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di Stefano Folli

La Repubblica, 9 marzo 2022

Era evidente che la guerra in Ucraina, cioè in Europa, avrebbe spazzato via anche in Italia un vecchio modo di far politica, impastato di astuzie, giochi verbali, ammiccamenti, retorica da “talk show”, enfasi stile “ultras” allo stadio. La guerra ribalta tutte le pseudo certezze e impone una nuova serietà. Qualcuno sembra averlo già capito - ad esempio il Pd di Enrico Letta -, qualcun altro invece paga un prezzo salato alla propria ostinazione. In fondo non era difficile supporre che il viaggio di Salvini al confine polacco-ucraino avesse discrete probabilità di risolversi in un disastro. Tuttavia la realtà è andata oltre ogni previsione. L’immagine del sindaco di Przemysl che accoglie - si fa per dire - il capo della Lega srotolando la maglietta con l’effige di Putin davanti alle telecamere, e gli ricorda il suo stretto legame con l’autocrate di Mosca, resterà nella storia a testimoniare una straordinaria insipienza politica.

Se Salvini pensava davvero di far dimenticare i suoi errori con un viaggetto di un paio d’ore alla frontiera così da inalberare il cartello “Sos Ucraina” - senza mai citare Putin, s’intende - significa che ha perso ogni lucidità. Nel mondo globale tutti sono al corrente di tutto: basta un’occhiata a Twitter o alle vignette di Osho. Anche in una cittadina polacca di confine hanno avuto il tempo di procurarsi una maglietta identica a quella che un paio d’anni fa il leghista esibiva orgoglioso sulla Piazza Rossa. Veramente strano che l’uomo che è stato vicepresidente del Consiglio e ministro dell’Interno non lo avesse messo in conto. Forse è mal consigliato o forse non riesce a distinguere ciò che è drammatico da ciò che è ludico. Nel 2019 aprì la crisi di governo da uno stabilimento balneare, ieri ha tentato goffamente di ricostruirsi un’immagine con un colpo di dadi dall’esito catastrofico.

Aveva invece una carta semplice da mettere sul tavolo. Comprendere la portata del passaggio storico che l’Italia e l’Europa stanno vivendo e agire di conseguenza. Sostenere senza ambiguità e fino a tempi migliori il governo di cui peraltro la Lega fa parte, considerando che non ci sono alternative a Draghi e a una linea di politica estera condivisa, nel rispetto del sistema di alleanze in cui l’Italia è collocata. Accantonare i vari “sovranismi” ed euro-scetticismi che non sono di alcuna utilità al momento: non a caso l’incidente è avvenuto in Polonia, uno dei paesi nazionalisti a cui la destra italiana guardava con attenzione. Ma è la guerra, appunto. La guerra che restituisce spessore alle cose e una gerarchia ai valori.

Il problema politico riguarda adesso la Lega e il centrodestra nel suo insieme. Salvini esce dall’episodio polacco con una reputazione a pezzi, anche se egli cerca di minimizzare accusando “la sinistra polacca e italiana”. Davvero poco convincente. L’uomo ambiva a essere il “leader”dell’intero schieramento, ma adesso non è credibile che tutto prosegua come prima. Per cui il dibattito a destra diventa interessante e potrebbe condurre a esiti imprevisti. Il che non significa una destra che rinuncia ai suoi principi. Il tema del catasto, ad esempio, è controverso, ma non può essere oggetto di ironie, nemmeno in un’epoca di tensioni internazionali. Contribuisce all’identità di una parte politica che teme l’aumento delle tasse, magari a torto, ed è pronta a farne oggetto della prossima campagna elettorale.