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di Dacia Maraini

Corriere della Sera, 2 aprile 2024

Caso Salis: la esibizione delle catene e dei lucchetti ma soprattutto del guinzaglio sono evidentemente un linguaggio che va al di là della legge e della pena. Vedere una giovane donna con le caviglie incatenate, le mani legate a una corda tenuta in mano da una guardia carceraria come farebbe la padrona di un cane, fa davvero impressione. Dal punto di vista del linguaggio mediatico è una bomba. Ilaria Salis è accusata di avere aggredito e picchiato due, anzi tre neonazisti. Non si capisce se il fatto che siano nazisti abbia peggiorato la pena. Non bastava dire che ha aggredito e picchiato tre uomini?? Ma come li ha picchiati, con le mani nude o con un bastone o con una clava? Comunque guardando la esile figura della ragazza restiamo di stucco alla notizia che abbia messo knockout due o addirittura tre giovani nazisti. E loro, non hanno reagito? Eppure la storia ci racconta che i nazisti sono persone tutte di un pezzo, che credono nella forza e nella repressione attraverso la forza. Famosi i picchiatori che andavano in giro per le Case del popolo a bastonare gli operai che per loro natura erano poco inclini al nazismo. Ma evidentemente nella rissa di cui si parla questa femmina diabolica ha tirato fuori delle forze sconosciute. Non sarà per caso una strega, animata dal demonio?

La esibizione delle catene e dei lucchetti ma soprattutto del guinzaglio sono evidentemente un linguaggio che va al di là della legge e della pena. I giudici e i carcerieri sembrano volerci dire, anzi gridare che nel loro Paese non si scherza. Che i neonazisti non si toccano, che lo stato sa punire a dovere coloro che chiedono democrazia e più libertà. Perciò signori, guardate e prendete nota: i neonazisti sono le vittime e gli studenti, anzi le studentesse che pretendono di manifestare contro le ingiustizie e gli abusi, addirittura menando le mani, sono i veri carnefici. Ma alla fine possiamo dirlo? Tutta questa dimostrazione clamorosa di forza e di severità ci comunica la penosa impressione di una grande teatrale debolezza.