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di Francesco Rigatelli

La Stampa, 16 giugno 2023

Un dibattito per gli 80 anni di Gustavo Zagrebelsky su diritto e letteratura, giornalismo e impegno civile, valore dell’amicizia e passione per la musica. Nella Bibbia la parola giustizia ha un significato più ampio che nel diritto romano. È la rettitudine morale, la conformità alla volontà del Signore, e per alcuni significa essere amico di Dio. E questo sarebbe anche il ruolo del giusto, capace dei supremi valori della gratitudine, del rispetto degli altri e dell’amicizia disinteressata. Concetti rievocati ieri sera al Circolo dei lettori di Torino in molti momenti e da tante personalità durante una riflessione in onore degli 80 anni del costituzionalista Gustavo Zagrebelsky, compiuti il primo giugno e celebrati anche stamattina alle 9 con il convegno Al servizio della Costituzione pluralista al Campus Einaudi dell’Università di Torino (Lungo Dora Siena 100/A).

Tre forze reggono il mondo secondo l’antica saggezza ebraica, ricorda il festeggiato: “Giustizia, verità e pace. La prima è la più importante perché aiuta la verità e porta alla pace. Un insegnamento molto attuale in questo tempo di guerra”. Dal Salmo 85 Zagrebelsky cita ancora: “Amore e verità si incontreranno, giustizia e pace si baceranno. Verità germoglierà dalla terra e giustizia si affaccerà dal cielo”. Valori che, gli preme sottolineare, vanno a braccetto, si tengono, si sostengono, non esistono gli uni senza gli altri, un po’ come gli amici convenuti ieri a celebrarlo e a cui nel finale ha dedicato al piano la preghiera di Bach Ti scongiuro Gesù Cristo.

La filosofa Simona Forti, per esempio, oltre a ricordare “le passeggiate insieme intorno a Tures”, spiega che al giurista “non basta essere tale, perché curioso di altri ambiti e perché ha sempre avuto molto chiaro che non sempre diritto e giustizia coincidono. E questo in lui è diventato un “ethos”, un carattere etico della sua esistenza che lo rende inquieto e bisognoso di filosofia”. “Non so se sia la sua anima russa”, scherza Forti, “ma c’è una domanda in particolare sul male che me lo rende vicino. E soprattutto sul male politico. Da cui la nostra passione comune per Il grande inquisitore di Dostoevskij, a cui lui ha dedicato il libro Liberi servi (Einaudi). Lì si capisce che c’è un potere verticale e uno orizzontale e che solo il primo, nutrito dal basso, è durevole. Non c’è potere vero senza ascolto e cura dei problemi delle persone”.

Di amicizia, di passeggiate e di musica tratta anche il linguista Gian Luigi Beccaria: “A Gustavo piacciono le camminate a tema. Passeggiare con lui è impegnativo, perché vuole prefissare l’argomento di discussione. Tanti per fortuna gli interessi in comune, a cominciare dall’amore per la lingua. Entrambi non facciamo pace con l’idea che oggi si pensi contro e non insieme agli altri. Frasi fatte e parole vuote non portano contributo alla discussione politica. E c’è stato un momento in cui il liberalismo non aveva più a che fare con una civiltà di rispetto delle regole, ma col farsi gli affari propri ritenendosi liberi da vincoli. Altro tema caro è una scuola che costruisca cittadini e contribuisca al sapere collettivo”.

Beccaria rivela qualche siparietto tra amici: “Il nostro gruppo della palestra da me battezzato “Los traumaticos” e quel grappino che mi offriva a margine delle serate al piano a quattro mani. Sua moglie Cristina, che passava discreta, ci dava degli esaltati, ma era la musica”.

Agli aneddoti nonostante la premessa cede anche Ernesto Franco, direttore editoriale dell’Einaudi: “La storia dell’editoria raccontata da dentro diventa un mucchietto di storielle che la diminuiscono, come Einaudi che ruba la fetta di salame a Manganelli, mentre in realtà è un ambiente dove nascono amicizie, amori, avventure che a volte diventano successi, altre disastri. Non racconto allora le numerose telefonate con Gustavo, ma due episodi indicativi di inizio anni ‘90. Io ero un giovane editor trentenne stronzetto e presuntuoso chiamato alla difficile impresa di occuparmi della saggistica e pensai subito a lui, che leggevo da tempo. Gli diedi appuntamento al Caffè Platti e gli spiegai che venendo da una famiglia di avvocati e medici sapevo cosa avrebbe potuto fare. Lui mi lasciò finire e poi disse: “Ora le spiego perché non ha capito niente”. Fu l’inizio della nostra amicizia e del saggio di grande successo Il diritto mite (Einaudi). Nonché l’esempio del rapporto critico tra editore ed autore, in cui il primo sta in superficie e il secondo va in profondità. L’altro episodio risale a qualche anno dopo, quando la Mondadori rilevò l’Einaudi. Alcuni autori se ne andarono, mentre noi interni speravamo di garantire la continuità. Se ne parlò a lungo, anche con Gustavo a una cena con tante personalità tra cui Eugenio Scalfari. Ad un certo punto io e lui battibeccammo, tanto che il celebre giornalista sgranò gli occhi, al che Gustavo propose: “Sigaretta?”. Uscimmo dal ristorante, ci chiarimmo e quella fu una delle basi su cui si costruì l’Einaudi che c’è ora, con la sua indipendenza intellettuale e autori come lui che sono un esempio di affinità”.

E su cosa sia l’amicizia torna Ezio Mauro: “Quella vera è fatta anche di aspetti non detti, poi si scopre che individualmente e parallelamente si arriva alle stesse conclusioni. Con Gustavo per esempio non abbiamo mai parlato del fatto che lui si sia sempre sentito come un professore, un giudice costituzionale, un presidente della Corte Costituzionale, ma che entrò nella dimensione pubblica come editorialista de La Stampa e de la Repubblica, abitudine che poi ha coinvolto anche il fratello Vladimiro con successo. Nel caso di Gustavo il bisogno di coinvolgerlo nacque per analizzare il conflitto tra i poteri, poi dagli editoriali è passato anche alla cultura con recensioni che erano rivisitazioni. Tutto questo lo ha fatto grazie a una passione civile gratuita, innocente, quasi ingenua”. La stessa, ricordata con affetto da Angela La Rotella, esercitata come presidente di Biennale democrazia, per cui però Zagrebelsky auspica “un ricambio”: “Ogni giorno in più è un dono, che venga dalla provvidenza, dal caso o dalla fortuna, e bisogna esserne felici”.