 45 a 60 giorni per semestre, un sicuro edimmediato effetto deflattivo. Ciascuno esprime la sua opinione, ma tra le altre - tutte di segno favorevole, o quanto meno focalizzate sulla abnormità di un sovraffollamento che supera le 14.000 unità e che determina una situazione di illegalità di Stato del tutto intollerabile - svetta quella della dottoressa Vittoria Stefanelli, secondo la quale invece la proposta presenterebbe “criticità” proprio in relazione al profilo ora detto, giacché le condanne “quando intervengono”, verrebbero, in virtù dello sconto di pena, “neutralizzate”.

Ciascuno esprime la sua opinione, si diceva. Ma la dottoressa Stefanelli, oltre che magistrato di sorveglianza, è stata presidente facente funzioni del Tribunale di Sorveglianza di Roma fino a gennaio di quest’anno. Cosicché leggere che abbia additato uno strumento legislativo come la liberazione anticipata - di cui dovrebbe e avrebbe dovuto far uso quotidiano, e che assume oggi anche una connotazione compensativa delle indegne condizioni di vita dei detenuti - come un “neutralizzatore” delle condanne irrogate dai Tribunali, desta serissima preoccupazione. E tuttavia non stupisce, perché conferma quanto in passato più volte la Camera penale di Roma ha denunciato circa la visione carcerocentrica che alligna nella giurisdizione di sorveglianza del distretto capitolino.

La dottoressa Stefanelli non ha forse percepito la vera portata delle proprie parole, ma noi sì: una visione al limite dell’oscurantismo. Non possiamo quindi esitare oltre nello stigmatizzare il contenuto del suo intervento, figlio di quella impropria visione carcerocentrica della pena in netto contrasto con i principi costituzionali. Questo dimostra inequivocabilmente perché il Tribunale di sorveglianza di Roma si palesi restio alla concessione dei benefici penitenziari o, quantomeno, perché questi benefici vengano concessi con il contagocce. Crediamo che di fronte a una affermazione del genere l’avvocatura, ma ci piacerebbe anche la stessa magistratura di sorveglianza, non possa rimanere inerme, e debba dare dimostrazione alla dottoressa Stefanelli di come lo Stato non “investe sul processo penale”, ma condanna nella consapevolezza che la pena (perché forse la dottoressa Stefanelli non ricorda che la Costituzione parla di pene e non di carcere) debba essere un viatico rieducativo, purtroppo oggi vanificato dalle inumane condizioni carcerarie, dalla mancanza di supporti medici, psicologici e, a questo punto, anche da una giurisdizione appiattita. Auspichiamo che l’attuale Presidente del Tribunale di Sorveglianza voglia avere una visione conforme allo spirito della nostra Costituzione superando la visione carcerocentrica che ha informato il passato, dando anche il segnale di un nuovo corso di quel Tribunale.

*Presidente Camera Penale Roma