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di Marina Della Croce

Il Manifesto, 13 luglio 2023

Esodo di profughi dal Sudan nel Sud-Est del paese. Tripoli blinda anche la frontiera con la Tunisia. “La Libia rimane una situazione complicata”, dice Ylva Johansson. Messo da parte per ora il dossier Tunisia dove prosegue la caccia al migrante subsahariano, l’Unione europea torna a guardare con preoccupazione alla Libia e in particolare a quanto accade nella Cirenaica controllata dal generale Kalifa Haftar. “Sappiamo che la pratica delle partenze irregolari dalla Libia orientale è aumentata del 600%”, dice la commissaria Ue agli Affari Interni parlando alla plenaria che si è tenuta ieri all’europarlamento sulle gestione dei soccorsi in mare.

Solo due mesi fa, a maggio, Haftar si era presentato a Roma per una serie di incontri istituzionali. In un paio di giorni aveva visto la premier Giorgia Meloni e i ministri degli Esteri, dell’Interno e della Difesa, Tajani, Piantedosi e Crosetto, assumendo l’impegno a collaborare nel fermare le partenze dei migranti diretti in Italia. Ovviamente in cambio di aiuti, dalla fornitura di mezzi per il controllo delle frontiere alla formazione di personale. I numeri, però, come ha ricordato ieri Johansson, dicono che quell’impegno non è stato mantenuto e uomini, donne e bambini continuano a essere stipati fino all’inverosimile dentro barconi che poi prendono il mare dalle coste della Cirenaica. Viaggi che purtroppo non sono privi di rischi, come dimostrano i naufragi avvenuti a febbraio a Cutro e il 14 giugno a Pylos, in Grecia, tragedia quest’ultima costata la vita a più di 600 persone. “Chiedo a tutti di trovare un accordo sugli atti del Patto immigrazione e asilo entro la legislatura- ha proseguito Johansson -. Ricordiamoci quali sono i nostri principi fondamentali: il nostro primo obbligo è salvare vite”.

Naturalmente questo non significa che a Bruxelles si stia pensando a un intervento per evitare che le tragedie si ripetano, come è stato in passato con la missione Sophia. Nelle scorse settimane è tornato a riunirsi il gruppo di contatto per la ricerca e il salvataggio che però per il momento non ha prodotto niente di concreto. E nulla fa pensare che qualcosa possa cambiare in tempi brevi. Con una sola novità rispetto al passato. Dopo anni in cui organizzazioni umanitarie e inchieste giornalistiche denunciano le violenze compiute dalla cosiddetta Guardia costiera libica a danno dei migranti, finalmente anche a Bruxelles sembrano aver finalmente aperto gli occhi. Sempre Johansson nei giorni scorsi aveva denunciato “infiltrazioni di gruppi criminali nella Guardia costiera” di Tripoli. “Vorrei chiarire - ha aggiunto ieri la commissaria - che le Guardie costiere devono svolgere le proprie responsabilità nel pieno rispetto del diritto internazionale. Ciò significa che qualsiasi dimostrazione di violenza è inaccettabile”.

Una nuova emergenza intanto si è già creata in Libia dove è in corso da giorni un vero esodo di profughi in fuga dalla guerra civile in Sudan che finora ha provocato 3.000 morti, 6.000 feriti e tre milioni di sfollati. Stando a quanto riferito nei giorni scorsi dalle autorità di Rabiana, nel sud-est della Libia, centinaia di persone starebbero attraversando la regione dirette verso la costa nella speranza di riuscire a imbarcarsi. Persone per le quali le amministrazioni locali non avrebbero né le forze né i mezzi per fornire loro alloggi adeguati e assistenza. Viceversa, da parte sua il ministero dell’Interno del Governo di unità nazionale di Tripoli avrebbe organizzato nuove pattuglie con il compito di fermare quanti sono n fuga dalla guerra. Inoltre, probabilmente nel timore di dover far fronte a un flusso di migranti in arrivo anche dalla Tunisia, il primo ministro Dabaiba avrebbe ordinato la creazione di una nuova formazione militare dotata anche di 450 veicoli armati per controllare la strada costiera che da Tripoli arriva fino al valico di frontiera con la Tunisia.